Stati Uniti
I ragazzini adesso vengono maltrattati anche sul web dagli altri compagni, proprio in quel mondo virtuale dove si erano rifugiati per evitare i torti subiti dai bulli di turno. Una percentuale che è passata dal 6% del 2000 al 9% del 2005 e riguarda gli adolescenti tra i 10 e i 17 anni.
Un trend crescente che preoccupa i ricercatori del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta, al punto da dedicarvi uno Studio.
Mail, instant messaging, chat… sono tanti mezzi di internet che possono essere usati con cattive intenzioni e, a differenza di ciò che succede nelle scuole, il web garantisce l’anonimato a chi si rende autore di simili delitti. Anche se spesso sono le stesse vittime a tenere il segreto.
Marci Hertz, autore del Rapporto, sottolinea che alcuni ragazzi sono più forti, ignorano ciò che accade e passano a un’altra pagina internet ma altri, quelli più fragili, non ci riescono.
La sensibilità personale ha un’enorme importanza nella percezione di una minaccia, come dimostra il caso di Megan Meier, la tredicenne di Dardenne Prairie, nel Missouri, che l’anno scorso si è suicidata dopo essere stata insultata dall’amichetto “virtuale” conosciuto su MySpace.
‘Josh’ era un avatar che nascondeva il volto della madre di una compagna con la quale la ragazza aveva litigato. La mamma si era servita della chat per scoprire le ragioni di questa rottura e aveva pensato bene di scrivere a Megan: “il mondo starebbe meglio senza di te”.
La vicenda non solo ha portato alla ribalta il fenomeno del cyber-bullismo, ma aperto la strada a una serie di provvedimenti che ne riducano l’incidenza: le autorità del Missouri hanno ufficialmente definito le minacce via internet come reato minore e quelle di Oregon, Washington, New Jersey e altri stati ne hanno seguito o si preparano a seguirne l’esempio.
Tanti le scuole che hanno cominciato a limitare l’accesso a internet o l’uso del cellulare nei campus.
Il CDC ha, infatti, avviato la ricerca dopo aver ricevuto diverse pressioni da parte di molti istituti che chiedevano consiglio sui “maltrattamenti online”.
C.J. Pascoe, sociologo dell’Università della California a Berkeley, ha commentato che “…il crescente ruolo del web nella vita dei ragazzi determina che la violenza si installi in rete, trasponendo online di ciò che avviene nella vita reale”.
I siti di social networking, dove i giovani mettono online pagine piene di informazioni e dettagli strettamente personali, sono una miniera di informazioni per chi intende molestare. Ma internet è anche il mezzo per far uscire allo scoperto i ragazzi più timidi, quelli che fanno più fatica degli altri a stabilire relazioni sociali.
Per questa ragione molti ricercatori ritengono che il problema non sia internet, ma più in generale la violenza che aleggia ovunque.
E’ quella che si deve combattere!
Non si può controllare tutto, ma si deve insegnare ai ragazzi a essere cittadini del mondo, anche quello virtuale, e a restare sempre in guardia.