Relazione annuale

Garante Privacy, Stanzione: ‘AI ormai nella nostra vita. Ma non sappiamo ancora bene cosa vuol dire’

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La relazione annuale del Garante Privacy presentata oggi alla Camera dal presidente Pasquale Stanzione. AI, sanità digitale, revenge porn, intercettazioni al centro del discorso.

Il 2023 è stato l’anno dell’Intelligenza Artificiale, una tecnologia che ha già oggi un impatto dirompente sulla vita privata e lavorativa di tutti e con cui il Garante Privacy ha già avuto il suo bel da fare per arginarne i potenziali rischi per la tutela dei dati personali. Questo in estrema sintesi il messaggio di Pasquale Stanzione, Presidente dell’Autorità garante della protezione dei dati personali, che oggi alla Camera ha presentato la relazione annuale sottolineando con una punta di inquietudine che “l’AI è ormai entrata nella nostra quotidianità, ma noi non siamo ancora ben consapevoli di cosa tutto ciò voglia dire”, ha detto Stanzione, ricordando che già il 65% dei ragazzi usa l’AI per fare i compiti, che due studenti su tre hanno usato Chat GPT per preparare la maturità (con quali risultati non è però chiaro). Senza dimenticare che l’AI sempre più spesso viene usata nelle aziende per assumere nuove risorse e persino per sostituire degli artisti alla Scala.

Tra l’altro ieri il presidente e il Collegio del Garante sono stati ricevuti al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sempre particolarmente interessato agli ultimi sviluppi del digitale.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Pasquale Stanzione presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali.

AI, sviluppo sfrenato negli ultimi 12 mesi

Stanzione nel suo intervento odierno ha ripercorso le tappe della rapida diffusione dell’AI generativa nella nostra quotidianità negli ultimi 12 mesi. Tanto che l’ultima riunione del G7 a Borgo Egnazia ha visto i grandi della Terra, con il Papa in prima linea (citato da Stanzione a proposito dell’algoretica), impegnati a tentare di perimetrare una sorta di pensiero condiviso, di una sorta di standard di base sui principi fondanti dell’uso e dello sviluppo dell’AI.

Missione alquanto difficile, anche se la Ue, grazie all’AI Act, è all’avanguardia in questo processo di normazione che vede il Garante Privacy in prima fila per quanto attiene il delicato versante della tutela dei nostri dati più intimi, che non possono andare a foraggiare l’algoritmo dei modelli di addestramento dell’AI (per ora).

Fra gli altri temi più sensibili affrontati da Stanzione il difficile percorso di digitalizzazione della nostra sanità con un fascicolo sanitario elettronico che rischia di avanzare a macchia di leopardo. E la violenza clamorosa che si sprigiona online, soprattutto da parte di troppi ragazzi che in molti casi non si rendono conto dell’uso aggressivo che fanno dei social. Altri temi di rilievo il revenge porn, fenomeno odioso e quanto mai diffuso online, con video di stupri di gruppo condivisi troppo spesso in normali chat, e la monetizzazione dei nostri dati che rischia di rendere la protezione dei nostri dati personali un lusso.

     

AI, Garante Privacy ‘Straordinario fattore di sviluppo. Ma resti a servizio dell’uomo’

“L’intelligenza artificiale è ormai entrata a far parte del nostro orizzonte quotidiano di vita e sempre più ne sarà elemento costitutivo, con effetti della cui portata (in senso lato antropologica) non siamo, forse, del tutto consapevoli. Il diritto ha il compito di colmare questo vuoto di consapevolezza, fornendoci gli strumenti per capire come porre realmente al servizio dell’uomo ciò che può rappresentare tanto uno straordinario fattore di sviluppo, benessere, promozione del pubblico interesse quanto anche, se non ben governato, una fonte di rischi tutt’altro che trascurabili, per la persona, la società, la democrazia”, ha detto Stanzione.

“La sfida principale che si delinea all’orizzonte – sottolinea – è tutta nel rendere l’evoluzione tecnologica davvero mimetica e non soltanto protesica (capace cioè di simulare l’uomo e la sua razionalità, prima e oltre che colmarne le carenze) un fattore di progresso non solo tecnico ma sociale, temperando – per riprendere le parole del Pontefice – con l’algoretica gli eccessi dell’algocrazia”.

AI: Garante Privacy, ‘creerà 97 mln nuovi posti lavoro, rischio ulteriori diseguaglianze’

“Un’impresa su quattro, nel nostro Paese, ha già integrato l’intelligenza artificiale nei propri processi produttivi ed entro un anno – si stima – il 60% delle aziende la utilizzerà nei procedimenti assunzionali. Si ritiene, inoltre, che l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire, nei prossimi anni, circa 85 milioni di posti di lavoro creandone, tuttavia, 97 (milioni) di nuovi, sebbene con un rischio di nuove, ulteriori diseguaglianze, evidenziato con preoccupazione dal Fondo monetario internazionale. E non si tratta, del resto, di un rischio così peregrino, se si considerano le profonde diseguaglianze che, anche sul terreno del lavoro, il capitalismo digitale ha prodotto, rispetto ai lavoratori ‘invisibili’ della gig economy”. Così Pasquale Stanzione, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, presentando alla Camera la Relazione sull’attività svolta nel 2023.

