Net neutrality: Google fa dietrofront. Accordi con i provider per ‘corsia preferenziale’ sul web

di Alessandra Talarico |

Stati Uniti


Larry Page e Sergey Brin di Google

La notizia, pubblicata dal Wall Street Journal, ha fatto il giro del mondo in poche ore: Google, il re dei motori di ricerca web, avrebbe avuto contatti con le maggiori compagnie telefoniche e via cavo per ottenere una sorta di ‘corsia preferenziale‘ riservata ai propri servizi e contenuti.

 

Il progetto – battezzato OpenEdge – accelererebbe la trasmissione dei servizi Google rispetto ad altri e potrebbe essere seguito, sostiene la società di Mountain View, da accordi simili da parte di altri competitor come Yahoo! e Microsoft.

 

Si riapre quindi il caldissimo tema della neutralità della rete, che trovava fra i suoi più ferventi sostenitori proprio Vinton Cerf, uno dei ‘padri fondatori’ del web assieme a Robert Kahn, nonché presidente dell’Icann e, da settembre 2005, anche Chief Internet Evangelist di Google.

Cerf ha sempre sostenuto che se si incoraggiassero posizioni contrarie alla neutralità della rete, i provider potrebbero favorire alcuni contenuti rispetto ad altri, creando un’architettura basata sui favoritismi e progettata per avvantaggiare alcuni servizi rispetto ad altri.

 

La ‘rete neutrale’ – come spiegato dalla Trans-Atlantic Consumer Dialog (TACD), una coalizione che comprende 65 organizzazioni europee e statunitensi – è quello spazio in cui i consumatori hanno tre diritti fondamentali: quello di utilizzare “qualsiasi dispositivo a loro scelta”; quello di poter accedere a qualsiasi “contenuto, servizio o applicazione” e la possibilità di usare questi diritti senza “discriminazioni legate alla fonte, alla destinazione, al contenuto o al tipo di applicazione”.

 

Google, che non è mai stato un grande fan della network neutrality, trova ora a sostegno della sua posizione anche il difficile contesto macroeconomico mondiale, che si traduce nella necessità degli ISP di trovare nuovi attori disposti a condividere le spese di gestione delle reti internet.

In particolare, di fronte alle previsioni di crescita del traffico web – che aumenterà del 50% all’anno trainato dalla proliferazione dei video – l’opzione di far pagare un bonus alle compagnie per avere linee ‘dedicate’ più veloci potrebbe essere una soluzione.

 

Bisogna però considerare come la FCC reagirebbe a un accordo di questo genere, anche se – riporta il WSJ – “Microsoft e Yahoo! hanno già deciso, separatamente, di defilarsi da una coalizione formata 2 anni fa per proteggere al neutralità della rete”.

 

Secondo i sostenitori della neutralità della rete, il problema maggiore non è quello di assegnare una corsia privilegiata ad alcuni servizi, quanto quello di difendere il sistema da attacchi che si fanno sempre più minacciosi.

Creare un regime in cui i provider dei servizi internet di base hanno il controllo su cosa aziende e utenti privati possono immettere in rete rappresenterebbe inoltre un reale pericolo per l’innovazione: ad avere la meglio sarebbero infatti soltanto le maggiori compagnie, come Google, che possono permettersi di pagare di più per ottenere una corsia preferenziale per i propri servizi.

 

Diversi i ‘campanelli d’allarme’ che sottolineano l’urgenza di regole chiare a sostegno della network neutrality: tra questi, il caso della società tlc canadese Madison River – che ha bloccato il traffico VoIP di Vonage e per questo è stata multata dalla FCC nel 2006 – e dell’ISP (sempre canadese) Telus, che ha bloccato l’accesso dei dipendenti al sito internet di un sindacato che diffondeva le controversie della compagnia.

 

Ma anche il caso dell’operatore via cavo Comcast, finito nel mirino delle Autorità per aver bloccato l’accesso al network di file-sharing BitTorrent.

 

Esempi che dimostrano, hanno più volte sottolineato gli esperti, che quando un provider è messo nelle condizioni di attuare un controllo selettivo dell’accesso, esso è spesso incline a schierarsi contro servizi che percepisce come pericolosi per i propri interessi o per quelli dei propri partner commerciali.

 

Il pericolo, secondo diverse associazioni a sostegno della neutralità della rete, deriverebbe anche dall’eventuale priorità accordata a un protocollo o a un’applicazione rispetto a prodotti simili: ad esempio, il rafforzamento della net neutrality eviterebbe a un provider di dare priorità a un pacchetto VoIP rispetto a un altro per puro vantaggio economico.

 

Nel peggiore degli scenari immaginabili, internet potrebbe diventare un posto in cui le maggiori compagnie, come ad esempio Comcast o AT&T, “controllerebbero distribuzione e contenuti e la gran parte di ciò a cui gli utenti possono accedere”, sottolinea ancora il WSJ.

 

E dire che proprio Google fu tra i gruppi che per primi scesero in campo nel 2005 per schierarsi contro la decisione di alcuni operatori Usa di creare, appunto, corsie preferenziali in internet per chi fosse stato disposto a pagare di più, sostenendo che un simile passo avrebbe messo in pericolo la libertà di espressione.

 

Il vento però sembra essere cambiato al di là dell’Oceano, e per i difensori della network neutrality si preannunciano tempi difficili, visto che molti suoi sostenitori – anche abbastanza influenti – sembra abbiano cambiato idea e parlano ora della necessità di veicolare il traffico in base a delle priorità, che a quanto pare saranno solo economiche.

 

Gli sviluppi della vicenda potrebbero mettere alla prova la posizione sostenuta dal presidente eletto Barack Obama, che durante la campagna elettorale si professava convinto sostenitore del principio di net neutrality. Secondo il candidato democratico, “la ragione fondamentale per cui internet è stato un tale successo risiede nel fatto che è la piattaforma più aperta della storia e bisogna che resti così”.

 

Il Ceo di Google, Eric Schmidt è stato tra l’altro uno dei maggiori supporter di Obama, ma ha rifiutato ugualmente l’offerta di entrare a far parte del suo staff con il ruolo di responsabile tecnologico.

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