Dalla rivalità Usa-Russia parte la storia dei detriti spaziali
I primi oggetti di fabbricazione umana che hanno raggiunto e superato l’orbita terrestre risalgono al 1957, quando l’allora Unione sovietica lanciò lo storico satellite artificiale Sputnik. Subito dopo sono arrivati anche i primi rifiuti sotto forma di detriti, in gran numero, a seguito della sfida spaziale tra Mosca e Washington che è durata per decenni, che a 200 miglia di distanza dalla Terra hanno subito formato la cosiddetta “orbita della spazzatura”.
Solo nel 1978 si è iniziato a parlare di rifiuti spaziali (o space debris) come di un problema che andava affrontato in qualche modo. Oggi abbiamo un’ampia classificazione di questi detriti, che ormai si trovano ad ogni livello dell’orbita terrestre, sia bassa (sotto i 2.000 km sul livello del mare), sia media tra 2.000 e 35.000 km sul livello del mare), sia alta (che corrisponde ad un’orbita geostazionaria circolare ad un’altitudine costante di 35.786 km sopra l’equatore terrestre).
128 milioni di rifiuti spaziali che valgono fino a 1,2 trilioni di dollari
Secondo quanto riportato da Mobilità Futura, uno studio realizzato dall’Università di Southampton e pubblicato sia su Science Direct, sia su Waste Management, dal titolo “Viability of a circular economy for space debris”, stima che a gennaio 2021 sono stati segnalati dalla rete di sorveglianza spaziale degli Stati Uniti “21.901 oggetti artificiali in orbita attorno alla Terra, inclusi quasi 4.500 satelliti funzionanti”.
È stata inoltre registrata la presenza di oltre “128 milioni di pezzi di detriti più piccoli di un centimetro, più di 900mila pezzi che misurano da 1 cm a 10 cm e 34mila pezzi più grandi di 10 cm”.
Una grande quantità di spazzatura a cui, come sappiamo bene ormai, corrisponde anche un pari valore economico. Secondo lo studio, infatti, una volta recuperati e avviati al riciclo, questi detriti spaziali (stimati tra 5.312 e le 19.124 tonnellate) potrebbe generare un valore compreso tra 570 miliardi e 1,2 trilioni di dollari.
Space economy e sostenibilità spaziale
Considerando che la space economy sta accelerando a ritmi straordinari e che entro il 2035 saranno lanciato non meno di 60.000 nuovi satelliti, il tema della “sostenibilità spaziale” di queste operazioni è oggi più che mai valido.
A questo scopo, il World Economic Forum, assieme all’ESA, al MIT Media Lab (tramite lo Space Enabled Research Group) ed altri partner, ha contribuito al lancio del primo rating di sostenibilità della storia per le missioni spaziali, ovvero lo Space Sustainability Rating (SSR).
Resta da capire in che modo e con quali tecnologie sarà possibile raccogliere, recuperare, rispedire sulla Terra (o magari sulla Luna) e riciclare (sempre sul nostro satellite naturale) per il riuso industriale questi detriti.