Abbiamo già segnalato, e tante volte, anche su queste colonne, come gran parte del giornalismo italiano che si interessa di media e cultura tenda ad appassionarsi su tematiche come la prossima conduzione del Festival di Sanremo o il dietro le quinte della partitocrazia per il management della Rai, senza quasi mai affrontare di petto le questioni nodali del sistema: le risorse economiche, la loro allocazione, le nomine delle istituzioni e degli enti controllati dallo Stato… In relazione alla specifica situazione del settore cinematografico e audiovisivo, si conferma una dinamica di distrazione e superficialità, alla quale si associa quasi sempre un approccio conformista… Anche rispetto ad istituzioni come Cinecittà o il David di Donatello, si osservano atteggiamenti prevalentemente sussiegosi (per usare un eufemismo) e conformisti, privi di volontà (e capacità) di analisi critica.
Questo deficit di analisi critica da parte di quasi tutti i giornalisti si associa a dinamiche autoreferenziali da parte di alcune istituzioni: per anni, la Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni – passata da una maggioranza all’altra in governi di diversa cromia – ha fatto parte dell’allegro coro, guidato dalle due maggiori lobby del settore (i cinematografici dell’Anica ed i televisivi dell’Apa), che cantava le lodi del cinema e dell’audiovisivo italiano. È poi arrivato al Collegio Romano un Ministro, Gennaro Sangiuliano, che ha cercato di capire cosa vi fosse “sotto il vestito” luccicante, e si è reso conto che c’era un “corpo” gracile e malato: e che quindi la tanto decantata “Legge Franceschini” del 2016 aveva prodotto sì un rafforzamento dell’occupazione ma anche tante variegate patologie. E quindi anche la “sua” Sottosegretaria ha cominciato a fare qualche passo indietro, e si è passati dall’entusiasmo drogato ad una prudenza ormai quasi eccessiva. Eccessiva perché la annunciata riforma della legge n. 220 e la rimodulazione dell’ormai controverso “Tax Credit” tardano a manifestarsi.
La spada di Damocle di una riforma della Legge Franceschini che resta avvolta nelle nebbie. Intanto il Ministro Sangiuliano scrive una lettera aperta al quotidiano “Il Foglio”
Ne deriva che tutte o quasi le procedure ministeriali sono rallentate, sospese, bloccate: su tutto pende la spada di Damocle di una riforma i cui profili restano ancora confusi.
E quindi venerdì della scorsa settimana, molte associazioni del settore hanno manifestato a Roma, in una mattinata di protesta “soft”. In occasione della quale i nodi principali non sono stati affrontati di petto, perché tutti (o quasi) hanno timore che, alzando la voce, si possa essere puniti dal Principe…
Ha stupito che ieri (lunedì 8 aprile) il quotidiano “il Foglio” dedicasse una lenzuolata ad una lettura del sistema cinematografico e audiovisivo ciecamente ottimista e totalmente appiattita sulla visione che hanno coloro che fino ad oggi hanno beneficiato, nel bene e nel male, dell’assetto venutosi a determinare dalla Legge Franceschini: su queste colonne, abbiamo ieri denunciato la superficialità del lungo articolo firmato da Marianna Rizzini, intitolato “Il cinema spiegato a Sangiuliano”. Sottotitolo “Non è solo l’industria del sogno”.
La reazione del Ministro non si è fatta attendere: ha scritto una lettera aperta al quotidiano diretto da Claudio Cerasa, che è stata pubblicata nell’edizione di questa mattina de “il Foglio”: Gennaro Sangiuliano non ha girato intorno alle questioni dolenti… e non ha utilizzato una tecnica del “dire a nuora perché suocera intenda” (in questo caso la “nuora” potrebbe essere il Direttore del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara e la “suocera” potrebbe essere la Sottosegretaria leghista).
Riteniamo che il Ministro sia stato molto diplomatico, ma riteniamo importante qui riportare come chiude l’articolo, perché – in questi numeri – c’è la vera verità dei problemi in essere: un cinema troppo e male assistito dallo Stato, che ha determinato un sistema affetto da una pluralità di patologie, in primis una sovrapproduzione di titoli che scompaiono nelle nebbie, ovvero nel vuoto cosmico: delle “459 opere cinematografiche sostenute attraverso il tax credit automatico tra il 2022 e il 2023, oltre 345 non sono mai uscite in sala”. Ciò basti, a dimostrare che il “Principe” è “nudo”.
