Europa 7: Di Stefano protesta, ‘Avevamo vinto una Ferrari con una frequenza che copriva l’80% del territorio. Ora ci danno una bicicletta’

di Raffaella Natale |

Italia


Europa7

Il ministero delle Comunicazioni ha finalmente assegnato a Europa 7, che nel 1999 vinse la gara per una concessione nazionale, ma non ha mai avuto le frequenze per trasmettere, il canale 8 in banda VHF, per l’attività di radiodiffusione televisiva nazionale, da utilizzare in tecnologia analogica e/o digitale, secondo la tecnica della SFN (Single Frequency Network) e nel rispetto di una serie di condizioni già previste per gli attuali concessionari nazionali.

 

Ma Francesco Di Stefano ha protestato: “…Avevamo vinto una Ferrari, ci danno una bicicletta” e spiegato di preferire aspettare la pronuncia del Consiglio di Stato sul risarcimento danni, attesa il 16 dicembre.

Il sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani ha subito replicato: “La frequenza è più che valida”.

 

Il provvedimento, disposto in esecuzione della sentenza del Tar del Lazio, confermata dal Consiglio di Stato, è stato emanato dopo l’adozione del decreto contenente il nuovo Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze, nell’ambito del quale, in esecuzione delle risultanze della Conferenza internazionale di Ginevra del giugno 2006, è stato definitivamente introdotto per la radiodiffusione televisiva l’obbligo della canalizzazione europea, da attuarsi entro il 30 giugno 2009.

 

Come informa una nota del ministero, “una nuova canalizzazione oltre che obbligatoria, è bene sottolineare, comunque già operante nelle diverse fasi di digitalizzazione delle aree tecniche previste dal decreto ministeriale del 10 settembre scorso, recante il calendario dello switch-off digitale”.

In proposito il ministero, dopo il parere favorevole dell’Autorità, ha acquisito anche il consenso della Rai, con la quale sono in via di definizione le modalità di attuazione di tale operazione, anche in coerenza con il processo di conversione al digitale in corso.

Europa 7 dovrà attivare gli impianti a partire dal 1° luglio 2009 e non oltre il 30 giugno 2011.

Il ministero ha sottolineato “….di aver tenuto comunque conto degli interessi generali rilevanti quali, in primo luogo, una razionale ed efficiente allocazione delle risorse frequenziali e una disciplina, progressivamente formatasi, per la transizione alla tecnologia digitale. Grazie alla nuova amministrazione – conclude la nota – e in particolare nell’ambito del processo di razionalizzazione e modernizzazione del sistema radiotelevisivo portato avanti dal sottosegretario alle Comunicazioni Paolo Romani, si è finalmente posta la parola fine su una vicenda che, tra accuse e polemiche, si trascinava da quasi dieci anni”.

 

Ma Di Stefano non ci sta: “Nel 1999 abbiamo vinto una Ferrari aggiudicandoci una frequenza che copriva l’80% del territorio e abbracciava il 95% della popolazione. Ora, a distanza di quasi dieci anni, ci danno una bicicletta”.

“Tra l’altro – ha aggiunto l’imprenditore – noi potremmo iniziare a trasmettere solo nel luglio 2009 su un canale che copre a malapena il 10% del territorio e il 18% della popolazione”.

 

Critiche respinte al mittente da Romani: Europa 7, ha precisato, “…è stata trattata alla pari di tutti gli altri operatori televisivi nazionali” con l’assegnazione di un’unica frequenza che, “a regime in digitale, consentirà di coprire l’80% del territorio”. Tra l’altro l’emittente “tra pochi mesi potrà, volendo, trasmettere anche in analogico con una vasta copertura pari a non meno del 70% della popolazione”.

 

I legali di Europa 7 avevano già consegnato al Consiglio di Stato una memoria nella quale sottolineavano tutte le problematicità della soluzione individuata dal ministero. E proprio davanti ai giudici di Palazzo Spada resta in piedi la richiesta di risarcimento danni avanzata dall’emittente: fino a 3,5 miliardi senza assegnazione di frequenze, 2,160 miliardi con le frequenze. Il 16 dicembre è in calendario l’udienza che potrebbe davvero rappresentare l’epilogo del caso.

 

Europa 7, che nel ’99 si è aggiudicata una delle concessioni televisive assegnate con gara dallo Stato, non ha mai iniziato a trasmettere per carenza di frequenze a disposizione.

La gara è avvenuta dopo che la legge Maccanico ha fissato il tetto del 20% per il possesso delle reti nazionali, coinvolgendo così sia Mediaset che la Rai, proprietarie ciascuna di una rete di troppo. Nel novembre del 2002 la Corte Costituzionale ha stabilito che Rete4 doveva dismettere definitivamente le trasmissioni terrestri entro il 31 dicembre 2003.

Ma il Tar ha respinto il ricorso del presidente dell’emittente, che ha chiesto l’accertamento del suo diritto a ottenere l’assegnazione delle frequenze e un risarcimento danni.

    

L’emittente si è quindi rivolta al Consiglio di Stato, che ha chiesto parere alla Corte europea sull’interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario relative ai criteri di assegnazione di radiofrequenze.

    

Il giudice del rinvio, ha spiegato la Corte europea, ha sottolineato che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni.

La Corte di Giustizia Ue ha chiarito che “…Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l’effetto di non liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai titolari di concessioni analogiche e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale”.

“…L’applicazione in successione dei regimi transitori (…) ha avuto l’effetto di impedire l’accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze (…) Tali regimi hanno avuto l’effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato”.

 

In quella circostanza, il Commissario Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes, ha dichiarato che il Consiglio di Stato deve riconoscere il danno subito dall’emittente Europa 7 per la mancata assegnazione delle frequenze analogiche che le spettavano con il conseguente risarcimento.

 

“…Il Consiglio di Stato – si legge nella risposta di Kroes – dovrà applicare l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di giustizia sui fatti (…) che riguardano una richiesta di risarcimento del danno che la Centro Europa 7 sostiene di aver sofferto per il fatto che non le sono state assegnate (…) le radiofrequenze terrestri in tecnica analogica necessarie per svolgere l’attività di diffusione di programmi radiotelevisivi”.

La Commissione, ha avvertito la Kroes, “controllerà che la decisione della Corte di giustizia sia pienamente applicata dall’Italia”.

 

Il Consiglio di Stato ha emesso nel maggio scorso le 4 sentenze sul caso, rinviando, come abbiamo visto, al ministero l’ottemperanza degli obblighi ai quali si aggiunge il rispetto della sentenza della Corte Ue alla quale il Consiglio di Stato aveva nel frattempo posto le questioni di cui sopra. Si attende adesso la sentenza sul risarcimento del danno.

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