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Il cellulare e la rete fanno ormai parte della vita quotidiana dei pre-adolescenti italiani che li utilizzano per sentire gli amici, tenersi sempre in contatto, condividere emozioni, affermare sè stessi. Prevalente l’idea che questi media siano utili, facilmente gestibili e non particolarmente pericolosi, nonostante i ragazzi ammettano anche di aver tenuto comportamenti trasgressivi e provocatori – come fingersi altri (52%), utilizzare foto altrui (46% ), cercare materiale pornografico (35%) – o aver vissuto situazioni rischiose, come ricevere inviti da estranei (41%) o aver chattato con adulti (32%).
Il tutto nella quasi totale assenza di divieti da parte dei genitori.
Sono alcune delle principali conclusioni emerse dalla ricerca “Ragazzi connessi. I pre-adolescenti italiani e i nuovi media” realizzata da Save the Children insieme al CREMIT– Centro di Ricerca per l’Educazione ai Media all’Informazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un’indagine sul significato e la funzione che i ragazzi italiani fra gli 11 e i 14 anni attribuiscono a Internet e ai cellulari e che documenta, in particolare, che tipo di utilizzo ne facciano, perché usino questi media, quanto li considerino pericolosi e quali siano, a loro giudizio, i comportamenti potenzialmente rischiosi.
I cellulari: per comunicare e fissare i ricordi
Il telefonino è ormai ampiamente diffuso anche tra i pre-adolescenti, evidenzia
Per quanto riguarda ciò che i ragazzi fanno con il telefonino, al primo posto troviamo l’invio di SMS (92%), quindi l’uso di giochi (76%), lo scambio di immagini (74,%), filmati (68%), foto (54%), navigare (33%). Nel caso dei filmati e delle foto il 76% filma e fa foto per ricordare un evento, il 73% per condividere foto/video con amici.
“Il cellulare sostituisce la macchina fotografica digitale e diventa strumento per fissare e bloccare alcuni momenti e occasioni divertenti e insolite”, spiega ancora Valerio Neri. “La funzione del ricordare che i ragazzi assegnano al cellulare, è molto importante e sempre più rilevante nell’uso di questo strumento”.
Quanto invece all’impiego del telefonino per navigare, si tratta di una pratica minoritaria: solo il 16% del campione naviga tramite cellulare spesso o qualche volta e lo fa nella maggior parte dei casi per essere svincolato dalla postazione fissa del computer, quindi per essere connesso quando e dove vuole, o perché non ha a disposizione internet a casa.
Internet: in crescita i social network e i blog, per contattare vecchi e nuovi amici ma anche per affermare la propria identità
Secondo la ricerca “Ragazzi connessi”, naviga e utilizza la rete l’86% degli intervistati. In generale, alla domanda su cosa usano e fanno questi pre-adolescenti su Internet, in cima alla lista mettono: i motori di ricerca (81%), seguiti da video e musica (70%), messenger,( 59%), chat (53%), upload (49%), email (47%), videogiochi (33%), forum, blog e social network (28%), skype (16%), acquisti e prodotti (15%), sondaggi e concorsi (11%).
Inoltre il 38% del campione dichiara di possedere un profilo personale in un social network. Molto diffusi e in crescita risultano anche i blog: il 32% dei ragazzi ne possiede uno.
“La crescente preferenza accordata dai ragazzi ai social network qualifica Internet sempre più come spazio di socializzazione”, commenta Pier Cesare Rivoltella, Professore ordinario di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento all’Università Cattolica di Milano e Direttore del Cremit.
“Si tratta di luoghi che i ragazzi frequentano abitualmente, necessari per parlare con i coetanei e gli amici, per incontrarne di nuovi, per esprimersi”.
E infatti il 74% degli intervistati dichiara di usare i social network per tenersi in contatto con gli amici abituali, il 50% per allargare il campo delle conoscenze.
“E’ molto importante capire”, prosegue Rivoltella, “che il web è ormai un’estensione della rete abituale di amicizie e non un mondo alternativo a quello delle relazioni fisiche. Insomma gli amici in rete sono importanti tanto quanto quelli che si incontrano di persona, e spesso sono gli stessi”.
E poi su e tramite Internet i ragazzi affermano se stessi ed esprimono la propria personalità. Non a caso i pre-adolescenti interpellati dalla ricerca utilizzano, molto spesso, foto personali (40%), foto scattate con amici (24%) e foto di personaggi famosi con cui tendono a identificarsi (23,5%). La scelta di immagini personali è determinata dall’intenzione di farsi conoscere e soprattutto di trovare amici con le stesse passioni (50%), di far conoscere i propri interessi (45%), solo secondariamente per catturare l’attenzione (16%) o provocare (3,6%).
