Italia
Un maxi-emendamento che ponga fine ai “movimenti di disturbo” registrati dai più attenti osservatori nell’ambito della discussione parlamentare sulla Finanziaria in materia di sostegni al cinema ed all’audiovisivo, e che in queste ore alimentano forti preoccupazioni nell’ambiente: questa la promessa che il movimento dei Centoautori sembrerebbe aver strappato al Ministro Gentiloni, in un incontro tenutosi ieri 11 dicembre presso il Ministero delle Comunicazioni, e che azzererebbe alcuni emendamenti (non solo dell’opposizione), volti ad indebolire la “ratio” dell’intervento normativo in gestazione, fondato sulla necessità, ad ormai 10 anni di distanza dalla legge n. 122, di porre regole più chiare a favore della produzione cinematografica indipendente, introducendo obblighi più stringenti non solo a carico dei broadcaster tradizionali, ma anche dei nuovi player entrati nel mercato, da Sky alle telecoms.
Il timore che si registra in queste ore, infatti, è che si verifichi quanto già accaduto nel 1998 in occasione del varo della legge 122 (fortemente voluta da Veltroni e Vita), con la sostanziale “equiparazione” del cinema alla fiction, e con la naturale conseguenza di determinare soprattutto un rafforzamento di quest’ultima (che, senza dubbi, nel decennio trascorso, ha registrato una crescita quali-quantitativa superiore a quella del cinema: basti ricordare che l’output produttivo è passato dalle 200 ore del 1996 alle 1.100 ore del 2007, come enfatizzato oggi dal Presidente dell’Apt Carlo Bixio in occasione del V Summit della Comunicazione promosso da Iem – Fondazione Rosselli, (di cui Keyb4iz riferisce in altri articoli).
In anteprima, proponiamo ai lettori di Key4Biz i due articoli (Guarda documento allegato) del testo della Finanziaria (artt. 12 e 72), in un utile raffronto che evidenzia le due versioni:
– il testo approvato dal Senato (colonna di sinistra);
– il testo approvato in V Commissione Camera ed ora al vaglio dell’Aula di Montecitorio (colonna di destra).
Si tratta di una fotografia “istantanea”, suscettibile, in queste ore, di modificazioni, che potrebbero essere anche radicali.
Attualmente, il provvedimento è contrassegnato dal codice Atto Camera AC 3256-A.
Va subito osservato che le preoccupazioni emerse in questi giorni, puntualmente registrate da Key4biz anche in occasione del convegno annuale dell’associazione “Gulliver“, sembrano fondate.
Mentre dal novello testo dell’art. 12, quello sul “tax credit” e sul “tax shelter“, giungono buone notizie (il testo appare addirittura migliorativo rispetto alla precedente versione), è sul nuovo art. 72, intitolato “Modifiche al testo Unico della radiotelevisione” del 2005), che si addensano ancora alcune nubi.
Le disposizioni alle quali hanno lavorato i tecnici dello staff del Ministro Rutelli (art. 12), al fine di far affluire risorse interne ed esterne al comparto grazie ad un efficace ricorso alla leva fiscale – come già accade da anni nei principali mercati europei – risultano inalterate.
Viene addirittura rafforzata, per gli anni 2009-2010, la dotazione a sostegno delle sale digitali – fortemente voluta dall’onorevole Carlucci – elevata per il biennio a 18 milioni di euro (8 nel 2009 e 10 nel 2009), a fronte dei 2 milioni all’anno previsti in origine, e di cui occorrerà verosimilmente accontentarsi per il 2008.
L’articolo 72 – lo ricordiamo – è invece quello che aggiorna le misure della legge 122 (assorbita dal Testo Unico sulla tv del 2005) in materia di obblighi di programmazione ed investimento in opere audiovisive da parte dei broadcaster.
