Italiani e auto elettrica: vorrebbero, ma non possono
L’Italia sembra un Paese innamorato della mobilità elettrica, ma come tutti gli innamorati vive uno stato emotivo instabile e incostante, vissuto tra salti in avanti, dubbi e ripensamenti. Nonostante qui da noi la quota di immatricolazione di autovetture a batteria (Bev) si è fermata al 3,7% nel 2022, dato in calo rispetto al 4,6% 2021, la propensione ad acquistare un’auto elettrica è maggiore che in altri Paesi dove le vendite sono andate molto meglio, come ad esempio Germania e Regno Unito, con percentuali di immatricolazioni Bev rispettivamente del 17,8% e 17,2% nello stesso periodo.
Stando all’ultima edizione dello studio eReadiness di PwC Strategy&, in Italia oltre un consumatore su tre si dichiara interessato ad acquistare auto elettriche nei prossimi due anni, percentuale che sale al 75% in caso di orizzonte temporale esteso a 5 anni.
Due i motivi principali di questa differenza così netta nelle vendite e anche nelle dichiarazioni di acquisto: il primo problema è dato dal costo della vettura e dei sistemi di ricarica domestici, il secondo dalla disponibilità di una rete di ricarica pubblica facilmente accessibile ai cittadini.
Costi troppo elevati di veicoli e apparecchiature e a ancora tanta difficoltà a trovare punti ricarica sotto casa e altrove
In Europa le auto elettriche costano mediamente il 25% in più rispetto ad auto di pari livello a combustione interna. Questo contesto penalizza in particolare l’Italia ed altri principali Paesi europei con potere di acquisto pro capite più basso, come la Spagna e, in misura più moderata, la Francia.
Da noi gli acquisti di auto elettriche e apparecchiature di ricarica domestica sono stati più numerosi tra le fasce sociali e le regioni con il potere di acquisto più alto.
La popolazione a medio-basso reddito non ha modo di acquistare facilmente sistemi di ricarica domestici e spesso non dispone neanche di adeguati spazi di parcheggio in cui pensare di installare colonnine di ricarica.
Resta poi il problema della diffusione delle infrastrutture di ricarica, ancora limitate ad alcune aree e quasi assenti in altre.
A cui si aggiunge un difetto di mercato, se così possiamo dire, dove: da un lato c’è l’esigenza di aumentare la domanda di massa, che necessita però di prezzi accessibili su segmenti di fascia medio-bassa principalmente per la mobilità urbana; dall’altro la configurazione attuale dell’offerta, che punta invece su auto elettriche di fascia medio-alta perseguendo una logica di marginalità piuttosto che di volume.
Se si vuole incidere su queste dinamiche e sbloccare la situazione di stallo che si è venuta a creare in Italia, favorendo un aumento delle vendite di nuove auto elettriche, si deve lavorare sulla barriera del prezzo dei veicoli e dei sistemi di ricarica, sulla disponibilità vicino casa o il posto di lavoro di punti ricarica.
Il ministro Pichetto Fratin rassicura tutti: “Italia comunque va verso l’elettrico”
Dopo gli annunci e le prese di posizione sulla proposta di divieto di vendita di nuove auto a benzina e diesel in tutta Europa a partire dal 2035, il nostro ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha provato a smorzare i toni con Bruxelles e a rassicurare tutti sul giusto posizionamento del nostro Paese.
“Noi andiamo verso l’elettrico e le indiscrezioni su uno stop all’elettrico, agli incentivi e alle colonnine di ricarica da parte del Governo non corrisponde a realtà“, ha precisato il ministro in un’intervista a Radio Anch’io.
“Il decreto sulle infrastrutture di ricarica sta andando avanti – ha rassicurato Pichetto Fratin – gli operatori si stanno muovendo anche in modo molto attivo: andiamo avanti nel piano colonnine, nell’infrastrutturare il Paese, nell’accompagnare verso l’elettrico, ma non possiamo imporre le scelte su un parco di 40 milioni di veicoli in Italia, dei quali quasi 3 milioni ancora Euro1 e Euro2“.
Il ministro dell’Ambiente, secondo una nota diffusa da Radiocor, è poi tornato sul no dell’Italia allo stop ai motori termici al 2035 e sul sostegno al principio della neutralità tecnologica nella transizione energetica ed ecologica: “Non ha senso la perentorietà del 2035 ed è giusto valutare tutta una serie di altri percorsi che possono utilizzare motori endotermici“.
Il tema è al centro della riunione dei ministri responsabili dell’Industria in corso da questa mattina a Bruxelles. Domani inoltre è atteso il pronunciamento degli ambasciatori degli Stati membri sul regolamento frutto dell’accordo fra Consiglio ed Europarlamento dell’ottobre scorso. Per ora sono confermati il no della Polonia e dell’Italia, l’astensione della Bulgaria e della Germania (che comunque sono contrarie alla proposta).
Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato incontri bilaterali su questo argomento chiave con i colleghi di Austria, Romania, Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia.
Cina campione dell’emobility mondiale che insidia l’Europa
Tutto questo in Cina non c’è. Dall’altra parte del mondo le dinamiche sono esattamente opposte a quelle in essere in Europa ed in particolar modo nel nostro Paese.
Nel 2022 i brand cinesi da un lato hanno guadagnato quota rispetto all’anno precedente nel mercato domestico, a scapito dei costruttori stranieri (principalmente americani e coreani), dall’altro hanno incrementato la market share in Europa.
In particolare, in Italia l’import dalla Cina è stato di circa 50.000 veicoli a fine 2022, considerando sia la quota di produzione in Cina di marchi internazionali, tra cui la celebre Tesla, sia la vendita nel nostro mercato di marchi tipicamente cinesi tra cui BYD, Xpeng e NIO, direttamente da parte del costruttore, tramite importatori o assemblatori locali.
Nel 2025 si stima che il dato delle vendite cinesi raddoppierà, raggiungendo quota 100.000 veicoli, pari a circa il 6% del totale del mercato in Italia.
Questa crescita sarà trainata per oltre il 75% dei volumi previsti dalla vendita di vetture BEV a prezzi più accessibili, uniti a qualità, innovazione e dotazioni di livello paragonabile alle vetture dei costruttori leader del mercato.
Forse dovremmo accelerare investimenti e semplificazioni amministrative per potenziare la filiera dell’elettrico nel nostro Paese e in tutta Europa, invece che creare attriti in seno all’Unione. La competizione sulla mobilità elettrica, in particolare sull’industria delle batterie, è fortissima a livello globale.
Si deve procedere con maggiore unità di intenti in Europa su questo settore strategico, perché l’elettrificazione dell’auto, che lo vogliamo o no, sarà il futuro.