La situazione del cinema e dell’audiovisivo italiano è paradossale, a pochi giorni dalle elezioni europee di sabato 8 e domenica 9 giugno: il Ministero della Cultura continua a non dare segni di vita in relazione ai tanti decreti che dovrebbero consentire il riavvio delle attività, dopo mesi e mesi di protratto congelamento e di esasperante attesa…
In estrema sintesi, dopo l’approvazione del “piano di riparto” dei circa 700 milioni di euro (firmato dal Ministro Gennaro Sangiuliano il 12 aprile 2024, ma pubblicato soltanto l’11 maggio 2024) che lo Stato italiano assegna al settore per l’anno 2024, tutte le fasi della “filiera” – dalla produzione alla promozione – sono in attesa di decreti che non vedono ancora la luce, per ragioni che sono ormai incomprensibili.
Dopo mesi e mesi (inspiegabile attesa), il decreto ritenuto più importante – quello relativo al “tax credit” – è stato finalmente trasmesso dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni al Ministero dell’Economia e Finanze qualche giorno fa e la senatrice leghista ha annunciato che “spera” possa essere controfirmato e pubblicato “entro l’estate” (vedi “Key4biz” del 24 maggio 2024, “Al di là del ‘tax credit’, gli incomprensibili ritardi della Direzione Cinema Audiovisivo del Mic nell’emanazione di decreti tanto attesi”).
Nel mentre, tutto il settore è sostanzialmente paralizzato.
Le associazioni degli imprenditori (i cinematografici di Anica ed i televisivi di Apa) sono silenti da diverse settimane, e quel che stupisce è che molte altre associazioni del settore (anche quelle degli autori) non si manifestano… Secondo alcuni osservatori, c’è diffuso timore di “ritorsioni”, a svantaggio di una categoria o l’altra, se qualcuno alzasse troppo la voce.
Eclatante il silenzio totale dell’associazione degli organizzatori dei festival cinematografici (l’Afic), che a 5 mesi dall’inizio dell’anno, non protesta, allorquando la Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero (guidata da Nicola Borrelli da oltre 10 anni), ancora non pubblica i bandi che andranno a determinare quali manifestazioni saranno sostenute dalla mano pubblica e quali no (nota bene: bandi che saranno con proiezione “retroattiva”, dato che il contributo ministeriale è relativo al periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024!). Su questa specifica dinamica, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult ha dedicato un “focus” nel succitato articolo del 24 maggio 2024).
Da un paio di settimane, ovvero dal 16 maggio 2024, è emersa, dapprima soltanto sul web (potenza dei “social media” come Facebook?), e da un paio di giorni anche sui media (il rilancio essenziale è stato dato dall’agenzia stampa Ansa e dal quotidiano “Il Fatto” ieri l’altro 1° giugno), una protesta dell’anima forse più “debole” del settore, rappresentata dai lavoratori.
Una decina di sigle associative (dalla bassa visibilità, almeno finora, ma che dichiarano di rappresentare almeno 4mila lavoratori) hanno convocato per domani martedì 4 giugno 2024 una manifestazione di protesta a Roma, a Piazza Santi Apostoli (dalle ore 10 alle 13), dal titolo efficace quanto deprimente: “#SIAMOAITITOLIDICODA” (clicca qui per la pagina Fb dedicata).
Il Comitato dei Lavoratori del Cine-Audiovisivo “Siamo ai titoli di coda” denuncia che, a seguito della sospensione del “Tax Credit”, il 60 per cento degli operatori del settore non sta lavorando: la situazione in cui versa il comparto è “drammatica”.
È interessante osservare che la manifestazione è promossa da associazioni di diverse categorie e profili professionali: tecnici, aiuto registi, decoratori, macchinisti… che evidentemente non si sentono adeguatamente rappresentati dalla triade Cgil, Uil, Cisl (che i sindacati non riescano a ben rappresentare tutte le anime del settore è emerso anche dal convegno promosso dal Registro Attrici e Attori Italiani – Raai – qualche giorno fa: vedi “Key4biz” del 23 maggio 2024, “Cinema e audiovisivo: contraddizioni interne del sistema: la vivace protesta delle attrici e gli attori del Raai”).
