Stati Uniti
L’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti è stata salutata come un evento storico: il primo afro-americano alla guida della maggiore potenza mondiale rompe infatti più di un tabù, oltre quello razziale.
Molti hanno già definito Obama il primo presidente 2.0, per la lungimiranza dimostrata dalla sua interpretazione del web, considerato “lo strumento più potente per avere una comunità solida, basata sulle stesse idee”, e per la sua capacità di intuire il valore dei social networks e delle applicazioni mobili come piattaforma essenziale per conquistare gli elettori più giovani.
Per la sua campagna elettorale, inoltre, l’ex senatore dell’Illinois ha arruolato fin da subito nella sua equipe uno dei fondatori di FaceBook, Chris Hughes, che ha messo in campo la propria conoscenza delle dinamiche della comunicazione web per dare a Obama la massima visibilità possibile.
La strategia adottata da Hughes ha poggiato su un principio: “Tutti i siti permettono agli elettori di avvicinare il loro candidato. La nostra strategia è di fare incontrare gli elettori tra loro”, afferma il giovane cofondatore del sito di social network più famoso al mondo.
La pagina di Obama su Facebook, ha attirato più sostenitori di qualsiasi altro politico, band, o celebrità.
A luglio, quando i supporter di Obama su Facebook avevano raggiunto quota un milione, Hughes scriveva: “Per coloro che erano convinti che i giovani non sono interessati alla politica, non ci potrebbe essere testimonianza migliore di questa dell’energia e dell’entusiasmo dei ragazzi oggi. Un milione di utenti Facebook hanno chiarito non solo di essere coinvolti nei processi politici, ma anche di essere pronti al cambiamento”.
Un entusiasmo che ha smentito anche gli scettici più ostinati, convinti che tanto quei giovani lì alla fine non sarebbero neanche andati a votare. E invece è stato proprio quel pubblico, magari non troppo avvezzo alle congiunture e ai programmi politici, a fare pendere la bilancia a favore del candidato democratico, contribuendo, in ultima analisi, a un risultato storico.
Il motto ‘Yes we can’ si è imposto, dunque, grazie anche al tam-tam degli internauti che in tutto il mondo hanno simpatizzato con Obama, immettendo in rete video e contributi alla causa. E, certo, anche un mare di denaro: i contributi economici alla campagna del neopresidente arrivati da internet si sono attestati a 600 milioni di dollari, donati da 3 milioni di persone. Un traguardo impensabile senza il web.
Obama certo non è il primo ad aver usato il web per raccogliere fondi – Al Gore lo fece nel 2000, Howard Dean nel 2004 la Clinton durante le primarie – ma il loro approccio al web fini lì: nessuno di loro ha saputo cogliere il vero senso della community, che è quello di valorizzare chi vi partecipa con uno scambio real-time. Obama, inoltre, ha fatto ampio uso degli sms e delle applicazioni mobili, grazie alle quali, il contatto col pubblico è stato costante. Via sms è stata comunicata in tempo reale agli elettori la scelta del vicepresidente Joe Biden o venivano indicati i luoghi dei comizi più vicini. Una mossa, anche questa, azzeccata e che dà la misura di come il neopresidente abbia saputo ‘interpretare’ e non solo cavalcare l’onda dei nuovi mezzi di comunicazione, facendoli propri non per moda o convenienza ma per cultura.
Proprio per questo il mondo di internet si aspetta tanto da Obama e guarda a lui come a una rockstar capace di riportare il sogno americano sul palcoscenico del mondo.