Tra le invenzioni umane, i computer sono le macchine capaci di semplificare il maggior numero di attività della vita umana, alcune forse eccessivamente. È una facilità che si è realizzata in poco tempo e sta riguardando molti aspetti della vita quotidiana, senza darci tempo di comprenderla fino in fondo e di assimilarla. Senza permetterci di impadronirci delle sue modalità per poterla governare evitando di farci governare da essa. Per alcuni è una facilità che genera euforia e anche dipendenza, mentre in altri crea confusione, straniamento, sensazione di non essere all’altezza delle sue possibilità, della sua potenza. Si tratta di una facilità che divide gli individui, per alcuni è un bengodi di cose prima impossibili (comunicazioni istantanee, acquisti rapidi e numerosi, informazione à la carte, e tanto altro), per altri è un labirinto di operazioni astruse, di passi falsi, di trappole della rete, di tecnicismi diabolici, di interfacce enigmatiche e misteriose.
La facilità che provocano le macchine, specialmente quelle molto sofisticate come i computer e i loro software, ha una doppia faccia: facciamo più velocemente cose che prima erano complesse e lunghe, ma perdiamo elementi della nostra natura. Sarebbe un bene per tutti essere consapevoli di questo. Tutta questa facilità ci rende più potenti, più soddisfatti, ma si tratta di una facilità non totalmente gratuita.
La facilità digitale cambia la natura umana. È necessario comprendere questo nuovo scenario, sia se si ritiene che esso sia un bene, sia se si è di parere opposto. I surrogati digitali sono semplificanti e a buon prezzo, ma pian piano stanno abbandonando il loro ruolo di succedanei per diventare la nuova materia prima, il prodotto originale che si avvia a prendere il posto della vecchia materia a cui eravamo abituati. I recenti sistemi di intelligenza artificiale generativa sono l’ultima e più evidente dimostrazione di una tendenza che vede le macchine diventare più esperte e capaci di sostituire gli esseri umani in funzioni non semplici. Questi sistemi non sono soltanto strumenti di ausilio agli umani ma in diverse funzioni sono più bravi degli individui in carne, ossa e cervello e ambiscono sempre più a sostituirli in compiti complessi per svolgere i quali sono necessarie capacità di pensiero di grado elevato.
Alcuni millenni fa, di fronte alla scrittura, Platone protestava la futura perdita della capacità di memoria e di dialogo degli esseri umani. Rivendicazioni simili si sono avute con l’invenzione della stampa, della fotografia o anche della piccola calcolatrice elettronica. Non siamo più obbligati a saper fare moltiplicazioni e divisioni e quindi dimentichiamo quello che a scuola ci hanno insegnato per poterle svolgere con una penna e un foglio di carta. Se tutto questo è vero, figuratevi quante capacità e quante abilità pian piano stiamo perdendo e perderemo usando le miriadi di funzioni che un computer o uno smartphone ci offrono.
Dunque, cosa bisogna fare? Non usare questi nuovi strumenti per conservare le vecchie abilità? Così facendo, cosa accadrà a quelli che preferiscono rimanere nel seminato? Costoro si perderanno tutte le straordinarie funzioni dei sistemi digitali rischiando così di perdere molte opportunità nel lavoro e nella vita. Diventeranno i custodi museali delle antiche capacità e verranno penalizzati nel rutilante mondo teleinformatico nel quale se non hai almeno uno smartphone di ultima generazione e l’app apposita non puoi neanche aprire un conto corrente, per non parlare della richiesta di un appuntamento per richiedere il passaporto o una prenotazione all’ufficio postale o l’acquisto di un biglietto aereo.
Di fronte a questi dilemmi è bene sapere che siamo spinti da un sempre maggiore e continuo flusso di cambiamenti che, mentre ci offrono nuove facilità, ci obbligano a seguire l’onda tecnologica che corre sempre più veloce. Allo stesso tempo, dovremo gestire le nostre vite sempre più lambite dal flusso digitale agendo per aumentare le nostre conoscenze e la consapevolezza di questi strumenti nuovi, per cercare di acquisire nuove capacità che siano maggiori di quelle che inevitabilmente perderemo. Dovremo essere in grado di acquisire un surplus funzionale e di capacità tramite l’uso dei nuovi strumenti digitali per far sì che questi semplifichino realmente la nostra vita e non la complichino di più, non contribuiscano ad emarginarci.
Le grandi semplificazioni del digitale aumentano con la diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale e, insieme alla facilitazione di molti compiti umani, si portano dietro il rischio per noi di perdere la capacità di riflettere, di pensare, di ragionare sui problemi da risolvere, di decidere. Sono diversi gli studiosi che suggeriscono come questo nuovo scenario potrà generare maggiore dequalificazione (il cosiddetto deskilling) per molte persone. Infatti, mentre ci aiutano, questi sistemi intelligenti semplificano l’intervento umano dequalificando la nostra influenza, la nostra autonomia di intervento, in definitiva il nostro ruolo lavorativo, sociale e personale.
Le pratiche cambiano, determinate abilità si perdono e nuovi modi di “saper fare” si acquisiscono. In questo cambiamento di ruoli è fondamentale comprendere noi umani cosa guadagniamo e cosa perdiamo. Davanti a sistemi che scrivono perfettamente in un centinaio di lingue diverse, cosa vuol dire oggi per noi saper scrivere? Quando abbiamo a disposizione sistemi con capacità tecniche in grado di rispondere a richieste come questa: «Progetta un appartamento di 150 mq, con tre vani e doppi servizi, prevedendo anche gli allacciamenti elettrici a norma», le competenze tecniche e il ruolo dei progettisti rischiano di perdere importanza. Così certamente cambia il lavoro, ma cambia anche il senso del ruolo degli esseri umani, della costruzione dei loro saperi, la loro collocazione nel mondo.
Queste semplificazioni digitali, dunque, costituiscono una nuova grande sfida. Come è stato necessario imparare a guidare per godere di spostamenti lunghi e veloci che le nostre gambe da sole non potevano offrirci, dovremo imparare a gestire e a guidare questi dispositivi per poter beneficiare delle loro semplificazioni invece di essere sorpassati dalle loro tante funzionalità che ci potrebbero confondere ed emarginare. È una nuova sfida per ogni essere umano combattuto tra alienazione di funzioni abituali verso le macchine e acquisizione di nuove funzionalità che le macchine ci offrono. Dobbiamo essere capaci di governare gli strumenti artificiali offerti dal digitale, evitando di esserne esclusi o addirittura sopraffatti.
Di troppa semplicità digitale potremmo anche soccombere se non saremo in grado di gestirla per i nostri interessi, per le nostre necessità. Se non ci sforzeremo di migliorarci per conoscerla e per usarla al fine di migliorare la nostra vita e la vita della società di cui siamo parte, rischiamo di diventare umani di serie B. Esseri più pigri e meno capaci che si adagiano sull’apparente semplicità delle macchine fatte di bit e di algoritmi e così perdono la loro autonomia di azione, riducono i loro spazi di libero arbitrio cedendolo alle macchine intelligenti con le quali dovremo ormai convivere, per sempre.