E sarebbe molto interessante conoscere il parere dell’ex Ministro “dem” Dario Franceschini, su questi temi. E su questi numeri. Che però tace. E da lungo tempo.
La lettera del Ministro è stata intitolata: “Sprechi nel cinema?! Alt”. Ha commentato il titolista: “Il tax credit così com’è disincentiva la creatività e alimenta mediocrità”, e questa sintesi ci sembra efficace.
Premesso il rinnovato convincimento sulla funzione e sulle potenzialità della cinematografia, il Ministro denuncia le criticità, che finora – va segnalato – soltanto pochi eterodossi ed eccentrici (nelle cui fila siamo orgogliosi di essere annoverati) avevano evidenziato: “tuttavia, il pieno riconoscimento del valore culturale ed economico del cinema non può esimerci dal denunciare, con forza, le storture e i veri e propri abusi che si sono generati in questi ultimi anni nell’ambito degli aiuti che lo Stato riconosce al cinema che, ricordiamolo sempre, sono soldi dei cittadini italiani”.
Il Ministro ripercorre la crescita del sostegno pubblico, voluta dal suo predecessore Dario Franceschini, che iniettato nel sistema sovvenzioni a gogo, peraltro a discapito dell’intervento pubblico a favore del teatro, della musica, della danza: “nel 2016 le risorse disponibili, sotto forma di contribuzione diretta e di tax credit, furono pari a poco di più 250 milioni di euro. Nel 2017, primo anno della nuova legge per il settore cinema, il fondo era di 400 milioni. Nel 2021, lo stanziamento in Legge di Bilancio è stato di 636 milioni poi aumentato, per gli anni 2022 e 2023, a 746 milioni. Al momento le risorse sono invariate, fatta eccezione per un lieve taglio che vale per tutti gli ambiti del Ministero per esigenze di finanza pubblica”.
Il “fiume di danaro” della Legge Franceschini. Sangiuliano: “correggere le storture di questo sistema non significa voler limitare l’intervento pubblico”
Si tratta di un vero e proprio “fiume di danaro”: “a questo fiume di denaro pubblico non sempre ha corrisposto la qualità: mi ha fatto piacere leggere, a riguardo, una opportuna dichiarazione di Marco Bellocchio secondo cui molti suoi colleghi farebbero bene a cambiare mestiere. Inoltre si sono generati incontrovertibili abusi: film prodotti e finanziati, misteriosamente non ancora usciti; tantissimi film che hanno fatto segnare poche decine di spettatori in sala e mai trasmessi su piattaforme o in tv; film che, per aggirare gli obblighi di programmazione, sono passati in sala alle 8 del mattino. Per inciso, vorrei tanto conoscere lo spettatore che va al cinema a quest’ora”.
Il Ministro – senza fare nomi – si riferisce anche al caso eclatante (che abbiamo segnalato in dettaglio sulle colonne di “Key4biz” del film “Aspettando l’alba” di Saverio Costanzo, prodotto dalla multinazionale tedesca Fremantle Bertelsmann): “molte inchieste giornalistiche hanno documentato i casi addirittura di film con 29 spettatori che hanno percepito centinaia di migliaia di euro di contributi della collettività. C’è un film costato 29 milioni di euro di cui oltre 9 a carico del contribuente italiano che ha fatto registrare poche decine di migliaia di spettatori. In alcuni casi abbiamo visto all’opera rampolli di famiglia con risultati davvero modesti”.
Gennaro Sangiuliano precisa che non intende “limitare” l’intervento pubblico, ma correggerne le distorsioni e le degenerazioni: “voglio ricordare che, quando Sorrentino ha realizzato il suo splendido “La grande bellezza”, nel 2013, gli aiuti al settore ammontavano a 190 milioni. Più o meno accadeva lo stesso in anni precedenti con grandi successi come “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores e “Nuovo Cine- ma Paradiso” di Giuseppe Tornatore. Per non parlare della grande stagione del Neorealismo, quando i produttori si finanziavano da soli. Provare a correggere le storture di questo sistema non significa voler limitare ‘’intervento pubblico, sia sotto forma di aiuti selettivi che di tax credit, ma solo evitare sprechi, addirittura vere e proprie truffe, e riportare tutto in un quadro di legalità”.
Come non condividere la tesi secondo la quale “chi produce un film deve assumersi un rischio d’impresa e non può più pretendere il finanziamento pubblico al cento per cento, fatta eccezione per i giovani che si misurano con un’opera prima”?!
E conclude: “è importante non sprecare il nostro talento, dissipando risorse in progetti cinematografici non sempre di livello adeguato, né dal punto di vista artistico né tantomeno commerciale. Delle 459 opere cinematografiche sostenute attraverso il tax credit automatico tra il 2022 e il 2023, oltre 345 non sono mai uscite in sala. Ciò non è solo un antieconomico spreco di denaro pubblico, ma anche un disincentivo alla vera creatività, che rischia di affogare in un mare di mediocrità”.
L’architettura della riforma della Franceschini e del Tax Credit è ancora incerta, la tempistica si protrae, i decreti tardano, il sistema è paralizzato, non c’è adeguato dibattito pubblico
Premesso questo approccio critico, il problema che si pone “ora” è l’architettura e la tempistica della riforma.
Di fatto, la “macchina ministeriale” è ferma, bloccata ormai da molti mesi, e di questa riforma annunciata si intravvedono soltanto alcuni tratti.
La gestazione della riforma non sta beneficiando della trasparenza che meriterebbe, trattandosi di modifiche che riguardano un settore delicato e strategico per l’intero “sistema Paese”, sia dal punto di vista culturale e sociale, sia dal punto di vista economico e strutturale.
Da mesi, troppi mesi, si attendono gli annunciati decreti di rimodulazione del “Tax Credit”…
Scrivevamo ieri su queste colonne, enfatizzando “nelle more”: Nelle more… Nelle more del “decreto di riparto” dei 700 milioni di euro (che parrebbe preveda un taglio del 40 % della quota del fondo assegnata al “Tax Credit” e questa decisione determinerà conseguenze non indifferenti sull’assetto attuale del sistema assistenziale)… nelle more dei decreti attuativi giustappunto sul credito di imposta, nelle more della misteriosa ricostituzione della “Commissione Esperti” del Ministero (saranno due, una per la produzione ed una per la promozione)… nelle more della pubblicazione della “valutazione di impatto” della Legge Franceschini per l’anno 2022 (scomparsa tra Collegio Romano e Montecitorio e Palazzo Madama)… nelle more dell’esito di cotanta attesa… tutto il settore vive una sorta di “sospensione”.
L’attesa cresce giorno dopo giorno, ma purtroppo il dibattito resta chiuso nelle stanze tra il Collegio Romano (sede centrale del Ministero) e Santa Croce in Gerusalemme (sede della Direzione Cinema e Audiovisivo)…
Perché lo stesso “riparto” dei 700 milioni di euro per l’anno 2024 (atto massimo di politica culturale per il settore) è stato sottoposto all’attenzione del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo (presieduto dall’avvocatessa Francesca Assumma) mercoledì scorso 3 aprile, senza rendere pubblico il documento?
Perché, in occasione della manifestazione di venerdì scorso, i 3 membri del Consiglio Superiore che sono stati espressi dalle associazioni imprenditoriali – ovvero l’Anica e la Cna – ed autoriali – ovvero l’Anac – non hanno raccontato alle oltre 1.200 persone intervenute al Cinema Adriano cosa ha effettivamente deciso il Consiglio mercoledì 3 aprile 2024, approvando la proposta degli uffici ministeriali con 8 voti favorevoli e 3 contrari? Perché questa “schermatura”?!
Si ricordi che hanno manifestato voto contrario tre consiglieri del Csca: l’avvocato Michele Lo Foco (esperto designato dal Ministro), Tommaso Sacchi (Assessore alla Cultura del Comune di Milano, designato dalla Conferenza Unificata alias Stato-Regioni), Giuseppe Zonno (dirigente di Rai Cinema “in quota” associazioni imprenditoriali, alias Anica).