Sostiene Ciro Scognamiglio, Presidente di Aiarse (Associazione Italiana Aiuto Registi e Segretarie di Edizione), che “molti lavoratori sono disoccupati, e non hanno più ammortizzatori sociali, diversi sono già in condizioni gravi: e siamo in un momento dell’anno in cui di norma si registra un picco lavorativo”.
Senza dubbio, tutto il sistema produttivo è effettivamente rallentato: i pochi che lavorano sono per produzioni avviate prima dello “stop” al “Tax Credit”, e per le pochissime opere che sono realizzate senza avvalersi del contributo del credito d’imposta.
Si ricordi che il Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) il 10 aprile scorso alla Camera aveva chiarito che le risorse sarebbero rimaste invariate e ribadito la necessità di una riforma, osservando come fosse “sorprendente che di 459 opere sostenute con il tax credit tra il 2022 e il 2023, oltre 345 non sono mai uscite in sala”. Questo dato è eclatante, ma ben sintetizza le patologie profonde del sistema di sostegno pubblico a cinema e audiovisivo messo in atto dalla Legge Franceschini.
Leonardo Bison de “Il Fatto Quotidiano” ha registrato la reazione della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni: “siamo a una settimana dal voto e ho la sensazione che qualcuno stia facendo leva sulle preoccupazioni dei lavoratori per fare polemica e alzare un polverone. Mi preoccupa la strumentalizzazione che una parte politica vuole fare e il fatto che questo allarmismo che si vuole gonfiare a dismisura rischi di danneggiare l’immagine del nostro cinema al di fuori dell’Italia”.
Alle radici della protesta, le concause della crisi: in primis, la totale assenza di controlli nella gestione del Fondo Cinema e Audiovisivo
Cerchiamo di ricostruire la vicenda, che IsICult e Key4biz seguono da lungo tempo con grande attenzione: se bene ha fatto il Ministro Gennaro Sangiuliano a decidere di sottoporre l’intero impianto della “Legge Franceschini” del 2016 a “revisione”, è evidente che la “macchina” riformatrice è partita tardi e male, perché è ormai da un anno che il “tagliando” è stato annunciato, ma la “vettura” resta chiusa in una “officina” le cui porte sono sbarrate.
È evidente che il meccanico-capo, ovvero la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, si è rivelato lento ed ha usato attrezzi farraginosi: le ragioni sono peraltro evidenti, e l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult le ha denunciate tante volte, anche sulle colonne del quotidiano online “Key4biz”.
La Legge Franceschini (la numero 220 del 2016) è divenuta operativa nel 2017 ed ha iniettato nel settore una quantità crescente di danari pubblici: si ricordi che si è passati da quel “minimo” di 400 milioni di euro l’anno previsti originariamente dalla legge al picco di 750 milioni di euro dell’anno 2023, poi ridotti a 700 milioni per l’anno 2024.
Il Ministero non si è però attrezzato, nel corso degli anni, con adeguata strumentazione tecnica, e quindi il flusso di danari pubblici s’è materializzato senza gli indispensabili controlli.
Ci sono stati sprechi ed abusi. C’è chi non ha timore a denunciare che s’è spesso creato un vero e proprio castello di carte: l’avvocato Michele Lo Foco (membro del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo, presieduto dall’avvocato Francesca Assumma) ha usato pubblicamente, senza timore alcuno, l’espressione “fatture false”, sostenendo che si sono innescati – in assenza di controlli ministeriali – diffusi meccanismi fraudolenti…
Va segnalato che, sebbene la stessa Legge Franceschini prevedesse una “valutazione di impatto” sugli effetti della norma, da trasmettere a cadenza annuale al Parlamento, questo studio non è mai stato realizzato con l’obiettivo di analizzare in modo approfondito e soprattutto critico le dinamiche di mercato. Si è riproposto come studio… all’acqua di rose, insomma.
