IPV6: l’Italia è già pronta al nuovo protocollo

di Alessandra Talarico |

La Rete della Ricerca e dell’Istruzione gestita dal Consortium GARR è già interamente compatibile con l’IPv6 ed il nuovo protocollo coesiste con la precedente versione IPv4.

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Ipv6

L’Italia, in anticipo rispetto agli obiettivi europei del 2010, è già pronta al protocollo IPV6, che dovrebbe sostituire di qui a breve il protocollo attualmente in uso per consentire alla rete internet di supportare la crescita esponenziale della domanda.

 

E’ quanto sostiene il Consortium GARR, che gestisce la rete nazionale per la ricerca e l’istruzione e si è occupato della sperimentazione del nuovo protocollo per l’Italia, realizzando una rete sperimentale testata da alcuni utenti e in grado di coesistere con quella attualmente in uso.

 

Il protocollo attualmente in uso è l’IPV4, entrato in ‘servizio’ nel 1984. Dopo quasi un quarto di secolo, però, questa versione comincia a mostrare dei limiti in fatto di capacità di indirizzamento.

Dei 4,3 milioni di indirizzi disponibili, infatti, solo il 16% – pari a circa 700 milioni di indirizzi – restano disponibili.

L’IPv6 – standardizzato già da 10 anni – come spiega Wikipedia, gestisce invece “fino a circa 3,4 × 1038 indirizzi (280.000.000.000.000.000 indirizzi unici per ogni metro quadrato della superficie terrestre)”.

 

Per dirla con il Commissario Viviane Reding, insomma, “…il numero di indirizzi nel cyberspazio offerto dal protocollo IPv6 è superiore al numero di granelli di sabbia su tutte le spiagge del mondo”.

 

L’Europa, pur avendo investito 90 milioni di euro nella ricerca sull’IPv6 e potendo vantare la leadership per l’introduzione dell’IPv6 sulle reti di ricerca europee (GEANT), viaggia in ritardo rispetto alle altre potenze: in Giappone, NTT dispone già di una dorsale IPv6 pubblica, mentre  la Cina ha iniziato a installare una rete IPv6 che – in occasione dei prossimi giochi olimpici – servirà a testare dispositivi mobili e sistemi di trasporto intelligenti basati sul nuovo protocollo.

 

Il governo degli Stati Uniti ha fissato a giugno 2008 il termine entro il quale le reti internet di ogni agenzia governativa dovranno essere compatibili con IPv6, mentre la Corea, che ospiterà la prossima riunione ministeriale dell’Ocse sul futuro della web economy, si è impegnata a convertire le infrastrutture internet delle istituzioni pubbliche all’IPv6 entro il 2010 e a installare infrastrutture IPv6 in tutte le nuove reti di comunicazione.

 

L’IPv6 si presenta come la naturale evoluzione della versione precedente e, pur non producendo alcun effetto negativo sulle comunicazioni basate su IPv4, presenta anche freni di varia natura che ne rallentano il cammino, come ad esempio la compatibilità con le attuali strutture di rete. E’ necessario dunque portare l’IPv6 ovunque e favorire la graduale conversione dell’IPv4, per permettere a tutti i dispositivi abilitati di connettersi in rete.

 

La rete GARR è in grado già da alcuni anni di supportare il nuovo protocollo Internet che “può determinare – spiega il GARR – alcuni cambiamenti nelle modalità con cui finora sono state gestite e pianificate le reti, soprattutto nel settore della sicurezza delle LAN”.

Alla chiusura, a giugno 2005, del trial condotto con la partecipazione di alcuni utenti, il GARR ha gradualmente introdotto l’IPv6 nella sua rete di produzione, che è attualmente tutta double-stack, cioè è in grado di fornire connettività IPv4 e IPv6 a tutti gli Enti collegati.

 

“Attualmente – spiega il GARR – il volume di traffico su IPv6 è ancora marginale, ma la diffusione del nuovo protocollo aumenterà quando la maggioranza degli utenti sarà in grado di usarlo per le sue operazioni quotidiane sulla rete”.

 

Oltre ad ampliare notevolmente lo spazio di indirizzamento web, IPV6 supporterà pienamente la mobilità degli utenti, permettendo loro di accedere alla rete da qualsiasi luogo senza cambiare l’indirizzo e senza la necessità di alcuna configurazione particolare. Nella sua struttura il nuovo protocollo dispone già di un sistema per lo scambio sicuro di informazioni e di un meccanismo di configurazione automatica degli indirizzi che semplifica e rende trasparente l’utilizzo per gli utenti.

 

Anche di fronte all’aumento esponenziale della domanda di indirizzi IP, inoltre, il nuovo protocollo consentirà di lanciare applicazioni internet innovative e di non ostacolare la crescita del web che, restando così le cose, verrebbe invece seriamente compromessa.

Si potrebbe, ad esempio migliorare la gestione energetica dell’illuminazione pubblica e degli edifici intelligenti, e internet potrebbe servire a collegare tra loro, in modo economico ed affidabile, sensori senza fili integrati negli apparecchi domestici. Tali possibilità dovrebbero fungere da catalizzatore ed incoraggiare le imprese a proseguire sulla strada dell’innovazione e a sviluppare la prossima generazione di applicazioni internet.

 

La Commissione europea, da canto suo, a fronte della costante riduzione del numero di indirizzi IP ancora disponibili, ha invitato gli Stati membri a introdurre il nuovo protocollo nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese entro il 2010, con l’obiettivo di fare in modo che, entro il 2010, il 25% delle imprese, delle amministrazioni pubbliche e dei nuclei familiari utilizzi l’IPv6.

 

Anche secondo l’Ocse – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – la soluzione alla scarsità degli indirizzi web è rappresentata dall’accelerazione del passaggio al protocollo internet IPv6, che contribuirà alla ulteriore diffusione della banda larga, dei telefonini intelligenti e dei nuovi servizi avanzati.

 

Essenziale, dunque, che imprese e autorità battano sull’importanza di avviare da subito questo passaggio, spiegando ai fornitori d’accesso e ai professionisti dell’informatica che questa evoluzione costituisce un’opportunità commerciale e sociale, non soltanto un onere finanziario.

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