“Tax Credit”: passa dai 541 milioni di euro del 2023 ai 413 milioni del 2024, ma il taglio riguarda soprattutto il “tax credit interno”, che scende dai 280 milioni del 2023 ai 169 del 2024 (- 40%). Il rapporto tra cinema e tv vede privilegiata la seconda: 55 su 100
A quanto è dato sapere, quindi, quest’anno, dei 696 milioni di euro del Fondo Cinema e Audiovisivo, il “Tax Credit” assorbirà 413 milioni di euro, a fronte dei 541 milioni del 2023. Si tratta di ben il 59 % del totale del sostegno pubblico al settore. Nel 2023, il “riparto” aveva previsto, sul totale di 746 milioni di euro, ben 541 a favore del “tax credit” e la quota percentuale era del 73 %. Quest’anno il “tax credit” assorbe invece 413 milioni sul totale di 700 milioni circa, e la quota percentuale scende al 59 % (con un decremento di ben 14 punti percentuali).
Un decremento senza dubbio significativo (- 24 %), ma il “taglio” più impressionante riguarda le 2 voci principali, ovvero il “tax credit” cosiddetto “interno”, che passa complessivamente dai 280 milioni di euro del 2023 ai 169 milioni del 2024.
Una riduzione di ben il 40 % del “tax credit interno”, con una rimodulazione in quote percentuali rimasta identica (e questo – riteniamo – è un errore): “tax credit” interno per il cinema passa infatti dai 100 milioni di euro del 2023 ai 60 milioni di euro del 2024, mentre il “tax credit” interno per la televisione (e web) passa dai 180 milioni del 2023 ai 109 milioni del 2024. La riduzione è del 40 % per entrambi.
Se prima (2023) il rapporto era 100 milioni “cinema” a fronte di 180 milioni “televisione” (per un totale di 280 milioni), ora il rapporto passa (2024) a 60 milioni per il “cinema” e 109 milioni per la “televisione” (per un totale di 169 milioni): con quale logica la Direzione Cinema e Audiovisivo ha proposto queste modifiche?
Sulla base di quali dati di “consuntivo”, se, ad oggi, 9 aprile 2024, non è stata resa di pubblico dominio nemmeno la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo relativa all’anno 2022?!
Di fatto, comunque, il “rapporto” tra “cinema” e televisione, al di là dei tagli, resta immutato: 55 a 100, fatto 100 la televisione. Il non aver modificato questo rapporto è sintomatico dello strapotere che ancora esercita la lobby dei televisivi, e non è casuale – come abbiamo già notato (unici tra tutti i giornalisti che seguono queste vicende) – che l’Apa (presieduta da Chiara Sbarigia, che è anche Presidente di Cinecittà e la consigliera di fiducia della Sottosegretaria Borgonzoni) abbia dapprima firmato il manifesto di convocazione della manifestazione del 5 aprile e poi si sia tirata fuori dal consesso…
Su questi dati, sarebbe necessario ed opportuno un confronto pubblico, ben oltre il flusso di parole che abbiamo ascoltato venerdì scorso al Cinema Adriano: la politica culturale si sviluppa attraverso l’economia della cultura… Che andrebbe sviluppata in modo trasparente e condiviso con gli “stakeholder”, che sarebbero poi l’intera comunità dei professionisti del cinema e dell’audiovisivo italiano.
Perché la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni non è intervenuta venerdì scorso al Cinema Adriano per spiegare, ma non soltanto per generiche linee di indirizzo, le caratteristiche della riforma e le dimensioni delle riallocazioni del Fondo Cinema e Audiovisivo?!
Ulteriore domanda “metodologica”: ma come può essere approvato un “riparto” del Fondo, senza conoscere i decreti che rimodulano le regole del sistema, dalle tipologie di “contributi selettivi” (film “commerciali” e film “artistici”) al nuovo “tax credit”, passando per le commissioni di esperti di cui nulla ancora è incredibilmente dato sapere?!
