L’Antitrust, la Class Action e ‘l’indulto’ nelle TLC. Strumenti adatti a tutelare i consumatori o boomerang?

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di Fulvio Sarzana di S.Ippolito

Italia


Fulvio Sarzana

Il Garante per la concorrenza e il mercato (l’Antitrust) ha presentato il 24 giugno  la tradizionale Relazione annuale affrontando anche il tema della concorrenza e della tutela dei consumatori nel settore delle telecomunicazioni.

 

Fra i punti di forza che il garante ha segnalato nella Relazione vi sono i programmi di clemenza e il ricorso alla cd Class Action.

 

Su cosa si basano questi programmi di clemenza?

 

I programmi di clemenza e premiali nel sistema antitrust (anche delle telecomunicazioni quindi) sono stati introdotti nel 2006 dal decreto Bersani sulle liberalizzazioni (poi convertito in legge)

 

Queste norme consentono  alle imprese di presentare, entro tre mesi dalla notifica dell’apertura di un’istruttoria, “impegni idonei a eliminare i profili concorrenziali oggetto dell’istruttoria”. L’Autorità, valutatane l’idoneità, può rendere tali impegni obbligatori e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

Inoltre, in conformità all’ordinamento comunitario sui “programmi di clemenza”, l’Antitrust  può ridurre o evitare l’irrogazione  della sanzione amministrativa pecuniaria prevista per le intese restrittive della concorrenza, valutando la collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento dell’infrazione.

 

Con la prima norma in particolare è stato introdotto qualcosa a metà strada tra il ravvedimento operoso (un vero e proprio pentimento) delle imprese oggetto dell’istruttoria  e l’indulto.

 

In pratica l’impresa responsabile, ad esempio, di abuso di posizione dominante ha la possibilità, fino alla chiusura del procedimento, di “pentirsi” del proprio comportamento (per il futuro però) e di evitare non solo la sanzione ma l’accertamento stesso dell’infrazione realizzando un “patteggiamento” che esclude alla radice l’attività illecita, che quindi  si presume non sia mai esistita, in virtù degli impegni a “comportarsi bene” di lì in avanti.

 

La Class Action

 

Il Garante, nella relazione annuale, rivendica orgogliosamente anche il sostegno all’introduzione della cd class action.

C’è però qualcosa che non torna tra l’adozione dei programmi di clemenza e la class action.

 

Da un lato infatti si applicano norme che consentono alle imprese (quando oramai l’illecito concorrenziale si è già prodotto) di presentare impegni che fanno letteralmente “scomparire” in radice l’esistenza stessa dell’illecito e dall’altra si da spazio ad una azione che non tiene conto dell’impatto degli impegni sugli aspetti risarcitori per i consumatori e le imprese.

 

Che succede se i cittadini presentano una class action ad esempio nei  confronti dell’operatore di telecomunicazioni dominante per le bollette gonfiate   e il Garante per la concorrenza oppure il Garante delle comunicazioni (su segnalazione anche del singolo cittadino) ritengono di aprire un procedimento accettando poi  gli impegni  (dopo 5 anni magari dalla commissione dell’illecito) della società?

 

Come è noto alcune Associazioni di consumatori hanno annunciato il ricorso alla class action contro l’operatore dominante per le bollette gonfiate derivanti dalle  numerazioni a valore aggiunto (899 e affini) ma al contempo pende un procedimento di fronte all’antitrust per la medesima faccenda, cosa succede al consumatore  se una delle aziende coinvolte dopo anni di procedimento decide di presentare impegni per il futuro?

 

Come si potrà proporre una Class Action se il garante si astiene, come prevede la legge, dall’accertare l’infrazione, a maggior ragione quando lo stesso garante è conscio (come si legge a pagina 27 della relazion annuale  http://download.repubblica.it/pdf/2008/relazione-annuale.pdf) che nella normativa sulla class action  esiste  “la possibilità che il giudice differisca la pronuncia sull’ammissibilità della domanda quando sul medesimo oggetto è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente” ?

