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Mattarella lancia l’allarme sul clima, appello con cinque Capi di Stato
Mentre l’Europa brucia sotto un caldo anomalo e le catastrofi naturali mettono la stagione estiva a rischio, a portare sotto i riflettori i cambiamenti del clima è ancora una volta il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questa volta, insieme agli altri 5 capi di stato del gruppo Arraiolos, una associazione multinazionale informale dei presidenti di alcuni degli stati membri dell’Ue (Italia, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Slovenia), che lancia un appello all’Ue e alla comunità internazionale affinché vengano prese “iniziative urgenti ed efficaci” per affrontare le conseguenze di un ecosistema ormai fuori controllo. La situazione ambientale va affrontata senza esitazioni, è il monito lanciato nel documento, “bisogna agire ora” incalzano i sei capi di stato. Il rischio è che la natura impazzisca mettendo a rischio il rapporto uomo-ambiente. Quindi stop ai “compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire” e farlo insieme, “collettivamente”.
Tutti i paesi del Mediterraneo vengono sollecitati a “reagire” e ad “impegnarsi in uno sforzo collettivo per arrestare e invertire gli effetti della crisi climatica”. Quello lanciato da Mattarella e gli altri leader non è un avvertimento che riguarda solo “il presente” ma piuttosto un imperativo necessario “per il futuro dei nostri figli e delle generazioni che verranno”. La transizione ecologica non si può più rimandare è un mantra che oggi arriva da più parti dentro e fuori l’Italia. All’appello del Presidente, infatti, si aggiungono le parole di papa Francesco che da Lisbona sprona i giovani a prendersi “cura della casa comune” per affrontare “l’urgenza drammatica” con un “cambiamento della visione antropologica”. Intanto, l’Aula Senato ha approvato l’ultimo provvedimento prima della pausa estiva, il cosiddetto decreto caldo che prevede misure per la tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica.
La Meloni stoppa il pasticcio sulla patrimoniale in Aula alla Camera
La patrimoniale fa fibrillare per qualche ora il governo, prima che Giorgia Meloni intervenga per chiarire che non si farà. A far scoppiare il caso è stato un odg di Nicola Fratoianni (Avs) in cui si chiedeva all’esecutivo di valutare una tassa per i patrimoni sopra i 500 mila euro destinata a finanziare l’istruzione. In Aula alla Camera la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassineti ha dato “parere favorevole, con riformulazione”. Un “pasticcio” che per alcune ore fa sì che l’opposizione parli di “maggioranza Meloni-Fratoianni”. A chiudere la questione è stata la premier che da Palazzo Chigi ha chiarito che “il governo ha velocemente valutato la proposta e altrettanto velocemente concluso che non intende dare seguito alla stessa”. Resta il fatto che l’incidente ha fatto scattare un allarme sul raccordo tra esecutivo e Parlamento. Questo è stato uno dei punti affrontati nel corso del pranzo che ha visto seduti al tavolo a Palazzo Chigi la Premier, i due vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e i capigruppo della maggioranza. Il caso Fratoianni, per la Meloni è “il classico esempio di ciò che accade quando c’è scollamento tra Parlamento e governo”, che va evitato ponendo “massima attenzione”. Da qui l’invito a “coordinarci di più ed essere ancora più coesi”.
È stata poi fatta una ricognizione sui principali dossier che si presenteranno alla ripresa dell’attività, in particolare la legge di Bilancio e le elezioni europee. Sull’appuntamento elettorale di giugno la Meloni avrebbe sottolineato l’opportunità di una competizione non troppo esasperata tra gli alleati. Un invito simile avrebbe fatto anche sulla manovra: “Cerchiamo di evitare proposte spot”. In serata Meloni ha poi riunito il Consiglio dei ministri, con all’ordine del giorno, tra le altre cose, il disegno di legge con nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Una seduta più rilevante per i contenuti sarà però quella che si terrà lunedì prossimo. Sul tavolo, tra le altre cose, le norme per la riforma del servizio di taxi, su cui al termine del Cdm c’è stata una riunione a cui hanno partecipato oltre alla premier i ministri Adolfo Urso, Antonio Tajani, Matteo Salvini, Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti. L’obiettivo è arrivare a lunedì con un decreto. La proposta messa a punto al momento sembra non essere ancora gradita ai tassisti, ma la presidente del Consiglio sarebbe decisa ad andare avanti, convinta che l’idea del governo sia equilibrata e che garantisca sia gli investimenti fatti dagli operatori che l’esigenza di incrementare la concorrenza e le licenze.
La discussione del salario minimo è stata rinviata. Ira delle opposizioni
Slitta all’autunno il dibattito alla Camera sul salario minimo. Su richiesta della maggioranza, in Aula è stato approvato il rinvio di 60 giorni dell’esame della proposta di legge delle opposizioni. L’ipotesi di rimandare è maturata nelle scorse settimane, quando la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha aperto al confronto, mettendo in stand by la strategia della maggioranza, che fino a quel momento era intenzionata a votare subito in Aula la soppressione della proposta di legge. “Grazie alla sua mediazione” ha spiegato Giovanni Donzelli (FdI) “arriveremo a una proposta utile per superare il tema del lavoro povero. Tema creato dal governo delle sinistre e che vogliamo risolvere con proposte serie, senza demagogia”. Ma le opposizioni ritengono si trattati di una mossa meramente tattica. “Le aperture al dialogo di Meloni sono rimaste solo parole”, ha sottolineato il presidente del M5S Giuseppe Conte, che ha avvertito i partiti di maggioranza: “Non vi ripresentate a ottobre con proposte furbe dirette a spaccare i lavoratori”.
“Siamo davanti alla fuga della maggioranza, che scappa di fronte a un problema reale”, ha commentato la segretaria Pd Elly Schlein. Il tema salario minimo è comunque uno dei pochi che continua a tenere unite le opposizioni: la proposta di legge porta la firma di tutti i gruppi di opposizione (tranne gli esponenti di Iv). E dopo la battuta di arresto in Aula, il fronte, composto da Pd, M5S, AVS, Azione e +Europa, ha lanciato una raccolta di firme. L’iniziativa segna un passo in direzione di quel fronte largo che mai è giunto a meta. Il voto proporzionale delle europee 2024 non aiuta il cammino, ma qualche segnale di avvicinamento si scorge. Dopo essere riuscite a far arrivare il salario minimo al centro dell’agenda politica, l’obiettivo delle opposizioni adesso è evitare che il rinvio a settembre faccia finire la questione “nel dimenticatoio e venga affossata”, ha detto Riccardo Magi, di +Europa. Anche perché, malgrado sulla carta lo slittamento sia di 60 giorni, nelle opposizioni c’è chi teme che il Salario minimo non possa tornare all’ordine del giorno dei lavori della Camera prima dell’inizio dell’anno prossimo.
Slitta la riforma sull’autonomia. FdI riscrive la parte sui Lep
Alla fine, il Senato rimanda a settembre la discussione sull’autonomia differenziata. L’atteso rush finale sulla Riforma Calderoli slitta dopo la pausa estiva. Le opposizioni hanno scongiurato in commissione Affari costituzionali del Senato il voto degli emendamenti che significa tenere aperta la possibilità di ascoltare ancora il comitato tecnico sui Lep. Pd, M5S e AVS hanno ottenuto, oltre alla garanzia sull’audizione del Comitato per i Livelli essenziali delle prestazioni (Clep). Il grimaldello che ha permesso di sbloccare la situazione è però un emendamento di FdI che riscrive completamente l’articolo 3 del provvedimento, proprio la parte che riguarda la determinazione dei Lep. È il frutto, assicurano da FdI, di una paziente mediazione tra FdI e Lega. Il risultato, particolarmente gradito alla premier Meloni, blinda in sostanza la definizione dei Lep e impone alcuni paletti, ritenuti, a destra e a sinistra, indispensabili per non avere un’Italia a due velocità. Tra le novità della proposta di modifica la tutela dell’interesse nazionale contro il rischio di creare disparità tra Regioni e il rispetto della centralità del Parlamento.
