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“…Ho deciso di mantenere il ruolo di presidente della Commissione di Vigilanza che mi è stato affidato col voto di parlamentari che hanno svolto legittimamente la loro funzione”. E’ quanto ha dichiarato il presidente eletto della Vigilanza, Riccardo Villari, che ha chiesto “…rispettosamente a tutti i colleghi della Commissione di compiere un atto di coraggio e di permettere a questo organo di garanzia di svolgere il suo delicato e impegnativo lavoro“. Villari ha anche chiesto “…alla politica dei partiti di fare un passo indietro“, e precisato che, pur avendo “…la massima stima e considerazione per il senatore Zavoli”, si sente a sua volta “…un esponente e un uomo del Partito Democratico, e sottolineo democratico, e per questo so che il valore delle istituzioni precede il peso delle segreterie”.
“…Un errore di valutazione della situazione politica – ha spiegato Villari – ha ridotto nel pantano politico l’elezione del presidente della Vigilanza“. Si tratta, a suo avviso, di “…un danno grave per gli italiani”.
Il presidente ha sottolineato che c’è stata, dopo lo stallo, una dichiarazione della maggioranza sul cambio di strategia: “…Questa pubblica dichiarazione – ha sostenuto – è stata sottovalutata e non contrastata con alcun efficace disegno politico, facendo sì che io fossi eletto presidente”.
Villari ha poi sottolineato che dopo la sua elezione è iniziata “…una lunga sequenza di pressioni, minacce e offese inaccettabili per chiunque e pericolose per un parlamentare che esercita il mandato affidato dal popolo”, nonostante lui fosse stato eletto democraticamente.
“…Le pressioni sono diventate sempre maggiori fino a raggiungere l’apice della conferenza stampa dell’onorevole Di Pietro che pubblicamente davanti a tutti i mezzi di comunicazione è passato alla diffamazione“, ha spiegato Villari. Per tutto questo, è rimasto “…dignitosamente e in silenzio al mio posto – ha detto ancora -; il profondo rispetto che nutro nei confronti delle istituzioni ha permesso lo sblocco della situazione e sono state messe le basi per il dialogo tra maggioranza e opposizione“.
Ma questo, a suo avviso, “…non ha evitato che fosse pesantemente messa in discussione la dignità delle istituzioni che sono chiamato a rappresentare. Gli insulti, pure indirizzati a me, hanno colpito frontalmente il Parlamento, ovvero la casa istituzionale degli italiani“.
“…Chiedo rispettosamente a tutti i colleghi della Commissione di compiere un atto di coraggio e di permettere a questo organo di garanzia di svolgere il suo delicato e impegnativo lavoro. Chiedo alla politica dei partiti di fare un passo indietro, per lasciare che le scelte almeno negli organi di garanzia vengano effettuati dai parlamentari e venga rispettata la dignità della politica delle istituzioni”. E’ l’appello di Villari, del Pd, che così conferma di voler rimanere al suo posto.
Per il presidente della Vigilanza proprio queste “…sono alcune delle considerazioni che mi spingono a decidere di mantenere il ruolo di presidente della Commissione di Vigilanza che mi è stato affidato con il voto di parlamentari che hanno svolto legittimamente la loro funzione”.
L’Ufficio di presidenza del gruppo del Pd ha intanto proposto l’espulsione di Villari dal gruppo del Senato. Il direttivo ora dovrà prendere la sua decisione.
Contro l’eventuale espulsione, comunque, secondo quanto si apprende, Villari potrebbe presentare ricorso all’assemblea del gruppo. E solo questa potrà dire la parola definitiva.
Al momento, spiegano alcuni, non c’è un’istanza di espulsione da parte del partito.
Dal partito di Antonio Di Pietro, il presidente dei senatori Felice Belisario ha affermato che “…L’Italia dei Valori aveva ragione. La commissione di Vigilanza Rai è purtroppo delegittimata non solo per il veto posto da Berlusconi nei confronti dell’Idv, ma anche per il comportamento inqualificabile del senatore Villari (…) che insiste nella commedia degli equivoci con lo scopo di creare un fronte politico trasversale per mettere sotto controllo la rete televisiva pubblica e tutto il sistema informativo”.
Belisario peraltro fa notare che “…la posizione dei presidenti delle Camere in tutto questo pasticcio si limita a contestare la legittimità delle dimissioni dei componenti dell’Italia dei Valori Leoluca Orlando e Pancho Pardi, invece di assumere iniziative serie per bloccare questa sceneggiata napoletana“.
