Italia
Partita la seconda edizione del Roma Fiction Fest, la kermesse dedicata alla fiction televisiva, promossa dalla Regione Lazio, e specificamente dal Presidente Piero Marrazzo e dal suo Segretario Generale Francesco Gesualdi: nella mattina di lunedì 7 luglio, si sono tenute, a cadenza di circa mezz’ora una dall’altra, quattro conferenze stampa, e vale la pena concentrarsi su di esse, per comprendere lo spirito che anima la manifestazione, che, in qualche modo, evidenzia le criticità dell’industria italiana della fiction televisiva. Il festival prevede 200 titoli, per 700 ore di programmazione.
Anzitutto: l’idea, un festival sulla “fiction“, che si ponga come vetrina del meglio della produzione internazionale, e funga anche da veicolo di promozione della fiction “made in Italy”. L’idea, in sé, è buona, ma l’ideazione di una iniziativa di questo respiro richiede un lavorio complesso ed una preparazione nel tempo ed uno staff qualificatissimo soprattutto a livello internazionale. La prima edizione era stata affidata alla direzione di Felice Laudadio, poi c’è stato il passaggio consegne a Steve della Casa. Entrambi sono raffinati organizzatori culturali, ma appassionati e specialisti di cinema, e già questo elemento appare un problema genetico per una manifestazione concentrata su un genere della televisione.
L’iniziativa è promossa da un ente pubblico, qual è la Regione Lazio, che grazie a Marrazzo e Gesualdi (ma anche all’Assessore alla Cultura Giulia Rodano ed al suo Direttore Generale Enzo Ciarravano) sta cercando di elevare l’intervento della Regione a favore dell’industria delle immagini al livello delle migliori esperienze delle politiche regionali di altri Paesi (Francia, Germania sono i “benchmark”). Da segnalare che, così come per il primo anno, il Comune di Roma non aderisce al festival della fiction, mentre la Regione aderisce al festival del cinema promosso dal Comune di Roma… vincoli di bilancio, stranezze incomprensibili per l’osservatore comune, e per il cittadino ignaro. Non affrontiamo qui le polemiche sul costo di queste manifestazioni, che si misura nell’ordine dei milioni di euro: quali le effettive ricadute sul “territorio” e sull’industria?! Ne riparleremo.
La prima conferenza stampa della mattinata è stata l’occasione per illustrare la manifestazione, e, tra tutti, si segnala l’intervento stimolante di Serafino Murri (uno dei tre esperti della commissione di selezione: gli altri sono Alessandro Boschi e Marco Spagnoli, coordinati da Fabrizio Accattino), che ha curato la sezione “Factual”, dedicata a prodotti certamente eterodossi rispetto al concetto tradizionale di “fiction”.
Subito dopo, ci sono state due assurde conferenze stampa: sono stati chiamati in passerella alcuni attori di due famose serie statunitensi, “Brothers&Sisters”, e “Dirty Sexy Money”. Situazione surreale: domande (da parte di giornalisti testate minori come “Intimità”…) sugli hobby preferiti o sugli abiti utilizzati nelle serie. Due conferenze stampa da record di vacuità, ma sintomatiche di come anche iniziative che intendono promuovere l’audiovisivo italiano finiscono per fungere da grancassa per le multinazionali dell’immaginario “made in Usa”. Le due serie in questione sono entrambe coproduzioni Disney / Abc / Espn.
Unica iniziativa interessante della mattinata, la conferenza stampa di presentazione della seconda serie di “Raccontami”, ovvero il “Capitolo II” di una serie prodotta dalla Paypermoon per Rai Fiction (società messa in cantiere da Claudio Velardi, uno dei più fidati collaboratori di Massimo D’Alema): un prodotto interessante di serialità di qualità, quasi 17 milioni di euro di budget, 100 tecnici, 1.000 lavoratori coinvolti nella realizzazione di una fiction diretta da Tiziana Aristarco e Riccardo Donna, con Massimo Ghini e Lunetta Savino come protagonisti. Ambientata nel 1964, la serie intende in qualche modo ricostruire un periodo storico dell’Italia, quello dei capelloni e delle minigonne, così come Rai ha già fatto con “La meglio gioventù”. Max Gusberti è intervenuto in rappresentanza Rai (già Vice di Saccà, poi andato in pensione, poi per un periodo dirigente della Palomar di Carlo Degli Esposti – gruppo Endemol e quindi Mediaset – con un percorso eterodosso l’elegante Gusberti è rientrato in Rai come super-consulente della fiction), proponendo un panegirico del ruolo centrale della tv pubblica nell’industria della fiction: ha ricordato come attualmente Rai produca 600 delle circa 1.000 ore l’anno di output dell’industria audiovisiva nazionale.
Anche in questo caso, conferenza stampa cheta, elegantemente potremmo definire “low profile”.
Si nutre l’impressione che l’organizzazione dell’evento manchi di sale, di mordente, ovvero di capacità critica, e si ponga come vetrina, non splendida (il cosiddetto “Orange Carpet” – dal colore simbolo della manifestazione – appare lontano dai fasti artificiali della criticabile Festa del Cinema di veltroniana ideazione e di hollywoodiana ambizione), di un settore – la fiction italiana – che boccheggia, stretto dalla morsa del duopolio (con Sky Italia che sta intervenendo, ma ha un ruolo marginale nell’economia del settore) e senza un sistema di leggi che consentano un vero rafforzamento del tessuto industriale (e nessuno sa se Rai e Mediaset rispettano veramente le quote obbligatorie di programmazione e di produzione, dato che Agcom dormicchia…).
Attendiamo le iniziative dei prossimi giorni. Proiezioni ed anteprime a parte, sulla carta, alcune sembrano senza dubbio interessanti: la tavola rotonda “Fiction italiana: il futuro è un diritto” (è il convegno “istituzionale” del festival); “La gestione del talento: la funzione dell’agente nella costruzione della fiction” (promossa dall’associazione italiana degli agenti); “Fenomenale Betty!” (dedicata alla “bruttina” più famosa della televisione mondiale, un format internazionale); “Serial Instinct: sulle tracce del fandom” (workshop sul rapporto tra fan e filiera produttiva delle serie tv)”; infine, il convegno “La Direttiva Europea Audiovisual Media Services. Ricezione e competitività dell’industria audiovisiva”. Una qualche approssimazione di organizzazione si registra, se, per esempio, del convegno, che si tiene martedì 8 nella multisala Adriano del fallito gruppo Cecchi Gori (sede centrale dell’intera kermesse: anche questa una sede-simbolo sintomatica degli strani rapporti tra “cinema” e “tv” in Italia, tra artigianato proto-industriale ed assistenzialismo pubblico?!), non è stato divulgato né il programma né il panel dei partecipanti…
Consulta il profilo “Who is who” di:
Angelo Zaccone Teodosi, Presidente di IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale