È stata annullata dal Tar del Lazio la maximulta dal oltre 11 milioni di euro inflitta nel luglio 2021 dall’Antitrust a Poste Italiane per “abuso di dipendenza economica“.
La decisione è contenuta in una sentenza con la quale i giudici amministrativi hanno pienamente accolto un ricorso proposto dalla stessa società, principale operatore nel settore postale sul territorio nazionale.
Secondo l’Autorità “Poste Italiane ha imposto clausole ingiustificatamente gravose nei contratti sottoscritti nel 2012 e nel 2013, e vigenti fino al mese di giugno 2017, con Soluzioni S.r.l., una società che per molti anni ha svolto, per conto di Poste Italiane, il servizio di distribuzione e raccolta di corrispondenza nella città di Napoli”.
Preliminarmente il Tar ha rilevato come “gli elementi di fatto raccolti dall’Autorità durante l’istruttoria possano considerarsi, sostanzialmente, incontestati, salvo per qualche circostanza secondaria sulla quale non appare opportuno soffermarsi: viceversa, le conclusioni cui perviene l’Agcm appaiono l’esito di un percorso argomentativo contraddittorio e illogico”.
In sostanza, per i giudici “gli elementi raccolti durante l’istruttoria non appaiono sufficienti per suffragare l’ipotesi di dipendenza economica della Soluzioni nei confronti di Poste italiane”.
In particolare “contraddittoria appare l’esposizione circa la durata dei rapporti contrattuali tra le società” e “la circostanza che i contratti fosse stipulati a seguito di una gara ad evidenza pubblica avrebbe dovuto essere oggetto di attenta valutazione da parte dell’Agcm”; similmente, poi, “le conclusioni secondo cui la sostanziale monocommittenza determinerebbe, di per sé, dipendenza economica appaiono poco convincenti”.
In ogni caso “anche a voler reputare sussistente la ridetta dipendenza, totalmente illogiche sono le conclusioni circa l’abuso posto in essere in danno della società
controinteressata”.
La conclusione secondo il Tar è che “appare evidente come il provvedimento gravato abbia comminato una sanzione per un abuso indimostrato, essendo le evidenze istruttorie state valutate in maniera illogica e contraddittoria”.