E peraltro non è mai stato trasmesso a Camera e Senato nei termini previsti dalla Legge stessa (fine settembre di ogni anno).
E, ancora, la valutazione è stata affidata, con un budget modesto (inadeguato rispetto al fabbisogno per realizzare un lavoro serio: circa 100mila euro per “analizzare” un budget annuale dello Stato di 700 milioni di euro), per 5 anni di seguito ininterrottamente ad una associazione temporanea di impresa tra l’Università Cattolica e la società di consulenza Ptsclas, ma questo rapporto di ricerca non è mai stato oggetto di una pubblica discussione, di un confronto con gli operatori (sull’argomento, si rimanda al dossier IsICult su “Key4biz” del 15 aprile 2024, “Il Ministero della Cultura promuove (finalmente) una nuova ‘valutazione di impatto’ della Legge Cinema e Audiovisivo”; vedi anche “Key4biz” del 1° marzo 2024, “La misteriosa ‘valutazione di impatto’ sulla Legge Cinema e Audiovisivo”)…
In sostanza, per tutta la durata della “Legge Franceschini” (2017-2023) è stato mantenuto “low profile” comunicazionalmente, per precisa scelta del Ministero e specificamente della Direzione Cinema e Audiovisivo.
Basti osservare che la “relazione” relativa all’anno 2022 (duemilaventidue) è stata sì trasmessa dal Ministro Gennaro Sangiuliano al Presidente del Senato il 9 aprile scorso e annunciata in Aula il 16 aprile (si noti bene: è la relazione sull’anno 2022, non 2023!), ma ad oggi (3 giugno 2024, a distanza di due settimane) non è stata pubblicata né sul sito del Ministero, né su quello del Senato e nemmeno su quello della Direzione Cinema Audiovisivo, né su quello della Camera dei Deputati.
Come dire?! Un testo ancora misterioso, oggi, così come semi-clandestino è stato negli anni scorsi…
Se questa “valutazione di impatto” fosse stata promossa con l’autentica volontà di conoscere l’andamento del settore, essa avrebbe potuto produrre, fin dal secondo o terzo anno, le indicazioni necessarie per le opportune “correzioni di rotta” della Legge n. 220 del 2016.
Per anni ed anni, invece, questo studio è stato considerato irrilevante, accessorio, anzi di fatto insignificante e finanche inutile.
L’ex Ministro Dario Franceschini non l’ha evidentemente mai degnato della minima attenzione.
E, con lui, evidentemente, nemmeno la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni.
Scartoffie inutili, insomma.
Sia ben chiaro, la responsabilità non è soltanto delle istituzioni: si è assistito ad una diffusa connivenza rispetto a questa “ignoranza”.
Si è preferito chiudere un occhio, anzi due, non porsi problemi, non fare domande, e beneficiare comunque della manna…
Allorquando lo Stato ha pompato nel sistema centinaia di milioni di euro, anno dopo anno, “tutti” erano sostanzialmente soddisfatti, perché lavoro ce n’era, eccome se ce n’era…
Gli stessi sindacati plaudevano alla “piena occupazione” ed i tre principali esponenti del settore, in primis la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (passata da un governo all’altro, di variegate alleanze e cromie), in coro con i Presidenti dell’Anica Francesco Rutelli e dell’Apa Giancarlo Leone e poi Chiara Sbarigia (che è anche curiosamente Presidente di Cinecittà), ribadivano a piè sospinto, anno dopo anno, le “magnifiche e progressive” sorti dell’industria dell’immaginario italica.
