‘Mercanti di bugie e innovatori della conoscenza’: le nuove frontiere del mobile e dell’online gaming  

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Thalita Malagò

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Thalita Malagò, Segretario Generale AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana), al convegno “Da mercanti di bugie a innovatori della conoscenza. Il futuro nelle nostre mani”, organizzato dalla Fondazione Luca Barbareschi, in collaborazione con Key4biz e Fare Futuro, e che si è tenuto il 7 ottobre a Roma.

 

 

La storia dei videogiochi negli ultimi dieci anni è stata caratterizzata da un’evoluzione del mercato che, partendo dalla soglia della nicchia, si è progressivamente trasformato in un mercato di massa. Questa fase, iniziata a metà degli anni novanta, si è successivamente sviluppata all’insegna di una forte spinta all’innovazione e delle diverse interpretazioni che i player del mercato hanno saputo dare della “next generation“. Continuo miglioramento tecnologico delle piattaforme hardware e dell’esperienza di gioco da un lato, ridefinizione delle interfacce e dei controlli ma soprattutto originalità e sperimentazione nei nuovi titoli di videogiochi dall’altro. Partendo dal prodotto, l’innovazione si è estesa anche alle modalità di distribuzione, con un progressivo aumento di importanza dei canali della distribuzione moderna accanto agli specializzati indipendenti, e di fruizione dei videogiochi, attraverso le nuove frontiere del mobile e dell’online gaming.

 

Le statistiche più recenti dimostrano come, a fronte di questa innovazione, i videogiochi stiano acquisendo un ruolo sempre più importante nel tempo libero di tutte le generazioni in maniera trasversale a età, sesso, condizione socio-economica e livello di istruzione. Da un lato, il pubblico dei videogiocatori si sta spostando verso la fascia giovane-adulta, con un’età media del consumatore in Italia intorno ai 28 anni e un 57% dei videogiocatori di età compresa tra i 18 e i 44 anni. Dall’altro lato, il videogioco si sta imponendo come un fenomeno di massa tra i giovani e giovanissimi, se è vero che oggi più dell’80% dei bambini/ragazzi italiani tra i 4 e i 17 anni utilizza più o meno frequentemente i videogiochi. Il 39% dell’universo dei videogiocatori inoltre è rappresentato da un pubblico femminile, concentrato soprattutto nelle fasce giovani della popolazione.

 

Man mano che questa nuova forma di intrattenimento si diffonde (in Italia la console per i videogiochi è ormai presente in una famiglia italiana su 3 e l’ISTAT ha deciso proprio quest’anno di allargare il proprio panel ai giochi elettronici), il dibattito intorno all’impatto culturale e sociale dei videogiochi si va intensificando. Questo è a nostro avviso dovuto al fatto che, come per Internet, per i telefoni cellulari e per tutte le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche per i videogiochi ci troviamo di fronte ad un divario generazionale tra giovani e adulti che tende tuttavia a diminuire quando l’adulto o il genitore è a sua volta giocatore e conosce il mezzo.

 

Da una ricerca che abbiamo recentemente condotto con l’Istituto IARD, emerge che le giovani generazioni sono una vera e propria tribù che gioca e parla insieme di videogiochi, che fa delle nuove tecnologie uno “strumento dell’essere” e non solo uno “strumento del fare“, e per le quali il videogioco ha rappresentato il primo strumento di alfabetizzazione informatica.

 

Le generazioni adulte invece appaiono ancora decisamente estranee al mondo dei videogiochi e forse per questo maggiormente portate a nutrire pregiudizi sul medium. La posizione dell’adulto può infatti essere sintetizzata secondo queste coordinate: spaesamento di fronte al linguaggio dei videogiochi e ai loro contenuti, conoscenza del prodotto mediata dalla televisione e dai figli, oltre che limitata ai videogiochi sportivi o con contenuti “violenti”, ignoranza dei giochi che richiedono maggiori competenze cognitive, riflessive e relazionali, percezione del videogioco come fonte di isolamento sociale.

 

Cosa fare dunque di fronte a questo divario? Da parte nostra siamo convinti che la conoscenza sia un presupposto fondamentale per la comprensione e il videogioco è un fenomeno che deve ancora essere compreso a fondo per completare il suo percorso di “accettazione sociale”. Questo potrà avvenire in parte con la progressiva apertura del mondo dei videogiochi ad un pubblico di non videogiocatori come sta già iniziando ad avvenire in questi ultimi anni, in parte con una politica basata sulla conoscenza e sull’educazione prima ancora che sulla protezione. Questo porterebbe a scoprire una serie di fatti che spesso sono ignorati dai non videogiocatori o dai non addetti ai lavori, ma che aiuterebbero a comprendere meglio la realtà di cui stiamo parlando. Ad esempio che:

 

– Solo una piccola parte (meno del 5%) dei titoli di videogiochi disponibili sul mercato e venduti in Italia si rivolge a un pubblico adulto (PEGI 18+). Nel 2007 su 10 videogiochi venduti 8 appartengono alle classificazioni PEGI 3+ (tre anni e oltre), PEGI 7+ (sette anni e oltre) e PEGI 12+ (dodici anni e oltre) e c’è stato un incremento di quasi 10 punti percentuali nelle vendite dei videogiochi adatti a tutti (PEGI 3+). (1)

 

– Il panorama dell’offerta di contenuti sta diventando sempre più vario, con tipologie di videogiochi sempre più diversi che a volte rendono ormai riduttiva la stessa definizione di “videogioco”. Se è vero che l’Italia si contraddistingue per l’importanza dei videogiochi sportivi e soprattutto dei videogiochi di calcio, è anche vero che, per il resto, la classifica dei 20 titoli più venduti in Italia è oramai una classifica matura, dove accanto ai titoli dedicati ad un pubblico prettamente maschile e giovane di hard core gamers si affiancano ora quelli destinati ad un pubblico femminile oppure ad un pubblico più generalizzato di nuovi gamers.

 

– Molti sistemi di gioco permettono oggi agli utenti di giocare con altri utenti sia offline che online ed è proprio l’aspetto sociale dell’intrattenimento uno degli incentivi secondari più importanti a videogiocare, oltre al divertimento, alla sfida/competizione e alla capacità di stimolare l’intelletto che vengono generalmente riconosciuti come “vantaggi esclusivi” dei videogiochi rispetto ad altri media.

 

– Molti dei videogiochi più venduti in assoluto rappresentano strumenti riconosciuti per lo sviluppo dell’apprendimento di tipo percettivo-motorio, delle capacità cognitive e delle conoscenze dell’utente, grazie all’impostazione rigorosa e attenta dei contenuti e all’alto grado di coinvolgimento che, grazie all’interattività, essi comportano.

 

– Il videogioco è al centro di una serie di iniziative in Europa e negli Stati Uniti che mirano a promuoverne l’utilizzo come strumento di apprendimento a supporto della didattica tradizionale nelle scuole e nelle università. In Gran Bretagna e in Germania è già stato condotto un progetto sperimentale denominato “Teaching with Games“, partendo dalla constatazione per cui gli adolescenti vorrebbero utilizzare i videogiochi per imparare a scuola e ritengono che l’uso di questo strumento renderebbe la lezione più interessante. L’Unione Europea ha da poco co-finanziato un progetto di ricerca sul tema “Games in Schools” che mira a rilevare e comprendere come i videogiochi sono utilizzati nell’educazione scolastica e a creare una maggiore consapevolezza sulle potenzialità che essi presentano per il futuro.

 

In questo contesto, rimane in ogni caso aperto il tema della protezione dei giovani consumatori da contenuti potenzialmente non adatti alla loro età nei videogiochi. Tema su cui l’industria si è spesa in questi anni mettendo la tutela dei minori al primo punto della propria agenda e collaborando con le istituzioni nazionali ed europee.

 

Da quasi cinque anni abbiamo adottato un sistema di classificazione europeo dei prodotti in base all’età e ai contenuti (il PEGI) per dare informazioni chiare e affidabili ai genitori. Il PEGI viene spesso citato dal Commissario Europeo per la Società dell’Informazione e i Media Viviane Reding come uno dei migliori esempi nel settore dell’autoregolamentazione in Europa, più recentemente in una Comunicazione della Commissione Europea di fine aprile. Tutte le console di nuova generazione sono dotate di sistemi di controllo parentale che permettono di impostare la piattaforma in modo da leggere  solo videogiochi appartenenti ad una determinata fascia di età oppure di limitare il tempo di gioco. A questo si aggiunga il nostro impegno sul fronte dell’informazione e della sensibilizzazione delle famiglie, come dimostra la recente campagna di comunicazione responsabile rivolta alle donne e alle madri su IO DONNA, oppure ancora la campagna realizzata lo scorso anno sulla stampa e su più di 1000 punti vendita in tutto il territorio nazionale in prossimità del Natale.

 

Il nostro auspicio come industria è che si possa progressivamente passare da un approccio basato sulla mera protezione ad un approccio basato sulla conoscenza e sull’educazione. Bisogna riconoscere e accettare che siamo in una nuova società fondata sulla cultura multimediale, dove sono cambiati i contesti sociali e culturali di riferimento, i modelli di diffusione della conoscenza e di apprendimento, le frontiere tra dentro e fuori. In questo scenario il videogioco e il linguaggio che lo caratterizza, vale a dire l’interattività, possono svolgere un ruolo fondamentale per le generazioni di oggi e di domani.

 

Guida al PEGI

  

 

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[1] Per approfondimenti sul sistema di classificazione dei videogiochi PEGI vedi il documento allegato.

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