 

La class action viene bloccata dal Procedimento di fronte al Garante e può essere vanificata dagli impegni presentati dalla società l’ultimo giorno, con grave “scorno” del cittadino che dovrà aspettare la conclusione del procedimento davanti all’antitrust e magari non può presentare nessuna azione risarcitoria in virtù degli impegni presentati dal reo.

 

Si privano cosi i  consumatori della possibilità di essere risarciti così come si privano le società della possibilità di far valere davanti un giudice i risarcimenti per l’attività illecita.

 

Scorrendo i precedenti del Garante in tema di telecomunicazioni possiamo immediatamente vedere gli impatti che gli Impegni hanno avuto sulla tutela dei consumatori e sulla concorrenza tra imprese.

 

Nel caso della rivendita di traffico-fisso mobile ai consumatori ovvero della nota vicenda degli Operatori mobili virtuali (MVNO), che non sono decollati in Italia per un presunto abuso di dominanza collettiva e un accertato abuso di dominanza individuale degli operatori di telefonia mobile acclarata dall’Antitrust, un operatore di telefonia mobile ha presentato alla fine del procedimento (visto che non vi sono limiti temporali) i propri impegni che l’Autorità  garante ha deciso poi di accettare.

 

Senza sindacare l’utilità degli impegni presentati per il futuro che fine fanno però le richieste risarcitorie presentate a quell’operatore per i soldi spesi dai consumatori che per quattro anni non hanno potuto avvalersi delle tariffe più basse offerte da potenziali operatori mobili virtuali?

 

E le imprese che non hanno potuto competere per quattro anni nel settore delle telecomunicazioni a chi si rivolgeranno visto che l’infrazione non esiste e non è mai esistita grazie ad una finzione normativa?

 

E quale effetto psicologico può derivare alle società in regime di dominanza o di oligopolio la circostanza che in qualsiasi momento si può presentare un impegno per il futuro che priva tutti coloro che sono stati danneggiati della possibilità di essere risarciti  convinte come sono le imprese responsabili  di poter beneficiare del programma di clemenza?

 

L’ “indulto” antitrust priva di risorse le associazioni dei Consumatori

 

Un’altra grave conseguenza  dei benefici premiali antitrust è che  “l’indulto”  antitrust , fortemente  caldeggiato dal presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà sin dal suo esordio  priva le Associazioni di Consumatori di una rilevante  potenziale fonte di introito .

 

Infatti  l’articolo 148, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) individua una specifica finalizzazione delle somme derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie comminate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, stabilendo che vadano ad alimentare un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, ai fini del finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori, di volta in volta individuate con decreto dal Ministro delle attività produttive.

 

Per fare un esempio per l’esercizio 2004, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 124331 del 2004, allo stato di previsione del Ministero delle attività produttive è stato riassegnato l’importo di 55,128 milioni di euro.

 

Queste somme sono state ripartite  nel 2006, appena prima dunque l’entrata in vigore delle norme sulle liberalizzazioni, a progetti presentate dalle Associazioni dei Consumatori più rappresentative per iniziative a tutela dei Consumatori, ivi comprese il ricorso a procedure conciliative con i “big” della telefonia.

 

Che fine faranno  queste somme che potevano essere utilmente spese a vantaggio dei consumatori se l’illecito antitrust non viene accertato a causa degli impegni presentati magari l’ultimo giorno utile dalle imprese soggette a procedimenti?

 

Le multe nel settore delle telecomunicazioni.

 

In ultimo il Garante  ha riferito di aver comminato multe per intese restrittive della concorrenza nel 2007 per 86 milioni di euro.

 

Giusto per avere qualche parametro di riferimento la sola Telecom Italia in un procedimento per abuso di posizione dominante terminato nel 2005 ( prima dell’entrata in vigore della norma sugli impegni)  è stata condannata a pagare dall’Antitrust la somma   di 152 milioni di Euro.

 

Somme che come si è detto avrebbero potuto essere utilizzate a beneficio delle Associazioni dei Consumatori.

 

Siamo sicuri  a questo punto che il ricorso agli strumenti premiali e di clemenza sia lo strumento giusto a tutela dei consumatori e delle imprese, o questi provvedimenti potranno rivelarsi alla lunga un boomerang?

 

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