E chi osava manifestare perplessità… veniva considerato un sabotatore, se non un terrorista…
Una “industria” assistita dallo Stato così tanto che, appena il Ministero ha staccato la spina, il “boom” si è afflosciato, il “castello di carte” (vedi supra) è saltato, la “bolla” è scoppiata…
Tutto il “sistema” è stato drogato per anni da una “manna di Stato” generosamente erogata in assenza di controlli (vedi supra).
Quando il Ministro Gennaro Sangiuliano ha cercato di fare luce, s’è scontrato con l’assenza di dati completi e di analisi approfondite, ed ha focalizzato la propria attenzione su decine e decine di titoli cinematografici che registravano costi enormi ed incassi in sala talvolta ridicoli (un dato che emerge come punta dell’iceberg…). Gli è stato risposto che non è soltanto il “box office” a determinare il recupero dei costi di un’opera cinematografica, ma nessuno ha potuto (e può) dimostrare quale sia la vera economia del settore, perché il Ministero non dispone ancora di un dataset adeguato.
Centinaia e centinaia di milioni di euro di danaro pubblico sono stati assegnati con criteri complessivamente nasometrici.
Alla “inflazione” di opere prodotte (la gran pare prodotte “per” il “tax credit” e non “con” il “tax credit” e quindi per lo più… invisibili), s’è associata anche una “inflazione” dei costi (che è stata in varie occasione segnalata dai produttori stessi), e da un paio di anni la percezione che “qualcosa” non andasse nel sistema è finalmente emersa, da più fronti…
L’iniziativa promossa da questi lavoratori “di base” (evidentemente non sindacalizzati) si pone quindi anch’essa come emblematica e sintomatica delle tante variegate e sedimentate patologie del settore.
Ci sarà anche chi vorrà attribuire al Ministro di Fratelli d’Italia la volontà di mettere in ginocchio un settore storicamente “dominato” da una cultura di sinistra: crediamo piuttosto che la volontà di Gennaro Sangiuliano di fare chiarezza e correggere storture sia saggia e lungimirante… quel che non è tollerabile è l’atteggiamento per troppi anni entusiasta assunto dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, che ha contribuito a costruire una “immagine” del settore non veritiera e artefatta.
La responsabilità politica, oltre che tecnica, della crisi in atto: siamo veramente “ai titoli di coda”?
La responsabilità – politica, oltre che tecnica – è di chi non ha ritenuto di dotarsi di strumenti di monitoraggio dell’intervento dello Stato ed ha (mal) governato producendo decine di decreti di attuazione della Legge Franceschini privi di adeguata tecnicalità, scritti male e tardivamente emanati.
Che comunque non tutti abbiano ancora acquisito coscienza della profonda crisi in atto emerge da un passaggio, molto interessante, nel comunicato diramato dai protestatari dopo una riunione tenutasi con i sindacati il 28 maggio scorso: “l’opportunità proposta sul banco ieri è quella di unificare le forze da parte di tutti, coinvolgendo anche ed eventualmente le parti datoriali, in un momento che è indiscutibilmente drammatico senza distinzioni, ma che colpisce gravemente soprattutto i lavoratori. I sindacati hanno però dichiarato, nella fase finale della riunione e dopo una insistente richiesta, che sarebbero pronti a manifestare insieme a noi, ma se le cose si organizzano secondo delle modalità condivise fin dall’inizio, rimandando l’appuntamento alla settimana successiva alle elezioni e facendo diventare la questione contrattuale un punto principale. I dati rilevati dal sindacato stesso, che risultano inviati anche al ministero, dichiarano che in questo momento il settore non sta vivendo nessuna crisi, perché le settimane lavorative sono in linea con gli anni precedenti”.
In sostanza, i sindacati sembrano sostenere che crisi non c’è!
Ma i promotori di “Siamo ai titoli di coda” contestano questa affermazione (che è peraltro in linea con quel pervicace ottimismo della volontà che tante volte – nel corso degli anni – abbiamo criticato su queste colonne): “questo dato emerge da una modalità di valutazione che non ci è stata chiarita, ma che dimostra uno scostamento con la realtà, evidenziata sia dal nostro sondaggio che dalle denunce che ci giungono dai lavoratori, rental, fornitori etc. etc.”.
