Estremizzazione di clima e meteo, un problema reale
Sono almeno 20 anni che si batte il tamburo dei cambiamenti climatici e dell’estremizzazione dei fenomeni atmosferici (il tutto in relazione con l’elevato livello delle emissioni di gas serra e il conseguente fenomeno del surriscaldamento globale), ma a quanto pare in molti non si convincono della gravità della situazione e dell’emergenza a cui bisogna fare fronte con adeguati strumenti culturali, sociali, tecnologici, economici e politici.
I fenomeni meteo violenti di questi giorni in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, come la tempesta che ha investito stanotte Milano, sono solo gli ultimi esempi di cosa significhi giocare con l’atmosfera del pianeta.
È per questo che l’Unione europea e gli Stati Uniti, in testa, hanno proposto al mondo una strategia di decarbonizzazione che entro il 2050 ci consenta di tagliare una buona fetta di inquinanti, fino ad arrivare alle zero emissioni.
Per quel che ci riguarda più da vicino, Bruxelles qualche anno fa ha lanciato la transizione energetica ed ecologica, proprio per contrastare gli effetti più duri dei cambiamenti climatici mitigandoli e provvedendo a migliorare la nostra capacità di adattamento in un mondo che cambia rapidamente.
I media che remano contro la transizione energetica ed ecologica
Secondo un nuovo studio di Greenpeace, però, risulta che più del 20% delle notizie diffuse dai più importanti quotidiani e telegiornali nazionali fa da megafono ad argomentazioni assolutamente contrarie alla transizione energetica e le necessarie azioni per mitigare il riscaldamento globale.
I ricercatori dell’Osservatorio di Pavia hanno esaminato, nel periodo fra gennaio e aprile 2023, come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da un campione delle 20 testate di informazione più seguite su Instagram.
I risultati mostrano che nel primo quadrimestre del 2023 i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 2 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma quelli realmente dedicati al problema sono stati meno della metà.
Si tratta di risultati inferiori alla media del 2022 e che dimostrano la scarsa attenzione verso il riscaldamento del pianeta quando non si verificano eventi estremi come quelli che stiamo vivendo nelle ultime settimane. A riprova di questa scarsa attenzione, nella prima parte dell’anno la crisi climatica non è finita quasi mai in prima pagina: è successo meno di una volta al mese.
Rimane elevato, al contrario, lo spazio offerto alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta: la media è stata di 4 pubblicità a settimana su ogni quotidiano esaminato.
Anche i telegiornali si confermano poco interessati al riscaldamento globale: nelle edizioni di prima serata, meno del 2% delle notizie trasmesse ha fatto almeno un accenno alla crisi climatica.
“Il risultato più sconcertante del rapporto è tuttavia l’elevato numero di notizie – più di una su cinque – che hanno diffuso argomenti a favore dello status quo e contro le azioni per il clima, come sostenere che la transizione ha costi eccessivi o invocare una gradualità negli interventi che favorisce l’inazione, criticare gli attivisti climatici o le auto elettriche”, ha dichiara Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.
“Sono narrative tossiche spesso infarcite di fake news che circolano soprattutto per bocca di politici e aziende interessate a ritardare il più possibile l’abbandono dei combustibili fossili – ha aggiunto Sturloni – essenziale per non soccombere a un’altalena di alluvioni, siccità e ondate di calore sempre più estreme. Sui media il clima rischia di trasformarsi in un terreno di scontro politico e a farne le spese saranno purtroppo le persone più esposte al caos climatico già sotto gli occhi di tutti”.
L’Italia tra i Paesi più colpiti dagli eventi estremi e dalla disinformazione
Una situazione di stallo, da scontro ideologico attorno ad un tema che dovrebbe unire, non dividere. L’intensificarsi dei fenomeni meteo estremi e l’accresciuta frequenza con cui questi si presentano sul nostro Paese dovrebbe indurci tutti a trovare soluzioni eque, giuste e con il minore impatto sociale ed economico possibile sulla popolazione e il mondo delle imprese.
Secondo un altro studio di Legambiente, prendendo in considerazione solo l’anno passato, l’Italia ha registrato un incremento del 55% di casi rispetto al 2021; parliamo di 310 fenomeni meteo-idrogeologici che quest’anno hanno provocato impatti e danni da nord a sud e causato ben 29 morti. Nello specifico si sono verificati 104 casi di allagamenti e alluvioni da piogge intense, 81 casi di danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 29 da grandinate, 28 da siccità prolungata, 18 da mareggiate, 14 eventi con l’interessamento di infrastrutture, 13 esondazioni fluviali, 11 casi di frane causate da piogge intense, 8 casi di temperature estreme in città e 4 eventi con impatti sul patrimonio storico.
Molti gli eventi che riguardano due o più categorie, ad esempio casi in cui esondazioni fluviali o allagamenti da piogge intense provocano danni anche alle infrastrutture. Nel 2022 sono aumentati, rispetto allo scorso anno, i danni da siccità, che passano da 6 nel 2021 a 28 nel 2022 (+367%), quelli provocati da grandinate da 14 nel 2021 a 29 nel 2022 (+107%), i danni da trombe d’aria e raffiche di vento, che passano da 46 nel 2021 a 81 nel 2022 (+76%), e allagamenti e alluvioni, da 88 nel 2021 a 104 nel 2022 (+19%).
Preoccupa anche il bilancio degli ultimi 13 anni: dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono verificati in Italia 1.503 eventi estremi con 780 comuni colpiti e 279 vittime. Tra le regioni più colpite: Sicilia (175 eventi estremi), Lombardia (166), Lazio (136), Puglia (112), Emilia-Romagna (111), Toscana (107) e Veneto (101).
Nel complesso gli eventi climatici estremi sono stati 946 tra il 2010 e il 2020. Oltre agli allagamenti vi sono state 257 trombe d’aria che hanno provocato danni, 147 casi di danni di infrastrutture da piogge intense, 118 esondazioni fluviali. Naturalmente uno stesso episodio può essere contato in due diverse tipologie di evento, se provoca per esempio sia un danno a infrastrutture che un’esondazione.
Meno frequenti, ma non assenti, i danni da siccità prolungata e i casi di temperature estreme nelle città italiane. Si sono verificati 39 volte tra il 2010 e il 2020, mentre 35 sono state le frane da piogge intense e 14 i danni al patrimonio storico che queste hanno prodotto.