Presentata oggi la ricerca sui festival cinematografici italiani promossa dall’Afic
A proposito di “dati” (e magari di “evidence-based policy making”?!) e della necessità di assicurare al settore la massima trasparenza informativa e documentativa, va segnalato che questa mattina a Roma, presso la sede dell’Anica, è stata presentata la ricerca sui principali festival cinematografici italiani, promossa dalla Associazione Festival Italiani di Cinema (Afic), presieduta da Pedro Armocida (che è una firma – tra l’altro – del quotidiano “il Giornale” oltre che Direttore Artistico della Mostra Internazionale Nuovo Cinema di Pesaro).
La ricerca è stata realizzata grazie al sostegno della Direzione Cinema e Audiovisivo (Dgca) del Ministero della Cultura e della Società Italiana degli Autori e Editori (Siae), ed è stata affidata alla società specializzata Ergo Research (che collabora – tra gli altri – con Cinetel nel progetto CinExpert).
La mattinata è stata coordinata dal critico Giorgio Gosetti, che di Afic è stato Presidente fino a poche settimane fa (Gosetti è anche Direttore artistico Noir In Festival e delle Giornate degli Autori).
Va precisato che Afic associa soltanto una parte del totale dei festival cinematografici italiani: si tratta di 117 manifestazioni in tutta Italia. Come ha ricordato lo stesso Gosetti (citando fonti giornalistiche imprecisate) il totale dei festival cinematografici italiani può essere stimato in circa 500 su un totale di 3.000: in effeti, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale sta realizzando, in parallelo al lavoro avviato da Afic, una ricerca molto più ambiziosa, ovvero il primo inedito (mai realizzato) censimento ed anagrafe di tutti i festival italiani, non soltanto cinema, ma anche teatro, musica, danza, letteratura, eccetera, grazie ad un “progetto speciale” finanziato dalla stessa Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero.
Secondo le elaborazioni IsICult in itinere, il totale dei festival italiani è infatti intorno a 3.000 e di questi circa 500 sono “cinematografici”. Tra breve verranno rivelati i primi risultati del progetto IsICult – Mic “Italia dei Festival” (clicca qui per la “landing page” del sito web in costruzione), ma per ora si segnala che il livello di conoscenze del settore permane purtroppo molto deficitario, se è vero che l’unica iniziativa di censimento nazionale finora disponibile, avviata tra il 2016 ed il 2017 dal progetti “TrovaFestival” (che è anche l’associazione culturale omonima, coordinata da Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino) ha censito fino ad oggi soltanto circa 1.552 festival (le schede disponibili sono però meno, ovvero 1.417, non essendo dato sapere ove siano reperibili i dati delle 135 manifestazioni assenti), ed abbiamo notato che nel suo database non sono presenti – per esempio – buona parte delle manifestazioni che pure sono sostenute finanziariamente dal Ministero della Cultura. Esemplificativamente, TrovaFestival ignora, nel suo database, ben 95 del totale di 145 manifestazioni che il Ministero ha sostenuto nell’anno 2023…
Il lavoro “esplorativo” da sviluppare è veramente tanto…
La ricerca Afic ha coinvolto – nella fase di “field” – 108 festival, ma soltanto una minima parte ha fornito informazioni complete, e quindi si tratta di una indagine su un “campione” relativamente rappresentativo dell’interno universo (ovvero il “sub-universo”) degli associati Afic, che rappresentano a loro volta – si ricordi – meno di un quarto dei 500 festival cinematografici stimati da IsICult).
Senza dubbio utile l’iniziativa promossa da Afic, che pure in passato aveva tentato delle esplorazioni di questo “universo” complesso e variegato. Dal report “Cinema di oggi. Spettatori di domani” emerge tra l’altro che il Ministero della Cultura e le Regioni sono i principali finanziatori dei festival cinematografici, raggiungendo (insieme) quasi la metà dei fondi raccolti; i soggetti pubblici esprimono nel complesso oltre il 70 per cento; i ricavi da “sbigliettamento” (5 per cento) restano invece marginali; gli sponsor privati rappresentano il 17 per cento dei finanziamenti, le Fondazioni bancarie il 7 per cento e le Film Commission territoriali il 10 per cento.
La bassa percentuale dello “sbigliettamento” è dovuta in parte al fatto che spesso i festival cinematografici sono gratuiti.
