La Corte Ue respinge ricorso contro pagamento del canone Rai: ‘Il mero possesso del televisore obbliga a pagare la tassa’

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La Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibile il ricorso di un abbonato Rai che si era visto sigillare il suo televisore dalla Guardia di Finanza per non aver pagato il canone. La notizia arriva direttamente dalla Corte di Strasburgo.

Il caso risale al 2003, quando la Finanza si era recata a casa di un abbonato vicentino per sigillargli il televisore a seguito del mancato pagamento del canone. L’apparecchio era stato messo in una borsa di nylon così che non potesse essere usato.

 

L’abbonato Bruno Antonio Faccio (62 anni) di Vicenza, che quattro anni prima aveva scritto alla Rai chiedendo la sospensione dell’abbonamento, aveva fatto ricorso alla Corte sostenendo che fossero stati violati l’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani sulla libertà di espressione, e l’articolo 8 sul diritto a rispettare la vita privata e della famiglia.

L’uomo sosteneva infatti che l’atto di rendere inutilizzabile il suo televisore fosse una misura sproporzionata che gli impediva anche di vedere i canali privati.

 

Per la Corte, “è fuori discussione che sigillare il televisore costituisce un’interferenza nei diritti del ricorrente a ricevere informazioni e con il suo diritto di rispetto della proprietà e della vita privata”, tuttavia dichiarato manifestamente infondato il ricorso, sostenendo che “…la misura ha perseguito un fine legittimo: dissuadere individui dal non pagare una tassa, o in altre parole dissuaderli dal mettere fine all’abbonamento al servizio pubblico televisivo”.

Secondo la Corte, indipendentemente dalla volontà dell’utente di vedere i programmi sui canali pubblici, “il mero possesso di un televisore lo obbliga a pagare la tassa in questione”.

 

Inoltre, prosegue la nota, “…un sistema in cui gli spettatori possano guardare solo canali privati senza pagare il canone, ammesso che sia tecnicamente fattibile, equivarrebbe a privare la tassa della sua natura stessa, in quanto contributo al servizio della comunità e non di prezzo pagato da un individuo in cambio della ricezione di un particolare canale”.

 

Pertanto, ha concluso la Corte, “…la misura consistente nel sigillare la televisione del ricorrente in una borsa era proporzionata allo scopo perseguito dalle autorità italiane”. (r.n.)

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