Telecom: Bernabè, ‘Nessun problema per il finanziamento del debito’. Attesa per il dossier Caio, ma smentita la sua consegna al Governo

di Alessandra Talarico |

Parte il 6 marzo dalla London Business School il roadshow Telecom Italia per presentare in Europa e negli Stati Uniti il nuovo modello di separazione organizzativa della rete di accesso.

Italia


Franco Bernabè

“Telecom Italia ha ampia capacità di finanziare il proprio debito e non ha bisogno di iniezioni di capitale da parte dei fondi sovrani libici o di altri investitori”.

È quanto a dichiarato Franco Bernabè, amministratore delegato dell’operatore storico italiano, in un’intervista al Financial Times, rispondendo così ai rumors secondo cui la società starebbe incontrando difficoltà nella gestione del debito.

In base agli ultimi risultati finanziari, presentati la scorsa settimana, il debito netto del gruppo si attesta a 34,04 miliardi di euro, in calo di 1,7 miliardi circa rispetto alla fine del 2007, come conseguenza di vari fattori, tra cui un flusso di cassa da gestione operativa pari a 5,4 miliardi di euro, la cessione di partecipazioni e altre dismissioni.

In un comunicato, la società ha quindi smentito le “fantasiose notizie di stampa” relative a un possibile aumento di capitale.

A settembre, molti davano come imminente l’ingresso nel capitale della società del fondo sovrano libico Lybian Investment Authority con una quota del 10% e, forse, di altri investitori istituzionali.

Bernabè ha però riferito al quotidiano economico britannico che le azioni di Telecom Italia “sono trattate sul mercato” e se la Libia o altri investitori volessero comprare qualche partecipazione è al mercato che dovrebbero ricorrere.

 

A margine della presentazione dei risultati finanziari del 2008, anche il CFO Marco Patuano aveva sottolineato che l’indebitamento del gruppo è “ben diversificato e coperto”, con un costo rimasto stabile al 6% nel quarto trimestre. “Circa il 76% del debito”, ha spiegato Patuano, “è rappresentato da obbligazioni con una durata media superiore agli 8 anni e il 16% da finanziamenti bancari. Inoltre il 45% del debito presenta una scadenza oltre il 2013”.

Per il 2009 è stato quindi confermato il target di un rapporto dell’indebitamento finanziario netto su Ebitda di 2,9.

 

Fugati così i dubbi circa la capacità del gruppo di finanziare il debito, resta l’incognita rappresentata dal dossier di Francesco Caio, che potrebbe includere l’ipotesi di scorporo della rete.

Un’ipotesi invisa al management e ai soci – Telefonica ha più volte ribadito la propria contrarietà a una simile iniziativa – tanto che Bernabè l’ha bollata come “una chiacchiera senza fondamento”.

 

Nelle scorse settimane, il coordinatore nazionale del Dipartimento attività produttive di Forza Italia Pierluigi Borghini aveva avanzato l’idea di imporre alla società lo scorporo della rete e la successiva acquisizione dell’infrastruttura da parte di una nuova società che potrebbe vedere coinvolte F2I e la Cassa depositi e prestiti, con successivo aumento di capitale da 10 miliardi di euro.

Ma Bernabè ha subito bocciato l’idea, definendo ‘illegittimo e inappropriato’, qualsiasi intervento di tipo dirigistico che andrebbe a ledere i diritti di un “soggetto privato proprietario, fino a prova contraria, delle proprie infrastrutture di rete”.

Infrastrutture che – sempre secondo Bernabè – hanno un “valore inestimabile” e sul cui futuro si sentono solo “chiacchiere prive di competenza”, dal momento che un’eventuale scorporo non sarebbe praticabile né dal punto di vista pratico, né da quello legislativo.

“Molto spesso – ha dichiarato l’ad in un’intervista a Il Sole 24 Ore – chi si esprime sul tema ignora che in Italia esiste un sistema di regole e una Autorità che le fa rispettare”.

 

Bernabè ha più volte sottolineato che la questione di fondo, adesso, non è lo scorporo della rete, ma “l’entrata in funzione di Open Access”, la divisione creata proprio per garantire una maggiore apertura della rete ai concorrenti e che verrà presentata il 6 marzo alla London Business School nell’ambito di un roadshow che coinvolegrà le principali Autorità di regolamentazione straniere e alcuni organismi e operatori internazionali.

“La separazione della rete – ha spiegato l’ad – è stata ipotizzata come un rimedio estremo per dare competitività al mercato delle telecomunicazioni in Italia, ma questo rimedio estremo non è stato ritenuto necessario dall’Authority”.

 

Il lungo confronto con Agcom ha portato invece alla realizzazione di Open Access, a cui è stata affidata la responsabilità delle attività di sviluppo e manutenzione delle infrastrutture di rete fissa; dei processi produttivi riguardanti la fornitura dei servizi di accesso alla rete (delivery) e dell’assistenza tecnica relativa ai servizi, svolta nei confronti degli operatori alternativi e dei clienti finali (assurance).

 

Secondo indiscrezioni di stampa, smentite però dal sottosegretario Paolo Romani, il dossier preparato dal superconsulente Francesco Caio sarebbe già stato consegnato e metterebbe “in bella evidenza la parola scorporo”.

Romani ha però spiegato che per avere il dossier ci vorranno ancora un paio di giorni e che, dunque, al momento non è possibile dare anticipazioni sull’attesa ‘ricetta Caio’ per lo sviluppo della banda larga di nuova generazione.

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