Qual è lo stato di salute del cinema italiano, nell’economia complessiva del sistema culturale nazionale?
Non buono (come andiamo sostenendo – “vox clamantis in deserto” – da molto tempo), e se ne avrà conferma domani mattina, mercoledì 10 gennaio 2024, allorquando la società che cura le rilevazioni dell’andamento del mercato “theatrical” rivelerà in dati di consuntivo relativi al “box office” nel corso dell’anno 2023: in verità, Cinetel – la società controllata dall’associazione dei produttori e distributori (Anica, presieduta da Francesco Rutelli) e degli esercenti (Anec, presieduta da Mario Lorini) – ha già diramato, l’ultimo giorno dell’anno, un comunicato stampa che rivela alcuni dati, non confortanti, che curiosamente non sono stati rilanciati da quasi nessuna testata giornalistica (basti osservare che il confindustriale “Il Sole 24 Ore” ha dedicato soltanto un trafiletto di poche righe nell’edizione di martedì 2 gennaio)…
Complice la distrazione da euforia da Capodanno, è comprensibile che i dati sintetici sul 2023 non abbiano attratto l’attenzione dei media, ma è verosimile che sui giornali di dopodomani (giovedì 11 gennaio) una qualche ricaduta ci sarà, grazie ad un set di informazioni più completo.
I dati anticipati non sono esattamente confortanti: 495 milioni di euro al “box office” e 70,5 milioni di presenze (ovvero biglietti venduti) nel 2023…
Bicchiere mezzo pieno: aumento degli incassi del 62 % rispetto al 2022…
Bicchiere mezzo vuoto: incassi in calo di circa il 16% rispetto alla media del triennio 2017-2019…
Consuntivo “box office” Italia 2023: + 59% biglietti venduti rispetto al 2022, – 23 % rispetto al triennio 2017-2019
In un mercato “post-pandemico” tornato per il primo anno – per così dire – alla “normalità”, i cinematografi italiani hanno registrato nel 2023 un incasso complessivo di circa 495 milioni di euro, per un numero di presenze pari a circa 70,5 milioni di biglietti venduti.
Si tratta di un risultato superiore al 2022 (+ 62 % incassi e + 59 % presenze), ma di un decremento del 16% degli incassi e del 23% delle presenze rispetto alla media del triennio 2017-2019.
Il dato essenziale sul quale soffermarsi è quel – 23% di presenze nel 2023 rispetto al triennio pre-Covid: di fatto, in Italia s’è “perso” 1 spettatori su 4 di quelli che andavano al cinema prima della pandemia…
Già immaginiamo che però domani mattina la sempre ottimista Sottosegretaria leghista alla Cultura, la senatrice Lucia Borgonzoni, sosterrà che si tratta di risultati… “eccezionali”, che la situazione è… “eccellente”, e che… “grandioso” è stato l’esito della campagna promozionale “Cinema Revolution” da lei sostenuta con tanto entusiasmo… Etcetera.
Lungi da noi pretendere di raffreddare (con un po’ di sano pessimismo della ragione) cotanto entusiasmo della volontà (è vero che nel 2023 c’è stato un significativo recupero della stagione estiva, con valori superiori al triennio 2017-2019), ma riteniamo – come andiamo sostenendo da anni – che sarebbe preferibile non alimentare la costruzione di simpatiche versioni distorte della realtà, attraverso un uso strumentale dei dati: vedere sempre e comunque il bicchiere “mezzo pieno” – anzi arrivare a sostenere che sia addirittura “pieno” – è esercizio manipolatorio.
È vera manipolazione, anzi falsificazione ideologica, esaltarsi per il risultato del film campione di incasso dell’ultimo anno, qual è “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi: si tratta senza dubbio di un ottimo incasso (il film ha superato nei giorni scorsi anche il “box office” totale del fenomeno “Barbie”), ma se si osserva quel che c’è… dietro, ovvero… oltre ed intorno, questo dato… emerge una realtà deprimente.
Cinema “made in Italy”: soltanto 18 milioni di biglietti venduti sul totale di 71 milioni; incassi per solo 120 milioni di euro (su un totale di 495), di cui ben 33 milioni per “C’è ancora domani”
Secondo i dati Cinetel, le produzioni italiane (incluse le co-produzioni) hanno registrato un incasso di circa 120 milioni di euro (sul totale di 495 milioni di euro), per un numero di ingressi pari a circa 18 milioni di biglietti venduti (sul totale di 70,5 milioni di biglietti).