Sono intervenuti durante la mattinata: Michele Casula (dominus di Ergo Research); Joana Fresu de Azevedo (Vice Presidente Afic, nonché Co-Direttrice Artistica di Sedicicorto Forlì International Film Festival); Salvatore Nastasi (Presidente della Siae); Bruno Zambardino, per la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura.
In particolare, Salvatore Nastasi ha segnalato l’esigenza di produrre più dati e ricerche, per comprendere meglio il reale funzionamento delle industrie culturali e creative italiane (ricordiamo che Siae produce lo storico “Annuario statistico”, che giungerà nel 2024 alla sua edizione n° 88, e che possiede un database ricchissimo, purtroppo non ancora utilizzato al meglio); Bruno Zambardino ha segnalato che sarebbe necessario approfondire il rapporto tra festival e pubblico cinematografico “scolastico”, ricordando gli eccellenti risultati del progetto “Cinema e Immagini per la Scuola” (Cips) condiviso tra Ministero della Cultura e Ministero dell’Istruzione del Merito (si è in attesa dei risultati dei bandi, ultimo dei quali chiuso a metà gennaio).
Dal report Afic, emerge che le principali voci di spesa dei festival riguardano per il 22 per cento il “personale” interno, per il 19 per cento le spese di “viaggio, alberghiere e ristorazione legate agli ospiti”, per il 14 per cento le “sale e attrezzature tecniche”.
Afic/Ergo/Cinetel: tra il marzo 2023 e il febbraio 2024, circa 2 milioni di spettatori sono stati alimentati (stimolati) dai festival, a fronte di 73 milioni di “admissions”
Interessante (ed assolutamente inedita) la stima Ergo sulla quantità di “visioni” concretizzatasi nell’economia dei festival (si presuppone che il dato sia riferito a tutti i festival in qualche modo intercettati da Cinetel) nell’arco di un anno (dal marzo 2023 al febbraio 2024): si tratta di un dato significativo, che attesta a 2 milioni la stima degli “atti di visione” di film “inclusi nella programmazione di un festival” nel periodo considerato, a fronte di un totale consuntivato da Cinetel di 72,7 milioni di “admissions” (si precisa che i 2 milioni stimati sono esterni rispetto al “perimetro” dei dati rilevati da Cinetel). Il 58 per cento dei 2 milioni di queste presenze è costituito dalla fascia d’età 15-34 anni. Secondo il campione degli organizzatori dei festival (campione di 41 festival che ha risposto alla specifica domanda), ogni manifestazione avrebbe circa 7mila spettatori (visioni filmiche) e qualcuno potrebbe quindi calcolare che i festival che hanno stimolato la visione siano circa 290 in tutta Italia (dato che emerge dividendo 2 milioni di “visioni” con la stima di 7mila visioni per festival), ma si tratta di elaborazione provvisoria (gli stessi autori la definiscono a rischio di “sporcizia”).
Da segnalare un altro dato… “disturbante”: circa 7 contenuti su 10 di quelli in programma nell’ultima edizione dei festival (sempre riferendosi al campione) non si trovano né in piattaforma né sono/sono stati distribuiti in sala! Il che significa che si tratta di fruizioni veramente “di nicchia”…
Tra le criticità emerse dall’indagine, il 70 per cento segnala i “tempi di pubblicazione dei bandi ministeriali”, il 68 per cento il “tempo per trovare sponsor privati”, il 48 per cento i “tempi di erogazione dei finanziamenti ministeriali”.
Nessuno dei presenti sembra essere a conoscenza che il “piano di riparto” dei 700 milioni di euro del Fondo Cinema e Audiovisivo per il 2024 non sembra prevedere alcun incremento dei fondi destinati alla “promozione” (in totale 19,4 milioni di euro) ed in particolare ai festival, che ricevono dal Ministero complessivamente soltanto 7 milioni di euro (per “premi, festival, rassegne, compreso estero”): perché questa preziosa fase della “filiera” continua ad essere trascurata e mal trattata dal Ministero, che le assegna soltanto l’1 % (uno per cento) della “torta” complessiva del Fondo Cinema e Audiovisivo?!
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.