Italia
Nel toto-nomime (Sandro Bondi Ministro per la Cultura?) siamo in molti a fare il tifo per la brava Gabriella Carlucci come Sottosegretario con delega allo Spettacolo (una domanda è frequente : “chi altro, se no?!”).
Nominare la Carlucci significherebbe evidenziare, anche simbolicamente, che la cultura e lo spettacolo non sono la “serie B” della sfera delle decisioni all’interno dell’esecutivo.
E significherebbe premiare la competenza, l’impegno, la passione. Senza dimenticare il gender femminile… Ça va sans dire!
Auguriamoci che Berlusconi dia ascolto e potere all’anima riformista liberal-liberista del Popolo della Libertà, e non ai conservatori consociativi trans-democristiani.
Nel mentre si attende, montano varie polemiche, nella italica cittadella dello spettacolo e della cultura, che è interessante ricostruire. Riassumiamo quindi le puntate precedenti.
Prima puntata (pre-elezioni)
In verità, tutto inizia il 7 aprile 2008, quando le due anime cultural-spettacolari del centro-destra, ovvero Gabriella Carlucci per Forza Italia e Luca Barbareschi per Alleanza Nazionale, organizzano una kermesse del Popolo delle Libertà, inevitabilmente elettoralistica ma di approccio bi-partisan (sui manifesti non c’è nemmeno il logotipo del nuovo partito), per presentare i progetti di riforma del settore spettacolo, al Teatro Valle a Roma. Sullo stesso palco, si sono alternati Gianni Alemanno e Michele Placido, e già questa dinamica aveva suscitato interesse in sé, anche se crediamo che l’intelligente Placido non abbia fatto parte dell’idiota schiera di quelli che un tempo urlavano “coi fasci non si parla“. Discreta rassegna stampa, e soprattutto un articolo a firma di una giornalista del “Corriere della Sera“, Giovanna Cavalli, nel quale si segnala l’atipicità dell’evento, titolando: “E Placido loda la Carlucci sul cinema: dà soldi ai giovani anziché ai marpioni“. L’articolo non era scritto però dalla firma “culturalogica” doc del giornale – pregasi qui notare – ovvero quel Paolo Conti, famoso, tra l’altro, per grandiose interviste a ministri e presidenti Rai.
Seconda puntata (post-elezioni)
Facciamola breve: il 14 e 15 aprile, vince il centro-destra, ed anche alla grande, oltre ogni pessimistica previsione della sinistra ed ottimistica della destra. Cambia il vento , nella “società culturale” italiana? Non se ha gran impressione, anche se l’attento Luca Mastrantonio, su il Riformista del 14 aprile, legge processi di mediazione – che intitola “realpolitik” – nella lettera che l’associazione Centoautori ha indirizzato al “…governo che verrà“.
Teorie sui massimi sistemi, ma poca propositività fattuale, rispetto al concreto governo del sistema della cultura
Il Riformista pubblica il 22 aprile una replica della Carlucci, intitolata Riforma radicale contro-cinesprecopoli, nella quale – cifre alla mano, e studiando la relazione della Corte dei Conti – viene evidenziata l’assenza di controlli di gestione, e l’anomalia di 9 milioni di costo del lavoro (tra dipendenti e consulenti ovvero docenti), a fronte di 11 milioni l’anno di sovvenzioni pubbliche. Ad essere precisi, l’articolo della Carlucci è una “replica” ad una “replica”. In effetti, il Riformista non aveva dedicato nessuna particolare attenzione alla kermesse del 7 aprile, se non un breve articolo il 10 aprile, ma – a una settimana di distanza – il 15 aprile, pubblica a piena pagina una… Risposta. All’intervento dell’Onorevole
Replica a cosa, giornalisticamente parlando, dato che la firma della Carlucci non era apparsa sul quotidiano?!
