Non Bard di Google ma è Bloom il principale competitor di ChatGPT di OpenAI. Bloom ha 176 miliardi di parametri, è open source e realizzato, su iniziativa di BigScience, sul supercalcolatore ‘Jean Zay’ nel Sud di Parigi – finanziato con 3 milioni di euro dal governo francese – grazie al contributo di circa 1.000 ricercatori provenienti da oltre 70 Paesi e oltre 250 Istituzioni: è disponibile in 59 lingue, anche in italiano.
Bloom, le sue caratteristiche
Bloom è in grado di generare testo in modo naturale in 46 lingue e con 13 linguaggi di programmazione. Può essere scaricato e usato sul proprio device o in cloud. Gratuitamente. GPT-4 di OpenAI è a pagamento, così come Copilot di Microsoft. Bloom è etico, perché, essendo open source, il suo codice è accessibile da chiunque ed è trasparente anche il modo con cui viene “alimentato” per generare testo con il linguaggio naturale, come noi umani.
Per addestrare il modello open source di Bloom, con 176 miliardi di parametri, ci sono voluti tre mesi usando 384 GPU Nvidia A100; un singolo A100 costa migliaia di dollari. In totale sono stati spesi 2.29 milioni di dollari per il training di Bloom.
Servono milioni di dollari per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale, Large Language Model (LLM)
“Una volta che è stato studiato ed elaborato l’algoritmo, servono milioni di dollari per addestrarli ad elaborare i dati. Ecco il motivo per il quale ChatGPT è fermo con i dati del 2021, perché ogni volta servono milioni di dollari per alimentare il training dei Large Language Model”, ha spiegato Rita Cucchiara, docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia, durante la sua audizione, ieri, alla Camera dei Deputati al Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione. L’indagine del Comitato, presieduto dalla Vicepresidente della Camera, Anna Ascani, ha l’obiettivo di conoscere l’avanzamento dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi e di studiare la loro possibile applicazione all’interno della documentazione parlamentare, a supporto dell’attività del Parlamento.
“Con la professoressa Cucchiara”, ha detto Ascani, “ci siamo confrontati sugli sviluppi a breve e a medio termine dell’IA, interrogandoci sulla funzione che gli algoritmi svolgono nella nostra quotidianità e su come rendere consapevoli coloro che hanno responsabilità politiche dei possibili rischi legati ai bias delle intelligenze artificiali”.
Cucchiara: “No all’IA che replica il nostro cervello, sì se al nostro servizio”
Cucchiara ha affermato l’esigenza di sviluppare un’IA generativa “antropocentrica”, al servizio degli umani, e “non antropomorfica, che replica il nostro cervello”. Infine, la docente ha proposto al Comitato 5 modi per utilizzare l’IA generativa per la Pubblica Amministrazione. (Clicca qui per seguire questa parte dell’audizione).
Benanti: “Per regolare l’IA generativa introdurre dei ‘guardrail’ etici e giuridici e creare dei Vertical con Large Language Model”
Il primo ad aprire il ciclo di audizione è stato Paolo Benanti, docente della Pontificia Università Gregoriana, principale consigliere di papa Francesco sull’IA ed esperto di etica digitale. Ha consigliato di “individuare le zone di rischio dell’IA e di porre dei ‘dei guardrail’ come fatto con le automobili, ossia introdurre dei limiti etici e giuridici di soft e hard law che consentano all’intelligenza artificiale di viaggiare sulle strade che noi pensiamo siano da percorrere”. Benanti ha anche proposto “di regolare l’Intelligenza Artificiale creando dei Vertical con i Large Language Model, con i dati di qualità, per esempio, nel settore biomedicale”.
Benanti ha più volte sottolineato che “le tecnologie non sono neutrali, perché hanno una politica dentro”, un’espressione che gli ha insegnato un suo maestro per dire che spetta agli ingegneri il compito di sviluppare soluzioni di intelligenza artificiale con l’etica by-design.
Infine, per Benanti “i primi lavori automatizzabili con l’IA saranno quelli intellettuali, come i bancari, creando problemi nelle classi medie”.
“Se è vero che non possiamo regolare le singole tecnologie perché il processo dello sviluppo tecnologico corre troppo veloce”, ha concluso Anna Ascani, “è però compito della politica continuare a interrogarsi e a comprendere le implicazioni di quanto sta accadendo, anche attraverso attività di ascolto e confronto costante con gli stakeholder del settore”.
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