Stanzione ha ricordato che “il 2023 è stato l’anno della diffusione massiva dell’intelligenza artificiale” e in ambito sanitario sempre più significative le applicazioni dell’Ia a fini diagnostici, sperimentali, terapeutici. “A dimostrazione delle straordinarie potenzialità delle neotecnologie, basti pensare che si ricorre già al Metaverso per effettuare visite mediche a detenuti, così da coniugare il diritto alla salute – che neppure in carcere può ammettere limitazione – ed esigenze di sicurezza (è il progetto della colonia penale di Mamone)”.

AI, Garante privacy: governance compete ad Autorità protezione dati

Il Garante ha poi rivendicato il ruolo dell’autorità per il monitoraggio dell’AI, che, lo ricordiamo, è stato invece affidato all’Agid e all’ACN.

“L’AI Act, nel delineare il sistema di governance dell’intelligenza artificiale, sancisce una specifica riserva di competenza in favore delle Autorità di protezione dei dati, in particolare in settori nei quali la potenza algoritmica rischia di amplificare la strutturale asimmetria del rapporto in cui si inscrive o le vulnerabilità proprie, per condizione soggettiva o circostanza, degli interessati. Ed e’ anche questa la ragione per cui, l’individuazione nel Garante dell’Autorità competente per l’AI Act sarebbe la piu’ coerente con l’incidenza, profonda e trasversale, dell’intelligenza artificiale, sui diritti fondamentali”. Lo ha affermato il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, durante la relazione annuale in corso alla Camera.

“Essa suggerisce infatti di attribuirne la competenza ad Autorità caratterizzate da requisiti d’indipendenza – ha aggiunto Stanzione -, in ragione dei ‘limiti e delle aporie’ che la regola maggioritaria presenta, come insegnava Norberto Bobbio, di fronte a quel ‘territorio di frontiera’ rappresentato dai diritti di liberta’; la sfera dell’indecidibile, appunto”.

Web: Garante Privacy, ‘preoccupa l’odio digitale, degenerazione deve interrogarci’

“La vicenda di Asia, la ragazza insultata in rete perché (!) malata, così come quella, di pochi mesi precedente, della ristoratrice toltasi la vita per non aver retto alla ‘condanna’ dello spietato tribunale di internet, simboleggiano, drammaticamente, le aberrazioni cui può giungere l’odio digitale. Preoccupa l’uso offensivo del web, la diffusione anche tra i giovani di messaggi istigativi, discriminatori nei confronti, generalmente, di minoranze, delle donne o di chiunque sia percepito come ‘altro-da-noi’, con rivendicazioni identitarie in forma aggressiva”, ha detto Stanzione.

“Se la rete esprime la morfologia sociale dell’oggi – evidenzia Stanzione – questa sua degenerazione non può non interrogarci con la drammaticità dei problemi epocali, a partire dagli episodi, susseguitisi la scorsa estate e sui quali il Garante è più volte intervenuto, di diffusione sui social di immagini di stupri commessi da ragazzi, in gruppo, su ragazze, sole. Le interrelazioni tra il web e la violenza sono, infatti, più profonde e ambivalenti di quanto una drammatica contabilità delle loro aberrazioni possa restituire. La rete mostra infatti – accanto a innegabili, straordinarie, potenzialità di progresso anche sociale – sempre più un lato oscuro”.

Secondo il Garante privacy “molto più dei divieti” occorre “la pedagogia digitale” cui il Garante ha dedicato una parte significativa della propria attività, al fine di “costruire un futuro democraticamente sostenibile”.

Sanità, Garante privacy: Fse 2.0 dia stesse garanzie a tutte le Regioni

“Con riguardo alla digitalizzazione della sanità, sono particolarmente rilevanti le criticità segnalate al Governo rispetto alle difformità riscontrate, tra le varie Regioni, nella realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico 2.0 (Fse 2.0), concepito invece proprio per assicurare omogeneità nelle garanzie di fruizione tra le varie aree del Paese. Diritti fondamentali come quello alla salute – e, per altro verso, la protezione dei dati – non possono, infatti, tollerare garanzie a geometria variabile, con le diseguaglianze ratione loci suscettibili di derivarne”, ha detto.

“E’ quanto, del resto, ha recentemente ribadito la Corte costituzionale nel dichiarare illegittima, per violazione del riparto di attribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, una legge regionale volta a legittimare la videosorveglianza nelle strutture di cura, in assenza di norme legislative statali in materia” ha ricordato Stanzione, sottolineando che “quest’esigenza è tanto maggiore in ragione della progressiva integrazione dei sistemi (soprattutto) informativi in ambito sanitario prevista dal Regolamento sullo spazio europeo dei dati sanitari”. Esso, infatti, pur promuovendo la destinazione a fini solidaristici dei dati sanitari – ha concluso – introduce tuttavia significative garanzie anche per la c.d. group privacy, con specifici divieti di utilizzo discriminatorio dei dati sanitari nei confronti di singoli o gruppi di persone, anche per quanto riguarda offerte di lavoro o condizioni contrattuali”.

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