Nanoplastich e Parkinson, la ricerca pubblicata su Science
I rifiuti di plastica hanno invaso il pianeta. Si trovano in mare, nei fiumi, nei laghi, in ogni ambiente terrestre, perfino nella pioggia o nella neve. Col passare del tempo il materiale inizia a degradarsi in parti sempre più piccole, chiamate microplastiche (diametro inferiore a 5 mm), ma anche di dimensioni piccolissime, le nanoplastiche (meno di 1 micrometro).
Diversi studi hanno già dimostrato che questi frammenti piccolissimi di plastica possono entrare nel nostro corpo, nel sangue e in diversi organi vitali, tra cui il cervello, superando la barriera protettiva emato-encefalica, arrivando ad aggredire in singoli neuroni.
Una nuova ricerca, dal titolo “Anionic nanoplastic contaminants promote Parkinson’s disease–associated α-synuclein aggregation”, pubblicata sulla rivista scientifica Science Advanced, ha scoperto che le nanoplastiche sono anche in grado di causare malattie particolarmente gravi, fino ad indurre cambiamenti nel nostro cervello simili a quelli che produce il Parkinson e altre forme di demenza, anche precoce.
Il Parkinson induce disturbi neurobiologici molto gravi, causando la morte di cellule nervose specializzate nel controllo dell’attività motoria.
Nanoplastiche e la proteina alfa-sinucleina
Le nanoplastiche presenti nell’ambiente in cui viviamo possono interagire con una proteina chiamata alfa-sinucleina che svolge un ruolo chiave nella comunicazione intercellulare all’interno di ogni cervello, arrivando a cambiarla, secondo i ricercatori.
Il cambiamento in questione favorisce l’aggregazione di proteine in grande quantità nei neuroni, che è una situazione tipica riscontrabile nel morbo di Parkinson (fibrille anormali di alfa-sinucleina).
Come spiegato su theconversation.com, normalmente l’alfa-sinucleina è riciclata dalle cellule nervose, se in quantità sostenibile, ma quando la proteina si aggrega il meccanismo si interrompe o funziona male.
La sperimentazione da cui ha preso vita la ricerca è stata condotta su cavie da laboratorio esposte alle nanoplastiche di polistirene (usato per produrre, ad esempio, i comuni bicchieri di plastica).
È stato inoltre scoperto che le nanoplastiche possono promuovere da sole la formazione di fibrille di alfa-sinucleina nelle cellule nervose.
Si stinge il rapporto tra plastica e insorgenza di malattie nell’uomo (e non solo)
Si tratta di studi preliminari e gli stessi ricercatori invitano tutti alla cautela, di risultati definitivi non ce ne sono ancora, ma le prove fin qui raccolte sono molto significative.
Oggi la ricerca sta studiando il rapporto evidentemente stretto tra rifiuti di plastica e malattie, tra cui anche il tumore. Il problema è che con molta probabilità la plastica ha un impatto sulla nostra salute molto più ampio e profondo di quanto già appreso.
Per capire la portata della minaccia che la plastica rappresenta ormai non solo per l’essere umano ma per tutti gli altri viventi, basta ricordarsi che anche nella più remota isoletta del Pacifico si possono trovare 4 miliardi di particelle di plastica, tra micro e nano, in soli 5cm di spiaggia.