E spiegano gli agitprop di “Siamo ai titoli di coda”: “vogliamo ricordare che: le produzioni in corso sono residuali e coda di un lavoro perlopiù iniziato lo scorso anno anche con finanziamenti dell’anno precedente; il ritardo della pubblicazione dei decreti comporta una grave perdita sia in termini economici che in termini di anno contributivo ai fini pensionistici”.
Riportiamo un estratto del documento che, il 16 maggio, ha avviato la protesta, perché contiene alcune considerazioni molto interessanti: “a fronte dell’emissione del Decreto Ministeriale sul Riparto del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo per l’anno 2024, si può evincere chiaramente che, contrariamente a quanto ribadito più volte, il CINEMA ITALIANO NON GODE DI BUONA SALUTE” (il “lettering” tutto maiuscolo è quello originario del comunicato, n.d.r.).
Già questa constatazione ci sembra illuminante, a fronte dell’ottimismo prevalente. E continuano gli attivisti di “Siamo ai titoli di coda”: “se un semplice ritardo di alcuni mesi sull’emissione di un decreto ministeriale, elemento portante per la produttività di questo settore, riesce a mandare in blocco totale, o quasi, un intero comparto industriale, lasciando la gran maggioranza dei propri lavoratori e delle loro famiglie in una grave condizione di precarietà economica, vuol dire che non è sano”.
E continuano: “ma soprattutto vuol dire che non si considera minimamente il lavoratore stesso che si muove costantemente sul filo del rasoio, senza tutele e garanzie, persino senza un contratto nazionale regolare, all’interno di un impegno professionale complesso. Il decreto ministeriale emanato dichiara, in modo lampante, una involuzione rispetto a quello dell’anno precedente, ma il decreto ministeriale senza i decreti attuativi, che indicano le regole per accedere a questi fondi, non può rimettere in moto la macchina produttiva creando un ennesimo e ancor più gravoso ritardo a discapito dei lavoratori. Il sottosegretario Borgonzoni ha dichiarato che il loro impegno per la pubblicazione mira in modo generico al periodo estivo. È fondamentale considerare i tempi tecnici e burocratici che occorre a ogni produzione per potersi organizzare sui progetti a fronte delle nuove regole”.
Evidente emerge la critica nei confronti dei tempi lunghi (inspiegabilmente lunghi) annunciati dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni.
Delle due, l’una: Ministro reazionario o Sottosegretaria troppo lenta? Ma intanto il 60 % dei lavoratori è disoccupato…
Delle due, l’una: o il reazionario Ministro vuole mettere in ginocchio il settore, affamandolo, o la Sottosegretaria è troppo lenta nell’avviare la riforma voluta dal suo stesso Ministro. Propendiamo per la seconda ipotesi.
Dopo la riunione del 28 maggio, è stato rilevato l’esito del sondaggio promossa da “Siamo ai titoli di coda”: alla rilevazione realizzata su una pagina Telegram (alla quale partecipano oltre 4mila persone) hanno partecipato poco meno di 3mila addetti (2.772 risposte), che ricoprono le tante funzioni nelle produzioni (dagli assistenti alla regia agli addetti ai costumi ai truccatori, dagli aiuto registi ai fonici, parrucchieri, elettricisti, direttori della fotografia… solo per citarne alcuni) ed è emerso che il 60 %, pari a 1.662 persone, in questo momento è disoccupato.
In altre parole, 3 lavoratori su 5 del settore in questo momento sono a casa.