L’emendamento, firmato anche da Maria Stella Gelmini di Azione, mette nero su bianco che i livelli essenziali di prestazione devono essere garantiti “su tutto il territorio nazionale” e vanno individuati attraverso decreti legislativi da adottare entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge”. Inoltre, le nuove condizioni chiamano in causa sia il governo che il Parlamento. Infatti, si parla ora di decreti legislativi e non di Dpcm come avrebbe voluto Calderoli. Questo significa che serve la proposta del premier e del ministro per le Autonomie, di concerto con i ministri competenti, e pure il nulla osta della Conferenza unificata. Corretta la proposta ora il disegno di legge è più equilibrato perché evita differenze tra Nord e Sud d’Italia e garantisce che il Parlamento non sia escluso dall’iter. I leghisti da parte loro incassano il nuovo passo con disinvoltura e avvertono: “Oggi abbiamo tracciato una road map chiara, ma da settembre vogliamo procedere spediti senza più impedimenti”. Intanto sul tavolo della commissione, alla ripresa prevista per martedì 5 settembre alle 14.00, attendono il voto oltre 500 emendamenti e quei voti saranno un banco di prova per il Governo e la maggioranza.
Tajani completa le nomine e fissa il congresso di Fi a febbraio
Il congresso a Roma a fine febbraio, in tempo per le Europee e come momento di legittimazione dal basso, e una squadra collaudata a governare il partito. Il nuovo corso di Forza Italia è senza scossoni: Antonio Tajani conferma il gruppo dirigente del partito e aggiunge alcune caselle di peso, affidandole a persone di sua stretta fiducia. In attesa della fine di questa fase di reggenza. La segreteria, riunita nella sede del partito, approva all’unanimità le proposte del segretario. Oltre ai sei attuali, che sono stati confermati, vengono istituiti tre nuovi settori: quello del Portavoce, ruolo affidato al vicecapogruppo alla Camera Raffaele Nevi, mentre Gregorio Fontana, ex responsabile dell’organizzazione, curerà l’identità del partito, l’archivio e la banca dati documentale. Viene inoltre previsto un nuovo settore di peso, quello della macchina elettorale, con il compito di coordinare le campagne elettorali a livello europeo, nazionale e locale, affidato ad Alessandro Battilocchio. Nuovo responsabile organizzazione, al posto del dimissionario Fontana, è Francesco Battistoni, parlamentare ritenuto il braccio destro di Tajani.
In più il responsabile del tesseramento sarà promosso al rango di settore con una modifica dello statuto, e resterà in capo al sottosegretario Tullio Ferrante, vicino alla compagna di Berlusconi Marta Fascina. Il Congresso, ha detto Tajani al termine della segreteria, “sarà occasione per discutere dei grandi temi nazionali. Forza Italia sarà architrave della politica italiana”, intanto “abbiamo provveduto alla ratifica di alcune nomine, per rendere più efficace il nostro lavoro”. E a chi gli chiede se ci saranno altri candidati, il segretario replica secco: “Abbiamo convocato ora il Congresso, per chi lo vuole fare, ci sono i tempi e i modi per candidarsi”. “Il partito rimane unito e in campo più che mai” ha assicurato Flavio Cattaneo, confermato responsabile ai Dipartimenti. Dalla riunione della segreteria esce anche l’ufficializzazione della candidatura di Adriano Galliani per le suppletive al Senato per il seggio di Monza, dove era stato eletto Berlusconi.
Alla Camera
L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 8.30 per la discussione e approvazione definitiva della delega al Governo per la riforma fiscale.