Ma Villari non ha perso tempo nel suo lavoro come presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai.
Nell’ufficio di presidenza – appena costituito con l’elezione dei due vicepresidenti, Giorgio Lainati e Giorgio Merlo, e dei due segretari, Enzo Carra e Luciano Sardelli – ha depositato il suo primo atto da presidente della commissione parlamentare: il regolamento per la Rai sulle prossime elezioni in Abruzzo. Il documento regolamenterà la presenza dei politici sui teleschermi della tv pubblica in vista dell’elezione del governatore della Regione.
Il problema è che il consiglio di amministrazione della Rai, due settimane fa, in una situazione di vacatio della Vigilanza ha approvato un regolamento elettorale per la presenza dei politici sulle sue tv, visto anche che il periodo dei comizi elettorali è già cominciato e le elezioni sono previste per il 30 novembre.
“…Con il gesto di Villari a Veltroni rimane solo il suicidio“. Ha dichiarato Francesco Storace, segretario de La Destra, a proposito della decisione di Riccardo Villari di non dimettersi da presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai.
Le cose non sono quindi andate come aveva previsto il Pd che pensava di poter eleggere oggi Sergio Zavoli alla presidenza della Vigilanza.
La giornata di ieri è stata caratterizzata in casa Pd soprattutto da violente polemiche nei confronti di Nicola Latorre, il senatore che si è dimesso dalla Vigilanza per far posto a Zavoli che non ne faceva parte. Oggetto della controversia è il ritaglio di giornale fornito da Latorre a Italo Bocchino (vice capogruppo del Pdl alla Camera) venerdì mattina in diretta tv, durante un dibattito con Massimo Donadi dell’Idv che si svolgeva nel corso della rubrica ‘Omnibus’ de La7.
Il contenuto dell’appunto scritto sul ritaglio di giornale, recuperato dai giornalisti dell’emittente, è stato letto dal direttore de
La reazione del capogruppo dell’Idv Donadi è stata durissima: “…Lo scambio del pizzino fra La Torre e Bocchino è la dimostrazione che in questo paese esiste un rapporto malato tra media, politica ed affari. Che un rappresentante dell’opposizione, mio alleato, suggerisca a un autorevole esponente della maggioranza come attaccarmi durante un dibattito televisivo è una rappresentazione visiva della politica del compromesso”.
All’interno del Pd è tornata l’ombra del complotto nei confronti del segretario Walter Veltroni, che ha sostenuto la candidatura di Orlando fino all’elezione inaspettata di Villari. Il senatore Stefano Ceccanti ha chiesto che Latorre smentisca la ricostruzione di quanto accaduto, dal momento “…che gli farebbe assumere il ruolo di suggeritore nei confronti di un esponente della maggioranza“. Lo storico
Già dopo l’elezione di Villari i collaboratori di Veltroni avevano fatto cenno a qualche possibile complotto messo in atto dal Pdl in accordo con chi nel Pd non aveva intenzione di insistere sulla candidatura di Orlando. Il primo a manifestare il dissenso era stato il senatore Marco Follini, ma lo stesso Latorre non aveva celato i malumori all’interno del partito mentre Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni e vicino alle posizioni di Francesco Rutelli, confermava il sostegno a Orlando. Veltroni difende la sua linea: tutto è stato fatto “…alla luce del sole, senza giochetti” ed era inaccettabile la discriminazione verso l’Idv da parte della maggioranza che poi ha deciso da sola l’elezione del presidente di una commissione parlamentare di garanzia che spetta all’opposizione.
Latorre non ha voluto commentare il proprio comportamento nella trasmissione televisiva de La7.
Leoluca Orlando ha duramente evidenziato la situazione che si è creata in Vigilanza Rai: “…L’Idv – ha detto il presidente mancato della commissione – si è chiamata fuori da questa vicenda, dalla quale emergono più che mai il conflitto di interessi del presidente del consiglio, l’arroganza della maggioranza, le proposte indecenti della seconda carica dello Stato e l’azione dei furbetti del bigliettino. Insomma, siamo davanti a un quadro desolante che rischia di trasformare la commissione di vigilanza in una dependance della villa di Arcore e la Rai la stalla di Arcore”.
“…Continueremo a fare la nostra battaglia – ha detto – per la libertà di informazione, affinché l’Italia sia un paese politicamente corretto e non politicamente corrotto”.