No, il sindacalista “replica”, in senso lato a un concetto del Carlucci-pensiero velocemente citato nell’articolo del 10 aprile
Scrive il sindacalista: “dopo aver dovuto polemizzare oltre un anno fa con l’On. Colasio (allora della Margherita, primo dei non eletti del Pd in Veneto), ci tocca ora intervenire su quest’altra sponda, opposta ma sconsolatamente simmetrica, per rilevare che a una certa classe politica sembrano interessare solo la visibilità, l’exploit polemico elettorale, il polverone mediatico: a fronte dei quali spiccano la sprovvedutezza di merito e l’ignoranza, in senso letterale, di ciò di cui parlano e che pure vorrebbero governare“. L’offensiva replica continua con una modesta difesa d’ufficio, degna di un sindacalista tradizionale: la storia del Csc, il prestigio, la Cineteca , ecc. ecc. ecc., e, naturalmente, il basso compenso medio dei dipendenti, 1.600 euro lordi al mese in busta-paga, a fronte dei cospicui emolumenti della dirigenza… Non finisce qui. L’indomani, dopo l’articolo della Carlucci (la replica alla non-replica rispetto al non-intervento), il Riformista alza il tiro: il 23 aprile, pubblica una mezza pagina, con due interventi, stesso equo spazio, ospitando una lettera piccata di Alberoni ed un articolo di Mastrantonio, nel quale il Presidente di Cinecittà, Battisti, si dichiara sostanzialmente a favore della Carlucci, ovvero delle sue istanze di trasparenza efficienza riforma (proprio lui, Battisti, anch’egli – di fatto – indiretto oggetto degli strali della Carlucci, non meno di Alberoni? autocritica tardiva post-elettorale?). Alberoni è più elegante di Musumeci, ma non meno aggressivo, e sostiene che Carlucci non sostiene il vero, accusandola addirittura di aver letto non la relazione della Corte dei Conti, ma un testo inventato… Carlucci prepara sì, questa volta, una… replica, ma il quotidiano attende fino al 29 aprile, cioè oggi, per pubblicarla (vedi Quinta Puntata).
Il 24 aprile, il Corriere della Sera dedica spazio – questa volta a firma alta, giustappunto il succitato Conti – ad una riunione tenuta da Luca Barbareschi nella Sala Tatarella, una sorta di “appendice” del convegno pubblico del 7 aprile, promosso però anzitutto dal bel Luca. Il titolo è eloquente: Barbareschi ‘chiama’ gli artisti. Gli elogi di Citto Maselli
– Maselli: “Leggo sul Corriere del 24 aprile un articolo dove, estrapolando alcune battute da due ore e quaranta di discussione nella sala Tatarella a Montecitorio in un incontro chiesto da Luca Barbareschi sui problemi dello spettacolo, si deduce – e addirittura si titola – un mio apprezzamento per le proposte di legge rese pubbliche in questi giorni dalla Carlucci. Le cose sono andate in modo opposto, dato che, fra la ventina di rappresentanti dello spettacolo che erano presenti, mi sono trovato ad essere l’unico che ha affrontato direttamente la bozza di progetto presentata dall’ attuale maggioranza, sottolineando che, a parte due righe e mezzo condivisibili sulla creatività e i nuovi talenti leggibili alla pagina due del loro documento, tutto il resto delle corpose e articolate undici pagine inviate alle associazioni le contraddiceva radicalmente, riproponendo tutte le logiche mercantili ed economicistiche contro cui l’Anac – che io lì rappresentavo – si batte da decenni. Ho anche chiarito come, dalla presidenza Mitterrand a Jacques Delors, tutta l’Europa abbia scelto la strada opposta del cinema creativo, di qualità e d’autore e che queste erano state le basi su cui non solo l’Anac ma gran parte del cinema italiano aveva finora lavorato. Che con tutta la mia ormai lunghissima storia politica e culturale possa essere oggi presentato, pubblicato e impaginato come carino e consenziente verso l’attuale maggioranza di governo mi pare sinceramente un’operazione indecente“.
– Conti:”Con tutta la antica stima e la considerazione per Citto Maselli, per il suo lavoro e per la sua storia politica personale confermo quanto ho scritto. La frase riportata non riguarda il merito della legge sul cinema ma il metodo del tavolo delle trattative. Maselli, di cui ho trascritto le parole alla sillaba, infatti non smentisce il virgolettato. Né era mia intenzione presentarlo come «carino e consenziente verso l’attuale maggioranza». In un Paese civile il confronto tra parti ideologicamente distanti è una regola, e Maselli è uomo lealmente aperto al dialogo. Senza con questo diventare «carino»“. Fin qui la cortese replica (ancora…) di Conti alla lettera di sdegnata protesta di Maselli.