Si ricordi che i dati Cinetel coprono oltre il 90 % del totale di mercato… In effetti, soltanto la Siae – Società Italiana Autori e Editori può fornire dati completi sull’intero “box office”, ma purtroppo li pubblicizza con grande ritardo. Secondo il report per l’anno 2022 di Cinetel (presentato il 10 gennaio 2023), il totale del “box office” sarebbe stato di 307 milioni di euro.
Secondo lo storico “Annuario statistico” della Siae per l’anno 2022 (pubblicato il 12 ottobre 2023), il totale degli incassi da biglietti è stato invece di 333 milioni di euro. Va segnalato – per gli appassionati di metodologia – che, fino ai dati relativi all’anno 2021, Siae rendeva noto anche il dato della cosiddetta spesa “complessiva” degli spettatori, segnalando anche la “spesa altra”, ovvero la spesa in biglietti di accesso alla sala più la spesa per le consumazioni, a partire dal classico pop-corn: dato modesto per l’anno 2021 (circa 9 milioni di euro, a fronte dei 177 milioni di euro da sbigliettamento), ma assai più significativo nel periodo pre-Covid (e quindi verosimilmente anche nel 2023, anno 1° della ripresa a pieno ritmo dei consumi), se si osserva che nel 2019, a fronte di 667 milioni di euro da biglietti, si registravano ben 124 milioni di ricavi da “altra spesa”, per un totale di 791 milioni. Ne derivava che, fatto 100 il totale dei ricavi dell’esercente, l’85 % veniva da biglietti ed il 15 % da spesa altra. Se l’anno 2023 avesse riprodotto sostanzialmente lo stesso rapporto percentuale tra le due fonti di ricavo (85 / 15 %), gli esercenti dovrebbero aver ricavato 495 milioni di euro da biglietti + 87 milioni di euro da spesa accessoria, per un totale di 582 milioni di euro (rispettivamente l’85 % ed il 15 %).
La stima IsICult sul totale dei ricavi degli esercenti nel 2023 è quindi complessivamente di 582 milioni di euro.
Non si comprende la ragione per la quale la Siae (ovvero Cles srl ed Aec, i soggetti cui è stata affidata l’edizione 2022 dell’“Annuario”) nel 2023 ha deciso di omettere questo secondo dato – ovvero la spesa in pop-corn e altre consumazioni –, che pure ha una sua evidente significatività nell’economia complessiva del settore “esercizio” (su questo paradossale “salto all’indietro” nelle elaborazioni socio-statistiche della Siae, si rimanda al nostro intervento del 12 ottobre 2023 su “Key4biz”: “La Siae certifica che il 2022 è stato l’anno della ripresa per i consumi di spettacolo (ma rapporto asettico)”).
Considerando il dato completo su base annua di fonte Siae (ricavi solo da biglietti)), si ricorda che questo è stato l’andamento dell’ultimo quinquennio: 590 milioni di euro di incassi nel 2018, 682 milioni nel 2019, 195 milioni nel 2020, 185 milioni nel 2021, 333 milioni nel 2022.
Applicando al dato dell’anno 2023 la stessa quota percentuale del “rapporto Cinetel su Siae” del 2022, si può stimare quindi che nel 2023 il totale della spesa in biglietti (totale “universo”) sia stata complessivamente di 535 milioni di euro (stima IsICult). Un valore 2023 corrispondente a – 21 % rispetto al dato del 2019 (ovvero 535 milioni di euro nel 2023 a fronte dei 682 milioni del 2019).
Focalizzandoci sui dati Cinetel e sull’andamento del “made in Italy” nel 2023, il “cinema italiano” ha registrato una quota del 24 % in termini di incassi ed una quota del 26 % sul totale delle presenze.
Queste quote percentuali che, però, “al netto” dei 33 milioni di euro di incasso del film di Cortellesi, scendono, e non di poco: i film italiani – senza “C’è ancora domani” – avrebbero un incasso totale di 89 milioni di euro, corrispondenti ad una quota percentuale del 18 %.
Si noti che, del totale di 18 milioni di spettatori di film italiani, ben 5 milioni sono stati assorbiti dal film di Cortellesi: una quota corrispondente a circa il 28 % del totale.
In sostanza (ed in sintesi), sul totale degli spettatori cinematografici, nel 2023 coloro che hanno scelto un film italiano sono stati 1 su 4. Dato che scenderebbe a 1 su 5, se si calcolasse il numero “al netto” del gran successo di Cortellesi.