La rete secondo i ragazzi: più utile che rischiosa… ma qualche rischio lo ammettono
Nel giudizio dei ragazzi internet è senz’altro molto utile (per niente inutile secondo il 58%) e facile da usare (per niente difficile secondo il 37%) mentre per ciò che riguarda la pericolosità, pochi lo definiscono molto pericoloso (6%) mentre per la maggioranza è abbastanza pericoloso (33%). Alla domanda poi se a casa i genitori pongano dei limiti o dei divieti rispetto al web, il 68% dei ragazzi dichiara di non ricevere per esempio alcun divieto a usare motori di ricerca, programmi di instant messaging (57%) o chat (51%).
“Stando a queste risposte sembrerebbe emergere una sorta di normalizzazione nell’utilizzo della rete, avvertita come un luogo ormai familiare e quotidiano, facile da gestire, utile e non particolarmente rischioso non solo per tanti ragazzi ma anche per molti genitori”, prosegue ancora Pier Cesare Rivoltella.
Tuttavia alla domanda su eventuali rischi corsi da coetanei o su comportamenti trasgressivi e pericolosi da loro stessi tenuti in rete, il 52% dei giovani intervistati ritiene che i coetanei fingano di essere qualcun altro, il 51% che raccontino cose non vere, il 46% che pubblichino foto senza autorizzazione, il 41% che ricevano inviti da parte di estranei, il 35% che cerchino materiali pornografici, il 34% che chattino con persone adulte.
Alla domanda poi se loro stessi si siano trovati in una di queste situazioni, dice di sì il 25% del campione. Che dichiara anche di non averne parlato con nessuno, o al massimo con i propri amici, mentre rarissimi sono i casi nei quali si è deciso di confidarsi con fratelli o sorelle o ci si è rivolti direttamente ai genitori (le percentuali oscillano fra il 2% e il 5% dei giovani intervistati).
“Evidentemente i ragazzi non sono poi così inconsapevoli e si rendono conto che alcuni comportamenti tenuti in rete possono essere rischiosi o provocatori”, commenta ancora il Direttore Generale di Save the Children Italia. “Se è vero infatti che su Internet possono navigare anche adulti potenziali abusanti dobbiamo renderci conto che in molti casi sono proprio i ragazzi a utilizzare questi media in modi e per scopi inadeguati. La sfida che si pone agli adulti, genitori e insegnanti – prosegue – è agire su questi specifici comportamenti, dotando i ragazzi delle competenze necessarie a rispondere in autonomia e in modo sicuro alle sollecitazioni che provengono dalla rete”.
I primi e principali interlocutori dei ragazzi dovrebbero essere i genitori. Ma spesso i ragazzi o non si confidano con nessuno o solo con gli amici. E’ necessario quindi intervenire sul gruppo dei “pari”, con azioni mirate su di loro, attraverso campagne di sensibilizzazione e attività di promozione ad un uso consapevole e responsabile dei nuovi media condotte soprattutto a scuola.
In questa direzione va la campagna “Posta con la testa” di Save the Children che, attraverso 2 spot, spinge i ragazzi a riflettere sulle conseguenze di alcuni atteggiamenti rischiosi, come postare una foto personale provocante, rendendola visibile a tutti: quell’immagine, una volta online, “non può più tornare indietro. Tutti possono vederla”, mette in guardia una delle clip.
La campagna “Posta con la testa” ha avuto l’adesione di La7 che dal 17 novembre sta veicolando uno dei due spot.
“Insegnanti, genitori, e tutti coloro che a diverso titolo si occupano di minori e nuovi media debbono cambiare prospettiva e lavorare e intervenire su specifici comportamenti a rischio e su specifici gruppi di ragazzi”, prosegue Pier Cesare Rivoltella. “Non tutti i ragazzi sono esposti al rischio allo stesso modo. La maggior parte ha le risorse per gestire le situazioni in modo adeguato. Altri no, come per esempio quelli che vivono già in condizioni problematiche, dove il riferimento adulto è carente o addirittura assente. In entrambi i casi – conclude – è necessario operare in due direzioni: rafforzare le competenze del singolo e dei pari, che spesso sono il suo unico riferimento e possono esercitare un ruolo di mediazione nei suoi confronti; creare le condizioni perché l’adulto educatore trovi gli strumenti minimi per esercitare la funzione di indirizzo e tutela”.