Il concetto che era piaciuto a Maselli, del documento Carlucci, era: “Necessità di valorizzare il pluralismo e la più libera espressione della creatività, delle culture del territorio, delle minoranze sociali“. Verrebbe da aggiungere: noi, il 23 aprile c’eravamo, anzi eravamo stati invitati da Barbareschi ad intervenire al tavolo di presidenza, con la stessa cortesia con cui Carlucci ci aveva chiesto di moderare l’incontro del 7 aprile.
Ma se l’incontro promosso il 7 aprile era veramente aperto e convegnistico-laboratoriale, quello del 23 sembrava più un invito di Barbareschi a colloquiare con lui “personalmente”, in una situazione pubblico/privata, seminariale ma in qualche modo chiusa. Ed era giusto che venissero ascoltati i rappresentanti delle benedette “categorie”, piuttosto che dei tecnici. Siamo stati silenti, ma abbiamo potuto osservare con attenzione la delicatezza delle tesi di Maselli e finanche quelle di Purgatori, a nome della pugnace Centoautori. Sembrava quasi che due anni di centro-sinistra fossero una bolla di sapone, come se al governo ci fossero stati dei marziani, il nome di Rutelli è stato citato poche volte… Assente l’Agis, peraltro, invisa a Barbareschi, che la ritiene gestore di troppe sovvenzioni pubbliche.
Particolarmente interessante l’approccio a 360 gradi di Barbareschi, coerente peraltro con quello di Carlucci: non si può parlare di spettacolo, di teatro, di lirica, senza affrontare le interazioni all’interno del complessivo sistema industriale-commerciale-semantico dei media e della cultura, per cui si deve affrontare seriamente anche il nodo del ruolo che hanno le tlc come veicoli di contenuto. Possiamo testimoniare – comunque – che Maselli, rose o non rose, è stato veramente “carino”, sia con Carlucci sia con Barbareschi, avendo (apparentemente? temporaneamente?) sotterrato l’ascia di guerra, di lotta dura e pura. Unica polemica, durante l’incontro, quella tra il Direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia, Foti (vedi supra, “Terza puntata”), e Carlucci, la quale aveva pubblicato il giorno prima il richiamato articolo su il Riformista, identificando il Csc tra enti pubblici culturali… spreconi (ma, in verità, Carlucci aveva semplicemente reagito ad una aggressione demogico-qualunquista, anzi vetero-sindacalista, molto paleo).
Quinta puntata
“Il Riformista“ del 29 aprile pubblica la replica della Carlucci, la quale – relazione della Corte dei Conti – smentisce univocamente Alberoni, a suon di cifre cantanti e di citazioni virgolettate. Scrive la magistratura contabile, in un referto del dicembre 2007, e non la “showgirl” Carlucci, che al Csc vengono messi in atto – dal consiglio di amministrazione e dal management – “…metodi operativi non sufficienti a garantire una gestione controllata, soprattutto nella attuale fase di rilancio della Scuola e della Cineteca a livello nazionale. Inoltre, resta fermo l’avviso di questa Corte che la Fondazione debba provvedere a costituire una struttura operativa per il servizio di controllo interno finalizzato all’espletamento del controllo strategico, alla elaborazione e valutazione dei risultati della gestione” (sic).
Una vera polemica, che evidenzia come “l’imperatore sia nudo”, non appena si usano degli occhiali meno conformisti di quelli del consociativismo ecumenico che per tanti decenni ha caratterizzato il “mal governo” del sistema culturale italiano. Ma chi tocca alcuni “sancta sanctorum” delle istituzioni italiane, viene automaticamente accusato di delitti di lesa maestà: vogliamo parlare dell’Istituto per l’Enciclopedia Italiana alias Treccani o del Consiglio Nazionale delle Ricerche (sulla nomina del cui presidente Maiani la stessa Carlucci ha scatenato una polemica cruenta)?!
Chi lancia il sasso nello stagno viene presto accusato di aver gettato un sasso verso una preziosa vetrina, verso santissime teche che non possono essere disturbate, nel loro status istituzionale autoreferenziale, finalizzato anzitutto alla conservazione sopravvivenziale. Coi danari del contribuente, naturaliter, senza trasparenza e senza controlli.
