La Giornata Parlamentare è curata da Nomos, il Centro studi parlamentari, e traccia i temi principali del giorno. Ogni mattina per i lettori di Key4biz. Per leggere tutti gli articoli della rubrica clicca qui.
Mattarella sprona Roma e Bruxelles: servono soluzioni coraggiose sui migranti
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha visitato il centro di accoglienza migranti di Piazza Armerina insieme al presidente tedesco Frank Walter Steinmeier. I due hanno ascoltato diverse storie di migrazione e integrazione. Storie che hanno portato Mattarella e il suo omologo a spronare l’Ue a cercare soluzioni “nuove, condivise” a un fenomeno “che nessun Paese può pensare di risolvere da solo”. Il Capo dello Stato ha invocato un atto di coraggio e soluzioni che stiano al passo con la realtà, fatta di migrazioni di massa, di flussi di persone che “resterebbero volentieri” nel proprio Paese di origine “se non fossero spinti dalla fame, dalla miseria, dalla difficoltà, dalle guerre civili, dalle persecuzioni, dall’intolleranza o dal terrorismo”. Le regole di Dublino, accusa, “sono preistoria. Voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento agli accordi di Dublino è come dire realizziamo le comunicazioni in Europa con le carrozze a cavalli”. Era un altro mondo quello, insiste prendendo di mira i Paesi Ue che ancora fanno riferimento agli accordi sul diritto di asilo firmati più di venti anni fa. Occorrono soluzioni “nuove” e non misure spot che risolvano “qualche questione temporanea”. Mattarella ha autorizzato qualche giorno fa l’ultimo provvedimento del Governo in materia e pur insistendo sull’idea di accoglienza e di promozione di programmi di sviluppo nei Paesi di origine, non intende fare invasioni di campo.
“Né il Presidente Steinmeier né io” chiarisce “abbiamo competenze di governo. E siamo sempre stati scrupolosamente attenti a non superare questi limiti e questi confini. Il nostro compito è un altro: è quello di essere riferimento nella comunità nazionale, di interpretarne sensibilità e comprenderne le esigenze e, eventualmente, formulare suggerimenti. Ma la dimensione operativa non ci appartiene, anche se la seguiamo attentamente”. Per il Capo dello Stato “Occorre uno sforzo, nessuno ha la soluzione in tasca, nessuno deve dettare indicazioni agli altri, ma insieme cercarla velocemente, prima che sia impossibile governare il fenomeno”. E se Roma e Berlino litigano sul meccanismo di solidarietà volontaria, Mattarella resta comunque fiducioso e richiama anche l’Ue. A Bruxelles i negoziati sul Patto migrazione e asilo sono impantanati a causa dei veti incrociati delle diverse cancellerie, ma non è più il tempo dei rinvii o della polvere sotto il tappeto.
La Corte Ue boccia i respingimenti francesi. Michel: l’Italia non è sola
La Corte di Giustizia dell’Ue boccia i divieti di ingresso dei migranti da parte della Francia al confine con l’Italia. Per i giudici del Lussemburgo la “direttiva rimpatri” va applicata a qualunque cittadino di un Paese terzo che sia entrato nel territorio di uno Stato membro. Anche se il suo soggiorno è irregolare, il migrante deve essere oggetto di una decisione di rimpatrio e deve, in linea di principio, poter beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. Insomma, l’allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza. Una chiara risposta alle nuove regole che Parigi aveva introdotto per rifiutare l’ingresso di cittadini di Paesi terzi alle frontiere con altri Stati membri, in cui la libertà di circolazione di Schengen sia stata temporaneamente sospesa e i controlli alle frontiere ripristinati. Per la Corte Ue, dunque, in situazioni di una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza i respingimenti sono possibili, ma anche in tali casi vanno rispettate le norme sui rimpatri.
La Commissione Ue prende atto della sentenza e afferma di aver avviato verifiche con gli Stati membri per analizzare le ragioni dell’introduzione dei controlli alle frontiere e se questi siano veramente necessari e proporzionati. Da New York, intanto, a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha ribadito “che l’Italia non è sola, che la migrazione è una sfida comune per l’Ue”. Michel ha poi riferito di essere “in stretto contatto con la premier Giorgia Meloni” e di voler inserire il tema all’ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo informale del 6 ottobre a Granada. “Sarà l’occasione per vedere cosa possiamo fare come Ue per fornire maggiore sostegno ed essere un partner leale, un attore molto solido nell’affrontare questa sfida comune”. Un primo confronto tra gli Stati ci sarà però giovedì prossimo, al Consiglio Giustizia e Affari interni, in cui verrà affrontato il tema della migrazione esterna.
