L’impatto economico-finanziario dell’estremizzazione del clima globale
Leggi l’articolo pubblicato su Nature: “The economic commitment of climate change”
Sappiamo bene che l’estremizzazione del clima a livello globale avrà conseguenze drastiche sulla nostra vita nei prossimi decenni. Lo sappiamo perché già vediamo oggi, con i nostri occhi, l’effetto del clima che cambia e dei fenomeni meteo estremi sull’economia, le infrastrutture strategiche, l’agricoltura, i trasporti e la sicurezza pubblica, visto il grave dissesto idrogeologico in cui si trova gran parte del nostro Paese (e l’Europa tutta).
Secondo un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, realizzato da un team di ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impacts Research, se non riusciremo a ridurre concretamente l’inquinamento atmosferico e se non inizieremo a contrastare con forza il processo di surriscaldamento globale, l’economia mondiale è destinata ad una contrazione del reddito stimata attorno al 19% entro il 20250.
Il reddito medio italiano sarà tra i più colpiti, con una riduzione media attesa del 15% circa, contro il 13% della Francia, ma meglio della Grecia (17%) e della Spagna (18%).
Secondo la Allianz Climate Literacy Survey, condotta ad inizio anno, l’87% circa degli italiani teme le conseguenze dell’estremizzazione climatica in atto.
Il dato più alto rispetto ad una media del 76% in Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Regno Unito e Stati Uniti.
In termini finanziari, l’estremizzazione climatica a cui assistiamo potrebbe generare danni per un valore complessivo di 38 trilioni di dollari annui entro la metà del secolo.
Che è un valore medio, perché la forbice indicata è 19-59 trilioni di dollari.
Proteggere il clima è molto più economico che non farlo
Una cifra altissima, che è valutata sei volte maggiore a quanto dovremmo spendere in soluzioni di mitigazione del global warming per contenere a +2°C di aumento (rispetto alla temperatura media mondiale precedente alla rivoluzione industriale) la temperatura media globale entro la fine del secolo.
“La nostra analisi mostra che il cambiamento climatico causerà ingenti danni economici entro i prossimi 25 anni, in quasi tutti i paesi del mondo, anche in quelli altamente sviluppati come Germania, Francia e Stati Uniti“, ha affermato la scienziata Leonie Wenz, che ha guidato il progetto studio.
“Questi danni a breve termine sono il risultato delle nostre emissioni passate. Avremo bisogno di maggiori sforzi di adattamento – ha aggiunto Wenz – se vogliamo evitarne almeno alcuni. E dobbiamo ridurre drasticamente e immediatamente le nostre emissioni; in caso contrario, le perdite economiche diventeranno ancora più grandi nella seconda metà del secolo, raggiungendo fino al 60% della media globale entro il 2100. Ciò dimostra chiaramente che proteggere il nostro clima è molto importante e risulta molto più economico che non farlo, e questo senza nemmeno considerare gli impatti non economici come la perdita di vite umane o la biodiversità”.
A pagare di più saranno i Paesi meno responsabili del climate change
“Il nostro studio evidenzia la notevole iniquità degli impatti climatici: troviamo danni quasi ovunque, ma i paesi dei tropici soffriranno di più perché sono già più caldi. Ulteriori aumenti della temperatura saranno quindi più dannosi lì. Si prevede che i paesi meno responsabili del cambiamento climatico subiranno una perdita di reddito maggiore del 60% rispetto ai paesi a reddito più elevato e del 40% rispetto ai paesi a maggiori emissioni. Sono anche quelli con meno risorse per adattarsi ai suoi impatti. Sta a noi decidere: il cambiamento strutturale verso un sistema di energia rinnovabile è necessario per la nostra sicurezza e ci farà risparmiare denaro. Rimanere sulla strada che stiamo percorrendo attualmente porterà a conseguenze catastrofiche”, ha invece dichiarato Anders Levermann, co-autore dello studio e Head of Research Department Complexity Science del Potsdam Institute.
I dati sono frutto di uno studio molto lungo ed approfondito, provenienti da 1.600 regioni di tutto il Pianeta Terra in un lasso di tempo di circa 40 anni.
Nel computo dei danni non sono stati considerati gli effetti diretti di tempeste o incendi, che capitano sempre più di frequente ormai e che certamente farebbero lievitare il livello dei costi su scala mondiale.
Per ottenere queste proiezioni, i ricercatori hanno combinato modelli empirici con simulazioni climatiche all’avanguardia (Cmip-6)