Il giorno prima, su “Libero“, la onorevole Ceccacci Rubino rispondeva a Veneziani, ricordandogli che il Popolo della Libertà ha presentato proposte concrete sulla cultura, grazie a Carlucci e Barbareschi, ma anche a lei stessa, che effettivamente aveva organizzato, il 5 aprile, un convegno per la costituzione di un “Tavolo per il riordino della musica e dello spettacolo“, che non ha goduto di ricaduta giornalistica, ma che aveva visto un bell’intervento di Albertazzi (che peraltro della Ceccacci fu talent-scout).
Appendice
Il Dg del Csc, letto il nostro articolo del 24 aprile su Key4biz, scrive il 28 aprile una lettera al Direttore nella quale sostiene che lui mai e poi mai ha dato ragione a Carlucci, rispetto alla anomalia dei 9 milioni di costi del lavoro su 11 di sovvenzioni pubbliche. La precisazione di Foti viene doverosamente pubblicata, e chi scrive prende atto di aver evidentemente capito male. Un po’ come le rose di Maselli alla Carlucci, annunciate ex-post e peraltro mai consegnate… Foti non si è “ravveduto” come Battisti, e difende a spada tratta la gestione Alberoni, in una logica che ricorda quella del sindacalista Musumeci. Nulla dice rispetto al deficit di organizzazione gestione, lamentato, nero su bianco, dalla Corte dei Conti. Ma anche questo non stupisce… Musumeci difende la forza-lavoro, Foti difende il consiglio di amministrazione ed il management. Nessun spiraglio autocritico. Il Csc è bello e grande, e non si tocca, soprattutto perché il suo Presidente è stato nominato dal centro-destra. Caste e sub-caste. Principi, cantori e giullari. Amen.
Conclusioni
Attendiamo qualche giorno ancora, ovvero la lista dei Ministri che Silvio Berlusconi porterà a Napolitano e che il Presidente della Repubblica controfirmerà.
L’attenzione della comunità dei professionisti della cultura – artisti e imprenditori, protetti e precari – è altissima.
C’è più aspettativa nel settore spettacolo e cultura che in quello della tv e dei media, perché si prevede che la poltrona del Ministero per le Comunicazioni (o di quello che ne rimarrà dopo l’accorpamento al Ministero delle Attività produttive) non venga assegnata ad un rivoluzionario militante dell’Italia dei Valori o di Articolo 21, e quindi non vi sarà sconvolgimento dell’assetto in essere. Su queste delicate tematiche, si segnala una lettura eterodossa, fresca di stampa: “Il baratto. Il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi tra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta“, del radicale anticlericale Michele De Lucia. Ci limitiamo a citare il titolo.
Nel settore spettacolo e cultura, per una volta, si respira un’aria nuova, come quella che portò Veltroni, nel 1996, alla poltrona di vice-premier con delega allo spettacolo.
La stagione delle riforme del centro-sinistra è infatti evidentemente finita a livello nazionale, e le elezioni romane hanno anche segnato la fine della lunga fase dell’effimero istituzionalizzato a livello metropolitano, e la definitiva messa in crisi del tanto decantato “modello Roma” (un grande “bluff”, come intitola un bel libro di Marcucci, ex portavoce del Ministro Urbani, uscito in queste settimane per i tipi di Rubettino)
Che in questa grande confusione e nel terremoto imminente (che accadrà in Rai?! Petruccioli si ricandida, ma certo non sarebbe l’uomo del rinnovamento), ci siano curiose oscillazioni, si assista a convergenze inedite, è solo sintomo di una bel rimescolamento di carte, che – se non verrà gestito conservativamente, con le solite logiche passatiste – non potrà non determinare una nuova stagione della cultura italiana, ovvero una nuova politica culturali per il nostro Paese.
Per consentire la cura di alcune patologie, come sostiene giustamente il giurista siciliano Michele Ainis, nel suo saggio “Stato matto. L’Italia che non funziona (e qualche proposta per rimetterla in moto)”, edito a fine 2007 da Garzanti, che dedica pagine preziose a queste tematiche, nel capitolo “Cultura”.
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Angelo Zaccone Teodosi, Presidente di IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale
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