Il Governo presenterà la Nadef la settimana prossima. I margini sono stretti
Conto alla rovescia per la presentazione della Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, che apre la strada alla prossima legge di bilancio. Il 27 settembre scade il termine per la presentazione alle Camere della Nadef, anche se sembra che il governo sia intenzionato a prendersi una piccola deroga e portare il documento nel Cdm che si terrà il giovedì prossimo. Dopo la presentazione del documento che contiene le stime di crescita del pil e tutti i numeri di finanza pubblica collegati, a partire dal deficit al debito pubblico, l’esecutivo dovrà portare a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio entro il 15 ottobre, con l’obiettivo di saldo di bilancio e le proiezioni delle entrate e delle spese del prossimo anno. Il passo successivo sarà proprio la presentazione della legge di bilancio, che sarà esaminata e dovrà essere approvata dal parlamento entro il termine del 31 dicembre. L’aggiornamento del quadro di finanza pubblica rispetto al Def, si presenta difficile a causa dell’andamento del pil: secondo gli ultimi dati dell’Istat la variazione acquisita per il 2023 è pari a 0,7%.
Per raggiungere il numero indicato dalla Commissione Ue (+0,9%) bisognerà quindi spingere sull’acceleratore della crescita. Il documento contiene l’aggiornamento degli obiettivi programmatici che, ricorda il Mef, “tiene conto anche delle eventuali osservazioni formulate delle istituzioni Ue competenti nelle materie relative al coordinamento delle finanze pubbliche degli Stati membri”. La Commissione Ue ha tagliato le stime sulla crescita dell’Italia, che dall’1,2% indicata nel Def passa allo 0,9% per quest’anno e dall’1,1% allo 0,8% per il 2024. Per il commissario all’Economia Paolo Gentiloni il rallentamento della crescita “non è particolarmente italiano ma coinvolge diversi paesi e ho fiducia che l’economia italiana, come ha mostrato in tante occasioni, possa reagire in modo positivo”. A patto che vengano “perseguite politiche fiscali prudenti e favorevoli agli investimenti, in sintonia con gli sforzi continui delle nostre banche centrali per domare l’inflazione”.
Messaggio ricevuto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “bisogna mettere un numero che sia ragionevole, che dimostri la volontà del paese di tornare a una politica fiscale prudente e che sia compatibile con il nostro livello di debito”. Le priorità della prossima legge di bilancio per il governo sono chiare: il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori che, per ottimizzare i risultati, dovrebbe essere accompagnato dalla riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3 con l’accorpamento dei primi due scaglioni (23% fino a 15.000 euro e 27% fino a 28.000 euro), in uno con un’aliquota al 23% fino a 28.000 euro di reddito. Le due misure, da sole, richiederebbero risorse per circa 14-15 miliardi di euro e Giorgetti, a più riprese, ha fatto notare che l’aumento dei tassi d’interesse si è portato via proprio le risorse necessarie per una manovra (14-15 mld). La stretta voluta dalla Bce, secondo l’esecutivo, ha penalizzato l’economia rallentando la crescita, con l’effetto di un aumento del rapporto deficit/pil e debito/pil. La risalita dell’indebitamento quest’anno potrebbe spingersi fino al 6,5%-7% (rispetto al 4,5% stimato nel Def) ma resta importante centrare l’obiettivo 2024 del 3,7%. Oltre al problema del costo del denaro, su cui pesa l’aumento dello spread, c’è anche quello del superbonus, che per il ministro ha un peso di circa 80 miliardi.
La maggioranza interviene e limita le intercettazioni. Critiche dal M5S
Via dai verbali le parti non rilevanti, limiti agli ascolti a strascico e così cambiano ancora le norme sulle intercettazioni con gli emendamenti al decreto sulla giustizia alla Camera. Un risultato che Forza Italia incassa dopo aver ceduto a FdI stralciando la stretta sugli ascolti tramite trojan per superare l’impasse che si era creata. Un compromesso in nome di un delicato equilibrio di governo che conferma come la giustizia sia materia incandescente. Ecco allora le modifiche apportate alla Camera al decreto varato prima della pausa estiva, il cui fulcro sono le norme volute dalla premier Giorgia Meloni e dal sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano contro la mafia. Nel verbale delle intercettazioni, prevedono gli emendamenti firmati dal forzista Tommaso Calderone, “potrà essere trascritto soltanto il contenuto delle comunicazioni intercettate rilevante per le indagini” mentre “i contenuti non rilevanti ai fini dell’indagine non sono trascritti neppure sommariamente e nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della polizia giudiziaria”. Inoltre, gli ascolti cosiddetti a “strascico” potranno essere ammessi solo per i reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza. Non più, invece, per una serie di reati, tra cui quelli contro la Pa, espressamente previsti, con una modifica al codice di procedura penale, dalla “Spazzacorrotti”.
Sulle intercettazioni resta poi l’asse con i centristi: con un emendamento di Enrico Costa (Azione) il pm dovrà indicare per iscritto quanto ha speso per ogni intercettazione. Il limite agli ascolti a “strascico” fa insorgere il M5S: “Il governo getta ancora una volta la maschera mostrando il suo programma in materia di Giustizia: garantire impunità per i reati contro la Pa, quelli dei colletti bianchi”. Mentre FI rivendica il provvedimento. “Già nell’ambito dell’indagine conoscitiva presso la Commissione giustizia al Senato” dice il senatore forzista Pierantonio Zanettin “pressoché tutti gli auditi hanno suggerito di limitare questo genere di intercettazioni. Nel bilanciamento degli interessi in gioco non possono avere identica disciplina legislativa reati con diverso grado di offensività sociale”. Quanto ai trojan, il capogruppo di FI alla Camera Paolo Barelli avverte: “Noi abbiamo limitato all’essenziale questi emendamenti perché c’è una presa di posizione precisa del ministro Nordio che da qui a breve presenterà una proposta che rielabora l’utilizzo delle intercettazioni e dei mezzi di captazione”. Con i voti di ieri sugli emendamenti, le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera hanno terminato l’esame del decreto, dando mandato ai relatori, Sara Kelany (FdI) e Pietro Pittalis (FI). Il testo è atteso in aula martedì.
Calenda propone il sistema tedesco. Botta e risposta tra Pd e M5S sui migranti
Pd e M5S continuano a litigare sui migranti, mentre Carlo Calenda ha chiesto a Giuseppe Conte e a Elly Schlein di lavorare insieme a una riforma costituzionale sull’impronta del cancellierato tedesco, ottenendo risposte interlocutorie, piuttosto tiepide. Matteo Renzi ha altri progetti e ha chiuso a prescindere: “Calenda guarda a Conte e Schlein, noi a due milioni e mezzo di elettori del Terzo Polo”. Gli attriti più evidenti, e recenti, sono quelli fra Conte e il Pd. Il botta e risposta sui migranti va avanti da giorni, ed è stato innescato dalle critiche del leader del M5S, a cui i dem hanno replicato rinfacciandogli le politiche del governo giallo-verde. “Che ci fosse una linea diversa sui migranti è chiaro” ha detto il presidente del Pd e governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini“perché i decreti con Salvini li ha firmati il M5S, mica il Pd. Però inviterei a ridurre le distanze fra le opposizioni”. La reazione di Conte è arrivata poco dopo: “Nessuno si permetta di paragonarmi a questa destra”, ha risposto, ribadendo subito l’accusa che tanto aveva fatto infuriare il Pd: “Accoglienza indiscriminata? In passato mi sembra che sia stata questa la declinazione dei governi loro, se non è così ce lo chiariscano”. E poi, tanto per essere chiari: “I cartelli elettorali non li faremo mai ma possiamo fare un confronto leale e franco. Ma chiarisco che noi lo ius soli non lo facciamo, facciamo lo ius scholae, che ha un senso”.
Anche Beppe Grillo, che in questi giorni è a Roma per incontrare gli esponenti del M5S, ha frenato sulle intese col Pd: “Non ci sono campi, se non hai un po’ di immaginazione. Le alleanze le abbiamo fatte, destra e sinistra, e sono andate tutte o con pugnalate alla schiena o altre cose”. Il confronto leale e franco è su altro. Sul salario minimo c’è già, sulla sanità è in corso. Di avviarne uno sulle riforme lo ha proposto Calenda. Il leader di Azione ha ripescato il sistema tedesco, a cui anche il Pd si era ispirato nel 2022 con una proposta di riforma costituzionale. “Siamo sempre disponibili al confronto” ha detto la Schlein “Noi siamo per studiare a fondo alcuni elementi di altri modelli”, come “la sfiducia costruttiva, che è presente in quelli tedesco e spagnolo”, ma “vogliamo immaginare un modello italiano. Siamo invece contrari all’indebolimento delle prerogative del presidente della Repubblica”. Anche Giuseppe Conteè andato coi piedi di piombo: “Alcuni elementi del sistema tedesco ci vanno bene. Ma cerchiamo di intervenire chirurgicamente, non vogliamo trapiantare un altro sistema, l’assetto costituzionale non va stravolto”.