Il testo uscito dalla Commissione della Camera contiene, in questo caso, alcune piccole ma mirate modifiche, che attenuano la portata del provvedimento, soprattutto a vantaggio degli operatori che forniscono contenuti audiovisivi a pagamento.
Operatori che, in verità, già nel testo originario, avevano ottenuto un trattamento non esattamente… vessatorio, nonostante – per la prima volta – sia passato (o, meglio, stia per passare) un principio importante, quello per cui chi sfrutta in modo significativo il cinema (indipendentemente dal medium) può e deve essere assoggettato ad obblighi di programmazione, e soprattutto è chiamato ad investire risorse a sostegno della produzione indipendente.
E’ stato stimato – dallo stesso Ministero per le Comunicazioni, sebbene in modo approssimativo – che complessivamente, a seguito dell’applicazione di queste prospettate misure, dovrebbero affluire risorse al comparto cinematografico per complessivi 210 milioni di euro, di cui 75 milioni da Mediaset, La7 e altre tv in chiaro, circa 80 milioni dalla Rai, circa 50 milioni euro da Sky Italia ed altre Pay TV (con crescita stimata di circa 15-20 % all’anno per i 3 anni successivi, ma va considerato che Sky già investe 60 milioni di euro l’anno, grazie all’accordo-quadro con i produttori, rinnovato proprio ad inizio 2007), circa 5 milioni di euro (dal 2008), e, a regime dal 2009, almeno 10 milioni euro, da parte degli operatori telefonici. Si nutre qualche dubbio su queste stime e proiezioni, che invece dovrebbero essere oggetto di analisi scenaristiche adeguate, ai fini del miglior “policy making”.
L'”incursione” più interessante sferrata al testo originario, già descritto da Key4biz nei minimi particolari, si riferisce proprio alle “quote di investimento“, che è bene richiamare per grandi linee, per comprendere la natura e la portate dei nuovi innesti.
Il nuovo comma 3 dell’art. 44 del Testo Unico obbliga emittenti televisive, fornitori di contenuti televisivi e fornitori di programmi in “pay-per-view” (se soggetti alla giurisdizione italiana), a riservare una quota non inferiore al 10 % dei propri “introiti netti” annui (derivanti da pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, provvidenze pubbliche, ed offerte “pay”; escluso ricavi da sport e proventi da canali di cui non si ha responsabilità editoriale) alla produzione, al finanziamento, al pre-acquisto di opere europee, e nonché all'”adattamento e al confezionamento di contenuti europei per le nuove tecnologie” (formulazione che andrebbe chiarita meglio).
Le opere cinematografiche ottengono una attenzione speciale, che si traduce in una 2 differenti “sub-quote” a loro specificamente destinate:
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il 30 % del 10 %, ovvero il 3 % del fatturato (come sopra perimetrato), a carico di emittenti e fornitori di contenuti in chiaro;
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questa sub-quota sale al 3,5 % (ovvero il 35 % del 10 %) per emittenti e fornitori a pagamento (quindi anche Sky), ma non è più circoscritta al cinema, essendo invece riferita all’insieme indefinito delle “opere di espressione originale italiana ovunque prodotte, appartenenti al genere di prevalente emissione da parte del soggetto obbligato”; è evidente che questa formulazione, ampia e generica, consente all’emittente ed al fornitore un notevole margine di manovra, e comunque è ovvio che gli investimenti andranno a beneficio soprattutto della fiction; incidentalmente, si segnala che la definizione “opere di espressione originale italiana” – mutuata dalla tradizione giuridica francese – non esiste, finora, nella normativa italiana;
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al contrario, gli “operatori di comunicazione elettronica su reti fisse e mobili” sono chiamati a contribuire “gradualmente”, e “tenuto conto delle condizioni del mercato” (anche questa formulazione appare molto generica), alla promozione ed al sostegno finanziario “delle opere audiovisive europee, destinando una quota dei ricavi derivanti dal traffico di contenuti audiovisivi offerti al pubblico a pagamento”; questa quota dovrebbe essere definita dall’Agcom, attraverso un apposito regolamento; abbiamo già segnalato su queste colonne che questa norma presenta il rischio di profili di incostituzionalità, perché una simile imposizione di obblighi di investimento deve essere – almeno come campo di oscillazione – introdotta per via normativa e non regolamentare.