I 3 film che in generale hanno registrato il migliore risultato di incasso al “box office” italico sono stati “C’è ancora domani” (quasi 33 milioni d’incasso), “Barbie” di Greta Gerwig (32,1 milioni) ed “Oppenheimer” di Christopher Nolan (27,9 milioni).
Nella “Top 3” dei film di produzione italiana, oltre al film di Cortellesi, ci sono anche “Me contro Te Il Film – Missione giungla” per la regia di Gianluca Leuzzi (4,8 milioni) e “Tre di troppo” di Fabio De Luigi (4,7 milioni).
Scrivevamo su queste colonne, nell’ultima edizione del 2023 della rubrica IsICult “ilprincipenudo” (vedi “Key4biz” del 22 dicembre 2023, “Effetto Natale, tutti (o quasi) sembrano rimuovere i problemi gravi delle industrie culturali e creative italiane”): « Lo scenario del cinema e della televisione mostra criticità gravi in Italia, ma pochi sembrano averne coscienza, ubriacati da effimeri entusiasmi: come commentare l’ennesima sortita della Sottosegretaria sempre sorridente delegata al cinema e all’audiovisivo, che esulta per una pre-nomination del film di Matteo Garrone “Io Capitano” verso l’Oscar, facendo finta di ignorare che si tratta di un semplice primo passo su un percorso accidentato ed in salita? E non spende una parola, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, rispetto alla quota di mercato del cinema italiano in sala, che resta bassa assai, nonostante la grancassa del successo eccezionale del film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”. Si esulta perché forse tra qualche settimana il “box office” sancirà che il film di Cortellesi avrà forse superato l’incasso in Italia di “Barbie”: bene, ne siamo tutti lieti, ma – ripetiamo – una rondine non è sintomatica di una primavera, e… che dire di tutto il resto del cinema italiano?!
La manna delle sovvenzioni statali, assegnata a pioggia, determina la sovrapproduzione di titoli cinematografici la gran parte dei quali resta avvolta dal mistero
Che dire di una assurda sovrapproduzione di titoli, determinata dalla manna delle sovvenzioni statali, che non vengono accolti dal mercato?
Molti di questi film non escono nemmeno in sala, e, quando escono, registrano incassi modesti, se non penosi…
Vengono ignorati dalle emittenti televisive e dalle piattaforme.
Si attendono ancora le novelle prospettive che dovrebbero essere determinate dalla più volte annunciata riforma del “tax credit”, ovvero da una qualche limitazione all’accesso alla “droga” che ha sì determinato la “piena occupazione” dei lavoratori del settore (con incosciente gioia anche dei sindacati), ma senza rendersi conto che, se lo Stato staccasse la spina, si assisterebbe al crollo di un grande “castello di carte” (alcune di queste “carte” sono peraltro simpaticamente artefatte e manipolate, come si spera verrà prima o poi dimostrato dalla Guardia di Finanza e dalla Magistratura). »
Dunque… a distanza di un paio di settimane da quel che scrivevamo, emerge che: senza dubbio “C’è ancora domani” ha superato “Barbie” nel “box office” (33 milioni vs 32 milioni di incasso); e certamente continua la corsa di Matteo Garrone verso gli Oscar, ma va registrata la delusione per l’assenza di premi per “Io capitano” ai “Golden Globes 2024” (81ª edizione) assegnati ieri lunedì 8 gennaio 2024 a Los Angeles (il premio per il “miglior film non in lingua inglese” è stato assegnato al francese “Anatomia di una caduta” di Justin Triet)…
Domani mattina, presso il rinnovato Cinema Barberini di Roma, verranno rivelati dati certamente utili sulla situazione del cinema in Italia: sarà interessante comprendere che risultati hanno registrato centinaia di titoli che sono stati prodotti grazie alla “manna” ministeriale (sarebbe non meno interessante seguire il loro percorso anche sulle emittenti televisive e le piattaforme, quantità di ore di trasmissione ed audience, ma purtroppo da anni il Ministero della Cultura non si avvale più di una qualificata struttura specializzata come lo Studio Frasi di Francesco Siliato, gran maestro nell’analisi dei dati Auditel e altri ancora)…
Si tratta di opere ammantate di mistero.
Invisibili. Inesistenti, se non per le pratiche amministrative del Ministero, e per le casse dello Stato… generoso e noncurante.
In Italia, ormai soltanto 1 spettatore su 4 sceglie il cinema “made in Italy”
E domani mattina al Barberini si potrà toccare con mano quanto debole sia attualmente la capacità di “appeal” del cinema nazionale, nonostante la massiccia iniezione di risorse pubbliche nel sistema: in effetti, è impressionante osservare come, a fronte di oltre 750 milioni di euro di intervento annuale dello Stato nel settore, soltanto 1 spettatore su 4 sceglie il cinema “made in Italy”.
