Olimpiadi e censura: paradosso. La Cina sblocca alcuni siti, tra i quali Amnesty e RSF, ma chiede informazione ‘obiettiva e non politicizzata’

di Raffaella Natale |

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La bandiera di RSF

Legalità e obiettività. E’ quello che oggi ha chiesto il presidente cinese Hu Jintao, invitando i giornalisti stranieri accreditati per le Olimpiadi a non politicizzare gli avvenimenti.

Intanto le pressioni subite dall’opinione pubblica internazionale hanno sortito i primi effetti e già alcuni siti, da sempre oscurati, sono stamani risultati accessibili. Parliamo del website di Amnesty International, di Reporters sans Frontières, della versione cinese della BBC, della più grande enciclopedia online Wikipedia. Impossibile visualizzare quelli che contestano apertamente la Repubblica popolare e quelli del movimento spirituale Falun Gong.

 

In una conferenza stampa, a una settimana dall’inizio della grande manifestazione, Hu Jintao ha affermato che “…politicizzare i Giochi Olimpici” non è la giusta risposta alle divergenze nate per punti di vista differenti e “inevitabili” tra “i popoli di differenti Paesi e regioni del mondo“.

 

Alcuni valori dovrebbero però essere universali, o forse no?

 

Senza contare, ha aggiunto, che sarebbe “contrario allo spirito olimpico”.

 

Il presidente ha quindi ricordato la posizione “pacifica” tenuta dalla Cina in primavera, quando il Paese si è dovuto confrontare con le manifestazioni di protesta sulle posizioni assunte per il Tibet tenute in alcune città che hanno accolto il passaggio della fiamma olimpica.

 

Per l’esperto australiano di media, Jonathan Unger, “è la Cina che ha politicizzato le Olimpiadi, rafforzando i propri controlli sulla stampa, arrestando i dissidenti e dispiegando un arsenale burocratico eccessivo per mantenere la situazione sotto controllo”.

“E’ ironico – ha sottolineato – vedere il presidente Hu capovolgere la cosa, asserendo che sono gli stranieri che intendono politicizzare l’evento”.

 

In piena polemica sulla censura internet imposta ai giornalisti accreditati alle Olimpiadi, Hu ha tra l’altro fatto un appello ai media a conformarsi alle leggi cinesi e a realizzare reportage “obiettivi”.

“Continueremo a fornire mezzi perché i giornalisti stranieri possano lavorare”, ha indicato il presidente cinese.

“Speriamo che la stampa straniera si conformi alle leggi e regolamenti cinesi. Ci auguriamo che fornisca informazioni obiettive su ciò che succederà”.

 

Le domande da porre durante la conferenza stampa sono tutte state preventivamente sottoposte alle autorità cinesi che hanno dovuto dare il loro lasciapassare. A margine dell’incontro, un giornalista tedesco ha chiesto se poteva chiedere qualcosa sul rispetto dei diritti dell’uomo. Ovviamente nessuna risposta.

 

Secondo Nicholas Bequelin, dell’organizzazione Human Rights Watch, quanto Hu ha detto di sperare in una copertura informativa “obiettiva”, “intendeva dire conforme alla linea del partito” comunista.

Aggiungendo, “…ciò che si chiede alla stampa straniera è di astenersi dallo scrivere articoli che il governo giudica critici“.

 

Reporters sans frontières si è detta “…disgustata dal comportamento del Comitato internazionale olimpico”.

“Le autorità cinesi hanno vinto la prima competizione in queste Olimpiadi. Le promesse fatte nel 2001 sono state disattese e il CIO avalla questo atteggiamento partecipando al blackout dell’informazione, perdendo ogni credibilità”.

 

Sun Weide, portavoce del Comitato d’organizzazione dei Giochi Olimpici, ha promesso ancora una volta che la stampa accreditata avrà un accesso al web “sufficiente” (!?), senza però precisare quali altri siti saranno disponibili.

In una nota, il CIO (Comitato internazionale olimpico) ha fatto sapere di aver invitato il Comitato di organizzazione e le autorità cinesi ad ammorbidire questa censura internet.

“La questione è stata messa sul tavolo e il CIO ha chiesto una risposta immediata”.

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