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Clamorosa classifica: dove si rischia di più e dove è più alta la probabilità di cavarsela
Ogni anno circa 185mila italiani, in prevalenza ultra 65enni, sono colpiti da ictus. Per circa 35mila di loro non si tratta del primo caso e il 10-20% di chi viene colpito da questo evento morirà entro un mese. Gli anziani che hanno avuto un infarto sono stati invece 120mila e 95mila sono quelli che si sono salvati. Di fronte a queste statistiche diventano importanti anche altri numeri: ad esempio, quelli che mostrano in quali ospedali avremmo maggiori probabilità di cavarcela se dovessimo avvertire sintomi di infarto e un attacco di cuore. Ecco i tassi di mortalità per infarto e per ictus nelle strutture ospedaliere italiane.
I dati ufficiali sulla mortalità per infarto
In questo post sono riassunti i dati raccolti dal Programma Nazionale Valutazione Esiti (Pne), gestito da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) per conto del Ministero della Salute. I dati riguardano sia le strutture pubbliche che private, le quali incassano circa un quinto di tutta la spesa sanitaria nazionale. Essi raggruppano una serie di indicatori: la proporzione di ricoveri con una certa lunghezza di degenza, la percentuale di parti cesarei o, appunto, la mortalità per alcune patologie molto diffuse (ad esempio ictus e infarti).
Sintomi di infarto, la classifica dei 20 ospedali migliori
Nel grafico sopra sono raggruppati i dati dei migliori e peggiori ospedali per quanto riguarda la sopravvivenza post ictus. Sono stati due ospedali del Centro Sud quelli che, nel periodo osservato (2007-2011, ultimi dati disponibili), hanno presentato una percentuale uguale a zero di decessi nei 30 giorni dopo il ricovero. Si è trattato della Casa di Cura Nuova Clinica Latina Istituto di Neuroscienze di Roma e la Casa di Cura S.Anna Hospital di Catanzaro.
L’indice utilizzato per stilare la classifica è stato il tasso di mortalità a 30 giorni dal ricovero, il dato è stato ponderato tenendo conto dell’età dei pazienti, del genere, della gravità della patologia, di presenza di altre malattie, ecc.
In pratica assieme alla mortalità grezza, ovvero a quanti sono morti sul totale entro i 30 giorni, è stato considerato se in un dato ospedale vi sono, a parità di altri dati, più o meno pazienti anziani, o con altre patologie gravi, rispetto alla media. La percentuale è quindi stata rivista al ribasso se nel contesto ospedaliero c’era una presenza maggiore di pazienti più gravi.
Il numero che appare scorrendo i vari istogrammi corrisponde, quindi, al numero di persone che morte nei primi 30 giorni tenuto conto di tutte le variabili.
Tra gli ospedali più sicuri, 11 al Sud
Ai primi sei posti nella graduatoria degli ospedali con il minor numero di morti ci sono stati solo ospedali del Centro Sud: Roma, Benevento, Sassari e Catania. Dobbiamo attendere il settimo posto per trovare un ospedale del Trentino. Anche per questo motivo i dati sul cosiddetto “turismo sanitario” dovrebbero far riflettere.
Nel complesso se consideriamo le prime venti realtà, vi troviamo solo 7 strutture del Nord: 1 in Trentino, 2 a Milano, 2 nel Veneto, 1 a Brescia, 1 a Genova. Poi 2 ospedali romani e 2 marchigiani, e ben 9 del Sud, di cui 2 in Campania, 1 in Molise, 1 in Calabria, 2 in Sicilia, ben 3 in Sardegna.
Quali sono gli ospedali peggiori
Il Sud quindi sorprende per i buoni posizionamenti in classifica di diverse delle sue strutture, tuttavia si distingue anche quando esaminiamo gli ospedali con le performance peggiori. Per essere più esatti non parliamo dell’intero Sud, ma in particolare della Campania. In questa regione si trovano 8 dei peggiori 20 ospedali in termini di la sopravvivenza post ictus, e nello specifico è stata la provincia di Napoli quella messa peggio, come si vede dal grafico qui sotto.
Sono state del napoletano 3 delle 5 peggiori strutture per mortalità, e salgono a 6 sui primi 20 ospedali. Il primo nella top twenty è stato l’ospedale di Santa Maria Capua a Vetere, dove nel giro di 30 giorni sono morte in media il 35,49% delle persone colpite da un ictus. Complessivamente di questi 20 ospedali, 19 sono stati quelli del Mezzogiorno o del Frusinate, e solo uno, quello di Savigliano (Cn) del Nord.
Che cosa è il tasso di mortalità per infarto
Per quanto riguarda gli infarti, sono risultati avvantaggiati gli abitanti dell’Emilia Romagna e del Veneto. A queste regioni appartengono 4 dei 5 ospedali con minore mortalità dopo 30 giorni, come si vede dal grafico sotto. Al primo posto vi è stato l’ospedale di Guastalla (RE), con solo l’1,29% di mortalità per infarto, seguito da quello di Sarzana. Così come anche per gli ictus, nella classifica degli ospedali migliori in termini di sopravvivenza post infarto ci sono state diverse strutture del Sud. Sono state 7 su 20.
Ha deluso invece la Lombardia, il miglior posizionamento delle sue strutture è stato il 14esimo posto dell’Humanitas di Rozzano (Mi). In ogni caso 9 ospedali dei 20 migliori sono risultati essere nel Nord Italia.
Gli ospedali con la maggiore mortalità per infarto
Ancora gap territoriali tra i 20 ospedali peggiori per sopravvivenza in caso di sintomi di infarto, anche se non agli stessi livelli osservati con l’ictus. Quattro delle 20 peggiori strutture per mortalità per infarto sono state campane e 3 siciliane, nel complesso ci sono stati 12 ospedali del Sud. Il peggiore in assoluto è stato l’Ospedale Castelli di Verbania, con il 25,08% di infartuati morti entro 30 giorni dall’intervento o dall’attacco. E il secondo peggiore è stato quello di Ancona, con il 24,38% di mortalità per sintomi di infarto, come si vede nel grafico qui sotto.
Brutti risultati anche per un’area relativamente piccola in quanto a popolazione, quella dell’Abruzzo e del Molise. Gli ospedali di Sulmona, Lanciano e Termoli sono stati tutti e 3 tra i 20 peggiori d’Italia.
I dati si riferiscono al: 2007-2011
Fonte: Agenas