Lo squilibrio estremo nella allocazione delle risorse statali – troppo danaro alla fiction televisiva (a svantaggio del “cinema-cinema”), troppo danaro alla produzione (a svantaggio di tutte le altre “fasi” della “filiera”, in primis l’esercizio e la promozione) – determina una sovrapproduzione di titoli, la gran parte dei quali resta invisibile…
Purtroppo, Cinetel non potrà rivelare la vera verità dell’assetto economico del sistema (peraltro, non è questo il suo compito), e non contribuirà a far comprendere come l’attuale sistema di sostegno pubblico al cinema e all’audiovisivo non abbia rafforzato la struttura industriale del settore: resta modesta la vocazione al rischio, resta marginale il capitale di rischio delle imprese. Resta complessivamente debole la capacità dello Stato di estendere realmente – a livello di fruizione – lo spettro del pluralismo espressivo: a che serve produrre così tanti film, se poi non li va a vedere nessuno?! Non si coltiva certamente così l’“audience development”, non si stimola così la “democrazia culturale”…
Il sistema cine-audiovisivo italiano è troppo assistito dallo Stato, e – soprattutto – è assistito male
Il cinema italiano continua ad arrancare sia dentro i confini nazionali sia all’estero, nonostante anche su questo secondo fronte ci siano continui tentativi (promossi dagli imprenditori cinematografici dell’Anica e dai televisivi dell’Apa) di forzate letture ottimistiche della realtà.
Basti osservare come sia stato soltanto l’IsICult a notare – unica voce in materia – che la crisi italica non riguarda soltanto il segmento “theatrical”, ma anche l’export audiovisivo sui canali televisivi e finanche sulle tanto decantate piattaforme (che, secondo una lettura strumentale dei dati, sarebbero veicoli di grande disseminazione internazionale delle produzioni audiovisive “locali” ovvero nazionali, il che non corrisponde a verità): qualche settimana fa, sempre su queste colonne (vedi “Key4biz” del 19 dicembre “Da Netflix a Cinetel: quando i numeri producono qualche confusione”), abbiamo dimostrato come sia penosa la quota di “audience” di film cinematografici e di fiction televisiva prodotti in Italia sul totale delle “ore viste” sulla piattaforma Netflix: lo 0,3 % sul totale del monte ore di fruizione (rispetto ai primi 1.000 titoli per quantità di ore, nel primo semestre del 2023).
Perché continuare in questa messinscena di autocompiacimento sulla bontà dell’intervento governativo e sulle sorti magnifiche e progressive del settore?
Serve maggiore trasparenza di dati.
Serve maggiore onestà intellettuale e politica.
Serve capacità autocritica.
Serve coraggio per uscire dalle sabbie mobili dell’inerzia conservativa, di cui beneficia da anni una schiera di protetti oligarchi (e di società di produzione per lo più controllate da gruppi mediali stranieri).
Alcuni dati di consuntivo “box office” cinema 2023 di altri Paesi: in Germania, 87 milioni di spettatori (e 859 milioni di euro di incassi); in Spagna, 75 milioni di spettatori (e 488 milioni di euro di incassi)… entrambi oltre il livello italico di 71 milioni di biglietti venduti dell’Italia…
In Europa, brilla ancora la Francia, ovvero il “modello francese”: ben 181 milioni di spettatori! Un valore corrispondente a + 155 % rispetto ai 71 milioni di spettatori del nostro Paese.
Da segnalare che il decremento, rispetto al triennio pre-pandemico (2017-2019) è soltanto del 13 %, a fronte del 23 % dell’Italia: quindi la Francia continua a mantenere alto il livello della fruizione (oltre 1 volta e mezza in più rispetto all’Italia) ed è riuscita a recuperare meglio nel post-Covid (soltanto un “delta” del -13 % a fronte del -23 % dell’Italia).
E la quota di mercato dei film francesi è nell’ordine del 40 % (a fronte del 23 % dei film italiani in Italia)…
Conclusivamente, a fronte dei 18 milioni di spettatori di film italiani in Italia… in Francia gli spettatori di film francesi sono stati nel 2023 ben 72 milioni: in sostanza, un rapporto di 4 ad 1 rispetto all’Italia!
Ma domani mattina la Sottosegretaria Borgonzoni festeggerà comunque?