Ebbene, il nuovo testo dell’articolo 72 contiene una integrazione che sembra “cucita” addosso alle esigenze più morbide degli operatori “pay” di tipo “pay-per-view”.
In effetti, gli obblighi previsti per gli operatori “pay-per-view” vengono attenuati.
Il testo uscito dalla Commissione Camera prevede infatti che, “con particolare riferimento ai programmi pay-per-view a prevalente contenuto cinematografico di prima visione“, questi obblighi “debbono essere in ogni caso commisurati all’effettiva disponibilità di opere rilevanti nei sei mesi precedenti la diffusione nell’anno di riferimento ed al loro successo nelle sale cinematografiche italiane”.
Va segnalato che questa disposizione riguarda non soltanto l’offerta “p-p-v” di Sky Italia, ma anche Mediaset Premium,
Ci limitiamo ad enfatizzare la debolezza del testo, sia rispetto alla qualità di scrittura sia rispetto alla efficacia dell’intervento.
Con innesti normativi di questo tipo, risulta agevole sfuggire gli obblighi di legge, forte com’è il nostro Paese della tradizione “fatta legge, trovato l’inganno”…
Già in sé, la legge n. 122 era suscettibile di ampia critica per il deficit di organicità e chiarezza. Questi innesti cercano di migliorarla (!?), ma con tecnicalità assolutamente inadeguate.
L’associazione autoriale dei Centoautori resta vigile, anche se esprime un cauto ottimismo, dopo aver manifestato sabato scorso (con una lettera aperta “urgente” diramata alle agenzie stampa, ripresa da quotidiani come “Il Messaggero”) una sorta di rottura del dialogo con la maggioranza di governo, allorquando ha intercettato i già richiamati segnali di disturbo.
Uno degli esponenti più rappresentativi di Centoautori, Valerio Jalongo, ha dichiarato a Key4biz che “al centro della battaglia non vi è tanto una questione di percentuali, bensì la necessità di introdurre regole chiare, in un quadro normativo preciso, a tutela della produzione indipendente e dei diritti degli autori“.
Nel mentre, colei che rivendica di essere stata la alfiere dell’introduzione del “tax shelter” a favore del cinema e dell’audiovisivo italiano, la forzista Gabriella Carlucci, ha convocato per lunedì 18 dicembre prossimo, alla Sala Stampa della Camera dei Deputati, una conferenza alla quale interverrà insieme al suo collega “ex” maggioranza Willer Bordon, propugnatore della norma in Senato. In effetti, l’emendamento introdotto nel contesto dell’art. 12 della Finanziaria ha associato, alle norme già previste dal Governo a favore del credito di imposta, ulteriori provvedimenti per la detassazione degli utili reinvestiti. Sarà l’occasione giusta per comprendere i veri umori dell’Aula e se il “regalo di Natale” al cinema italiano si concretizzerà realmente. E’ tra l’altro prevista la partecipazione di un soggetto che potrebbe divenire uno dei “player” importanti dell’economia audiovisiva italiana, data l’estensione della filiera che sta mettendo in atto l’imprenditore Tarak Ben Ammar, che si muove ormai non solo a livello televisivo con Sport Italia ma anche nel business dei contenuti, essendo ormai azionista di maggioranza della società di distribuzione Eagle (acquisita per 85 milioni di euro) ed essendo entrato con una piccola quota nella emergente (e presto destinata alla quotazione in borsa) Rainbow.
Si resta in attesa della prossima “puntata”.
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Bruno Zambardino, Responsabile di Ricerca IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale
Angelo Zaccone Teodosi, Presidente di IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale