Unione Nazionale Comuni e Comunità Enti Montani (UNCEM) in collaborazione con l’Associazione per la Convergenza nei servizi di Comunicazione (ANFOV) hanno realizzato le FAQ sul 5G. Scarica la guida.
Tra le domande c’è una di forte attualità. “È vero che con il 5G si dovranno alzare i limiti di esposizione?”. La risposta è “No”. Con relativa spiegazione da parte Prof. Ing. Nicola Pasquino dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
“No”, risponde Pasquino. “Le stazioni radio base che forniranno il servizio 5G saranno solo ulteriori sorgenti di campo elettromagnetico il cui contributo si sommerà a quanto già esistente e, pertanto, esse ricadranno nell’ambito di applicazione del D.P.C.M. 8/7/2003. Esso prevede che il contributo totale delle sorgenti che fanno sentire il proprio effetto in un determinato punto dello spa- zio, a prescindere dal numero di sorgenti, sia inferiore ai limiti fissati: si potranno, cioè, aggiungere nuove antenne ma solo a condizione che il livello di esposizione complessivo generato da tutte le sorgenti resti al di sotto dei limiti. Non sarà necessario, perciò, alcun innalzamento dei limiti di esposizione”.
Come sappiamo, ieri nel Consiglio dei ministri è saltata la misura, nel decreto ‘Omnibus, per innalzare i limiti elettromagnetici, che in Italia è il più basso, fissato a 6 volt/metro.
Aggiornamento delle ore 14:45 del 10 agosto 2023 con la precisazione del prof. Pasquino
5G e limiti di esposizione. La precisazione del prof. Pasquino. Il dibattito su Key4biz
Zorzoni: “Ci si lamenta che non esiste il vero 5G in Italia, ma questo non c’è nemmeno in Europa dove i limiti, in alcuni casi, sarebbero più alti: come sostenere che l’innalzamento dei limiti procurerebbe un’accelerazione del vero (mmWave) 5G, quando non procede in nessuna parte nel vecchio continente?”
Sul tema è interessante il commento di Giovanni Zorzoni, presidente di AIIP.
“Salta (nuovamente) l’innalzamento dei limiti del 5G.
Nel CdM salta (fortunatamente) il tentativo di innalzare i limiti di esposizione radioelettrica italiani. Tali limiti, è bene ricordarlo, furono frutto di rigorosissime analisi di ingegneri del Ministero, e le loro conclusioni sono un eccellente prodotto del made in Italy, proprio quello di cui il MIMIT dovrebbe andare fiero. O forse vogliamo sostenere che i campi elettromagnetici sono più salubri oggi rispetto a 20 anni fa?
Quando l’Italia fa le cose per bene, non vedo perché dovremmo imparare da chi fa peggio in Europa. Inoltre, ricordiamo due ulteriori fatti importanti: le gare delle frequenze (5G) sono state bandite con gli attuali limiti e cambiare le regole ex-post genererebbe una inaccettabile alterazione del mercato e del valore delle stesse frequenze.
Secondo fatto, ci si lamenta che non esiste il vero 5G in Italia, ma questo non c’è nemmeno in Europa dove i limiti, in alcuni casi, sarebbero più alti: come sostenere che l’innalzamento dei limiti procurerebbe un’accelerazione del vero (mmWave) 5G, quando non procede in nessuna parte nel vecchio continente?
Prima dell’enorme crisi economica che ci aspetta, il vero 5G non ha fatto passi avanti, vista anche la totale assenza di “verticali” (killer-application). Come ci si può razionalmente immaginare che l’innalzamento dei limiti potrebbe cambiare tutto questo, quando il tema vero (e lo sappiamo tutti) è l’impossibilità di fare investimenti da parte degli operatori mobili (e la probabile grave crisi economica alle porte non sarà certo d’aiuto…) esacerbata dall’indisponibilità di apparati 5G a buon mercato, con l’esclusione dei produttori cinesi di apparati di telecomunicazioni?”