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La rete internet si avvicina al collasso: presto – entro due anni dicono gli esperti – potrebbero non esserci più indirizzi disponibili e non se ne potranno creare di nuovi se non si accelererà il passaggio al nuovo protocollo IPv6.
L’allarme, lanciato già diverse volte nei mesi passati – prima dall’Ocse, poi anche dalla commissione europea – è stato confermato da Roberto Gaetano, vicepresidente del Cda dell’ICANN al seminario “Internet del futuro: evoluzione della piattaforma tecnologica” promosso dalla Fondazione Ugo Bordoni (Roma, 23 febbraio Centro Congressi Palazzo Rospigliosi – Sala delle Statue).
Ogni computer connesso a internet è dotato di un numero di identificazione, denominato indirizzo IP. Come in una città virtuale, questi indirizzi sono utilizzati per localizzare le macchine collegate al World Wide Web e per identificare eventuali utenti illegali della rete.
E come per le targhe delle auto o i numeri telefonici, anche internet necessita il continuo ampliamento del numero di indirizzi disponibili.
Il protocollo IPv4, in uso dal
L’IPv6 – standardizzato già da 10 anni – come spiega Wikipedia, gestisce invece “fino a circa 3,4 × 1038 indirizzi (280.000.000.000.000.000 indirizzi unici per ogni metro quadrato della superficie terrestre)”. Un numero, come ha detto anche il Commissario Viviane Reding “superiore al numero di granelli di sabbia su tutte le spiagge del mondo”.
Anche di fronte all’aumento esponenziale della domanda di indirizzi IP, dunque, il nuovo protocollo consentirà di lanciare applicazioni internet innovative e di non ostacolare la crescita del web che, restando così le cose, verrebbe invece seriamente compromessa.
Per questo, dopo l’Ocse e la Commissione europea, anche Gaetano ha sottolineato l’urgenza di accelerare il passaggio al protocollo IPv6 che, secondo il membro dell’Icann “porrebbe rimedio ai problemi dell’Ipv4, legati alla funzionalità di un protocollo ormai vecchio”.
“Il fatto che l’autoconfigurazione e la sicurezza siano parte del nuovo protocollo – ha detto il vice presidente del cda dell’ICANN – permetterà inoltre di fornire soluzioni standard, senza il bisogno di inventare altre procedure”.
Secondo Gaetano, però, “…gli internet service provider e gli altri attori della rete stanno rallentando le operazioni di migrazione perché non intravedono interessi economici nel passaggio da vecchio al nuovo protocollo”.
Preoccupazione condivisa anche da Nigel Titley, presidente del consiglio direttivo del RIPE NCC (un’organizzazione no-profit che gestisce l’assegnazione degli indirizzi IPv4-IPv6 e degli AS number in Europa, Medioriente e Russia) che ha sottolineato che “l’Ipv6 risolve problemi ma non produce nuove entrate per gli Isp. Ecco perché stenta a decollare”.
La transizione necessita infatti la sostituzione dei router utilizzati per consentire ai computer di comunicare l’uno con l’altro. Non si tratta di una rivoluzione, ma comunque di un passaggio che comporta nuove spese per gli operatori.
In secondo luogo, e cosa ancora più importante, con il passaggio all’IPv6 gli indirizzi IP potrebbero essere comparati ai dati personali e se ciò avvenisse, le società che utilizzano gli indirizzi IP per scopi commerciali sarebbero costrette a chiedere il consenso preventivo all’utente, pregiudicando così gli attuali modelli di business. Oggi, infatti, lo stesso computer può avere più indirizzi IP, uno per ogni connessione a Internet: col passaggio al nuovo protocollo, la situazione potrebbe cambiare completamente.
Il numero quasi infinito di indirizzi che il nuovo metodo di calcolo dovrebbe mettere a disposizione, potrebbe infatti comportare l’attribuzione di un indirizzo IP unico per i computer, gli oggetti e per qualsiasi cosa venga collegata al Web.
Anche la Commissione europea, nella sua comunicazione sull’IPv6, riconosce i potenziali rischi derivanti dal nuovo protocollo e si è impegnata a monitorare le implicazioni sulla privacy e la sicurezza, in particolare attraverso la consultazione con le parti interessate, come le Autorità di protezione dei dati o quelle incaricate dell’applicazione della legge.
La Commissione sottolinea altresì che il passaggio al nuovo protocollo, oltre ad aumentare la capacità di gestione degli indirizzi IP, permetterebbe anche di migliorare, ad esempio, la gestione energetica dell’illuminazione pubblica e degli edifici intelligenti, e internet potrebbe servire a collegare tra loro, in modo economico ed affidabile, sensori senza fili integrati negli apparecchi domestici.
Tali possibilità potrebbero fungere da catalizzatore ed incoraggiare le imprese a proseguire sulla strada dell’innovazione.
Bruxelles, da canto suo, ha invitato gli Stati membri a introdurre il nuovo protocollo nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese entro il 2010.
L’obiettivo fissato dalla Commissione consiste nel fare in modo che, entro il 2010, il 25% delle imprese, delle amministrazioni pubbliche e dei nuclei familiari utilizzi l’IPv6.