Due consigli di lettura: il dossier sul “tax credit” del mensile “Prima Comunicazione” e il pamphlet dell’avvocato Michele Lo Foco “Morte del cinema italiano”
Da segnalare – per i lettori più appassionati e gli operatori del settore meno addomesticati – due letture interessanti…
Il dossier dedicato al “tax credit” pubblicato dal mensile “Prima Comunicazione” (diretto da Alessandra Ravetta), richiamato in copertina con un Giancarlo Giorgetti Ministro dell’Economia e Finanze che manifesta un “Adesso basta!” (in edicola dal 31 dicembre 2023). La curatrice del dossier, la giornalista specializzata Anna Rotili, propone una lettura complessivamente positiva (e benevola) delle dinamiche in atto, senza però (auto)censurare le varie e variegate criticità del settore, e propone una analisi sintetica complessivamente efficace. Ricorda dati impressionanti, tra i quali: il totale del credito di imposta utilizzato dai produttori dal 2018 fino al 2022 ammonta a 1,5 miliardi di euro, ma si noti come ben 900 milioni di euro abbiano finanziato serie tv (e web) e 600 milioni film cinematografici di finzione… Cifre che avrebbero suscitato nel Ministro Giorgetti un discreto allarme, per quanto ovviamente di intensità ben minore rispetto alle cifre (enormi) del “super-bonus” a favore dell’edilizia…
Scrive tra l’altro Rotili che, rispetto a Lucia Borgonzoni, “Sangiuliano non la voleva come sottosegretaria, né tantomeno all’audiovisivo, ma ha dovuto abbozzare per imposizione del vice premier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, grande elettore di Borgonzoni, la quale ha continuato ad esercitare il suo ruolo in grande autonomia, prendendo iniziative senza mai coinvolgere il ministro”. E siamo lieti che anche lei segnali l’evidente conflitto di interessi (da noi per primi evidenziato) scaturito dalla elezione di Chiara Sbarigia (di cui la Sottosegretaria è “molto amica”, precisa), Presidente di Cinecittà (controllata da Mic e Mef), alla guida dell’Associazione dei Produttori Audiovisivi – Apa…
Toni ben più critici e severi nel libro, fresco di stampa, firmato da uno degli avvocati italiani più specializzati nel settore cinematografico-audiovisivo e dello spettacolo, qual è Michele Lo Foco, in un pamphlet dal titolo netto e duro (nella sua esagerazione polemica): “Morte del cinema italiano”, sottotitolo “Come la sinistra ha distrutto uno strumento della cultura italiana”, pubblicato per i tipi di Brè Edizioni di Treviso (298 pagine, 15 euro; 5 euro l’e-book). Si tratta di una raccolta di decine di articoli giornalistici pubblicati su varie testate giornalistiche, negli ultimi due anni. Lo Foco è una delle poche voci che, da anni, critica in modo aspro ma ragionevole la cosiddetta “Legge Franceschini” (la n. 220 del 2016): “Lo Stato, grazie a Franceschini, è diventato l’unico produttore cinematografico del territorio mentre, gli altri, soprattutto i produttori faccendieri, si sono trasformati in ingranaggi per arrivare a dama, che sono sempre e solo i soldi statali (…) A coloro che, come me, avevano lavorato per decenni nel settore, apparve subito chiaro che quella legge era solo uno strumento politico, e avrebbe demolito la qualità. Inoltre la mancanza inevitabile di controlli avrebbe consentito, come ai tempi di Veltroni, il saccheggio delle finanze statali”.
E conclude, nella introduzione al volume: “(…) basta un Oscar solitario o un film gradito dal pubblico per cancellare ogni disagio e ogni critica, mentre il settore, che coinvolge centinaia di migliaia di operatori, avrebbe bisogno di ben altro che non della cecità statale. Veltroni e Franceschini hanno, con la collaborazione di qualche ministro inefficiente sotto tutela, come Bondi, trasformato il cinema in un bancomat fantasioso e immateriale, e non possiamo che augurarci che da questa base, con un nuovo ministro, possa ripartire una nuova coscienza e un nuovo fare, che si traduce, in greco, con il termine: poesia”.
Condivisibile l’auspicio di Michele Lo Foco: che si superi finalmente la perdurante e prevalente “cecità statale”.
Serve trasparenza. Serve autocritica. Serve anticonformismo. Serve coraggio.
La “Legge Franceschini” va riformata radicalmente, e ben oltre l’annunciata revisione del “tax credit”.
L’establishment autoconservativo del cinema italiano va scardinato, gli storici poteri forti vanno destrutturati, la allegra compagnia di giro va rinnovata…
[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.