Sempre più persone guardano ai cambiamenti climatici come ad una minaccia seria, ma allo stesso tempo sono sempre di più le persone che dimostrano di possedere delle conoscenze di alfabetizzazione climatica (climate Literacy) sempre più scarse.
Secondo quanto emerge dalla seconda indagine Allianz Climate Literacy Survey, condotta per verificare le conoscenze delle tematiche legate al clima e delle politiche climatiche in otto paesi – Italia, Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Regno Unito e Stati Uniti -, il 76,8% degli intervistati condivide le preoccupazioni per le conseguenze del riscaldamento globale. In Italia, questa percentuale è più alta: l’86,7%. Tra tutti gli intervistati – l’indagine è stata condotta all’inizio di ottobre intervistando un campione rappresentativo di 1000 persone in ciascun Paese – tali preoccupazioni sono condivise senza distinzione tra le diverse fasce di età.
Paradossalmente, l’elevato livello di preccupazione non va di pari passo con un livello di informazione maggiore: soltanto il 7,9% degli intervistati ha dimostrato di essere veramente a conoscenza delle tematiche legate al clima, cioè di avere un’elevata sensibilizzazione in materia climatica. Di contro, la quota di intervistati con scarsa sensibilizzazione si attesta al 48,2% del campione totale analizzato. In Italia, la conoscenza sui cambiamenti climatici è diminuita significativamente: la percentuale degli intervistati con un basso livello di competenze è salita al 51,5% in aumento di 22 punti percentuali (29,4% nel 2021 nei cinque Paesi allora presi in esame).
La bassa alfabetizzazione climatica va di pari passo con un crescente disinteresse riguardo agli impatti dei cambiamenti climatici. Ad esempio, solo il 50% degli intervistati (Italia: 54,0%) si è dichiarato consapevole della minaccia di danni irreversibili in caso di aumento delle temperature superiore a 1,5°C, mentre due anni fa questa percentuale era del 67% nei cinque Paesi presi in esame. Inoltre, solo il 31% degli intervistati (Italia: 29,4%) è consapevole della necessità di una drastica riduzione delle emissioni climalteranti.
“I risultati ci hanno profondamente colpito in negativo, osservando come il già basso livello di conoscenze climatiche stia ulteriormente diminuendo – ha dichiarato Ludovic Subran, Chief Economist di Allianz – Le informazioni sui cambiamenti climatici non mancano. Le notizie ne parlano praticamente ogni giorno, che si tratti di eventi meteorologici estremi o di nuove misure di politica climatica o di manifestazioni di protesta. Tuttavia, proprio questa presenza costante potrebbe produrre un effetto contrario: molte persone infatti sembrano reagire alle notizie quotidiane con indifferenza o ignoranza. Questo fenomeno di stanchezza rispetto alle tematiche climatiche è allarmante”.
Gli esiti del sondaggio
Soltanto il 7,9% degli intervistati ha dimostrato di avere elevate conoscenze sui cambiamenti climatici. Di contro, la percentuale degli intervistati con basse conoscenze è del 48,2% sul totale del campione; l’Italia (al 51,5%) si colloca a metà della graduatoria. Rispetto all’indagine del 2021, che era stata condotta solo in Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, la percentuale di partecipanti con un basso livello di sensibilizzazione in materia climatica è aumentata significativamente di 22 punti percentuali in Italia; una situazione analoga si riscontra in Francia, Germania e Regno Unito. L’unica eccezione è rappresentata dagli Stati Uniti, dove questa percentuale è sostanzialmente invariata, rimanendo comunque su un livello basso.
Elevato livello di ansia climatica
Mentre la conoscenza scarseggia, il livello di ansia climatica è elevato. Il 76,8% di tutti gli intervistati si è dichiarato preoccupato (ansioso) o addirittura allarmato (molto ansioso) per i cambiamenti climatici e per le loro conseguenze. L’Italia (86,7%) e il Brasile (86,1%) hanno registrato le percentuali più alte. Negli Stati Uniti, “solo” due terzi degli intervistati si sono dichiarati (molto) ansiosi. D’altra parte, il 12,6% degli intervistati statunitensi, ossia la percentuale più alta nell’indagine, ha addirittura negato l’esistenza del cambiamento climatico. Contrariamente a quanto riportato in letteratura, lo studio condotto da Allianz non ha evidenziato differenze significative tra le generazioni: l’età non è un fattore predittivo dello stress climatico, né è statisticamente significativa.
È interessante notare che esiste solo una debole correlazione tra ansia o stress climatico e sensibilizzazione in materia climatica. Poco meno di un terzo degli scettici ha una conoscenza basilare del cambiamento climatico e continua comunque a negarlo. Allo stesso modo, all’estremo opposto, poco meno della metà delle persone che si sono dichiarate allarmate ha una conoscenza minima o nulla del cambiamento climatico. Anche un’altra componente, spesso trascurata, contribuisce a creare una paura diffusa: l’emotività e, di conseguenza, l’impulsività.
Populismo climatico in crescita
Una risposta impulsiva al cambiamento climatico – unita a un livello complessivamente basso di sensibilizzazione in materia climatica – è un’arma a doppio taglio. L’impulsività infatti può essere usata sia a favore che contro il cambiamento climatico e ciò rende la politica climatica suscettibile al populismo, semplificando questioni complesse e generando posizioni polarizzate e contrapposte. Come abbiamo visto durante la pandemia, la chiave di questa strategia è sconfessare gli esperti, in quanto il cambiamento climatico tende a essere pubblicizzato come una questione tecnica e viene inquadrato come un’emergenza.
I segnali di cedimento sono già visibili. Recentemente, molti Paesi hanno ridimensionato i loro obiettivi climatici. Si può già notare che i Paesi con una più ampia quota di voti populisti nelle ultime elezioni tendono ad avere una performance climatica inferiore.
“Il 2024, un anno molto importante per le elezioni, potrebbe rappresentare un crocevia per le politiche climatiche – ha affermato Patricia Pelayo Romero, Economist, Insurance e Esg di Allianz – Per mantenere queste politiche allineate con gli obiettivi di Parigi occorre adottare un approccio basato su tre criteri: continuare a fornire alle imprese e alle famiglie segnali chiari circa il proseguimento della transizione ecologica; combinare il perseguimento costante degli obiettivi con misure di tutela sociale altrettanto costanti per la transizione verde; e da ultimo, ma non meno importante, intensificare l’impegno per una maggiore sensibilizzazione in materia climatica, anche se, o piuttosto perché, l’impulsività gioca un ruolo importante nelle questioni climatiche”.