Ovviamente, si tratta di un “sondaggio”, realizzato con modalità inevitabilmente artigianali, e quindi non è necessariamente “rappresentativo”, ma riteniamo che questo tentativo di “conoscenza” sia comunque apprezzabile, e dovrebbero farne tesoro, oltre alle istituzioni, anche i sindacati…
Merita essere segnalato che c’è chi ha deciso di non aderire alla protesta: due giorni fa, l’associazione degli Autori Italiani Cinematografia (Aic) ha preso le distanze dall’iniziativa ed ha comunicato la decisione di non aderire alla manifestazione del Comitato Lavoratori del Cine-Audiovisivo “SiamoAiTitolidiCoda”: “siamo giunti a questa decisione perché condividiamo le ragioni esposte da altre associazioni come Asc ed Amc (sono le associazioni professionali degli scenografi e costumisti e dei montatori, n.d.r.) a partire dalla mancanza di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nell’organizzazione dell’evento e riteniamo questa mobilitazione troppo affrettata e con un obiettivo dichiarato – il Tax Credit – troppo limitato rispetto alla complessità dei problemi che affliggono il nostro settore. Tra le questioni più urgenti vi è il rinnovo del contratto nazionale, un tema che non può essere ignorato. Crediamo fermamente che una mobilitazione debba affrontare in maniera più ampia e articolata le varie problematiche che interessano tutti i lavoratori del nostro settore, e debba essere coordinata dalle rappresentanze sindacali. Pur non aderendo ufficialmente alla manifestazione, lasciamo naturalmente ai nostri soci la libertà di partecipare a titolo personale, secondo la propria coscienza e convinzione”.
Molto interessante la considerazione per la quale l’obiettivo “tax credit” è effettivamente “troppo limitato rispetto alla complessità dei problemi che affliggono il nostro settore”.
Aic ha proprio ragione: il “problema” non è soltanto il “tax credit”, così come il “problema” non è soltanto il “contratto nazionale collettivo di lavoro” (il “ccnl” sembra essere l’obiettivo unico e totalizzante dei sindacati)…
Il problema, il “problema dei problemi” è la perdurante assenza di strumentazione di conoscenza per un sano governo tecnico del settore.
Problemi che – ahinoi… – non sono ancora mai stati bene analizzati… e da queste nebbie di conoscenza deriva l’inevitabile mal governo dell’intero settore…
Non importa, in fondo, se domani a Piazza Santi Apostoli ci saranno masse oceaniche di lavoratori o quattro gatti: quel che è importa è l’emersione di una ulteriore voce di dissenso e di protesta, a fronte del silenzio e della passività ed ineriza dei più. Qualcosa non va: forse il cinema e l’audiovisivo italiano non sono proprio ai titoli di coda, ma certamente il sistema non è sano…
Note.
I promotori dell’iniziativa del Comitato dei Lavoratori del Cine-Audiovisivo “Siamo ai titoli di coda”
(convocata per il 4 giugno 2024 a Roma, Piazza Santi Apostoli)
Le sigle che hanno promosso la protesta:
- Apai (Associazione del Personale di Produzione Audiovisivo)
- Aiarse (Associazione Italiana Aiuto Registi e Segretarie di Edizione)
- Ccs (Collettivo Chiaroscuro)
- Apci (Associazione Pittori Decoratori Cinematografici)
- Aitr (Associazione Italiana Tecnici di Ripresa)
- Aits (Associazione Italiana Tecnici del Suono)
- Agi Spettacolo (Associazione Generici Italiani dello Spettacolo)
- Emic (Associazione Nazionale Elettricisti e Macchinisti del Settore Cineaudiovisivo)
- Annac (Associazione Nazionale Noleggio Automezzi Cinetelevisivi).
Con loro anche i fornitori del cine-audiovisivo, imprese che lavorano ed investono nell’indotto del settore:
Le Fiorucci srl
La Teca dell’Immaginario sas
Schiavi Marco srl
Rental Film Industry srl
Scenografica srl
Rec srl
D-Vision Movie People srl
Panalight spa
Kiwii Digital srl
Romana Gruppi Elettrogeni Cinematografici srl
Presadiretta
Lambda srl…
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.