NGN: bene le parole, ma i fatti? Per Calabrò, ‘E’ giunta l’ora di agire o per l’Italia sarà ancora una volta troppo tardi’

di Alessandra Talarico |

Italia


Corrado Calabrò

La necessità di definire nuove regole per incoraggiare lo sviluppo della nuova rete in fibra ottica e l’attuazione degli impegni presentati da Telecom Italia per l’apertura della rete di accesso ai concorrenti sono stati i temi al centro dell’incontro tra l’amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè e il presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, svoltosi ieri presso la sede dell’Agcom .

 

Il gruppo telefonico, come ribadito ieri anche nel corso del convegno PD ‘L’Italia in rete’, sta procedendo in maniera spedita verso l’attuazione degli impegni: i due terzi sono già stati attuati e il loro completamento verrà raggiunto entro la fine del prossimo anno.

 

Gli impegni, presentati a giugno in concomitanza con la realizzazione della nuova struttura interna Open Access, implicano una riorganizzazione interna di Telecom Italia e prevedono, tra le altre cose, che l’indipendenza nella gestione dell’infrastruttura fissa sia garantita da un organismo composto da 3 membri dell’Agcom e da 2 componenti espressi dalla società stessa.

 

Per Telecom Italia, ha detto ieri Bernabè, l’attuazione degli impegni “non è stata una passeggiata”, ma ha rappresentato, anzi, “un gravissimo sacrificio competitivo che si è tradotto in una perdita di quote di mercato a vantaggio dei competitors”.

 

Sulle NGN, ha detto invece Calabrò, “è il momento di passare dall’analisi all’azione”.
“Bisogna decidere”, ha aggiunto il Garante, sottolineando che il ruolo dell’Autorità in questo delicato passaggio verso le infrastrutture digitali, sarà quello di “predisporre tutte le condizioni e dare pieno supporto anche al lavoro di Francesco Caio”.

 

Secondo il consulente del governo sulla banda larga Francesco Caio, la base di partenza è quella di realizzare una sola rete per tutti i player e di lasciare poi che la concorrenza si sviluppi sui servizi con un modello di ripartizione dei profitti win-win, cioè equamente ripartito fra tutti gli attori della catena, come avviene, ad esempio, in Giappone.

 

Caio, che ha svolto anche un’analisi sul mercato della banda larga in Gran Bretagna su richiesta del governo d’oltremanica, ha sottolineato che “nessun Paese ha la ricetta universale: il punto di partenza è diverso, quindi ogni viaggio è diverso. Ma c’e’ un comune denominatore, si deve fare una sola rete e poi individuare un modello che permetta di mantenere le dinamiche concorrenziali, di garantire chi investe e di tenere alta la qualità del servizio”.

 

Calabrò dà ragione al consulente del governo quando parla delle necessità di realizzare un disegno unitario per prepararsi fin da ora a sostenere una domanda che, se anche adesso appare limitata, crescerà nel breve periodo, insieme all’arrivo sul mercato di massa di nuovi terminali che permetteranno di accedere ai servizi web in qualsiasi momento da qualsiasi posto.
“Da qui a 5-7 anni – ha detto il presidente Agcom – servirà la larga e la larghissima banda. Se non la faremo, per l’Italia sarà ancora una volta troppo tardi. Forse ora non possiamo prendere soluzioni a dispendio, ma neanche a risparmio perché porterebbero a costi futuri molto maggiori”.

 

Anche se Bernabè si è detto convinto che l’attuale rete, seppure con qualche aggiustamento, è in grado di sostenere l’attuale domanda, appare ormai indiscutibile che l’infrastruttura in rame non sarà in grado di sostenere l’evoluzione del traffico dati, il quale – ha aggiunto Calabrò – “sostiene e rilancia i servizi di telecomunicazione ed e’ in aumento sia sul mobile che sul fisso”.
La realizzazione di una rete a larghissima banda ha inoltre “un senso economico preciso: portando i nuovi servizi all’intera popolazione – ha spiegato Calabrò – si vedranno gli effetti specialmente per le piccole imprese che costituiscono il tessuto produttivo del Paese”.

 

Secondo una delle ipotesi contenute nel rapporto Caio – e sulla quale sembrano convergere anche gli operatori alternativi – la realizzazione di una rete in fibra ottica che copra 100 città con un mix di fibra ottica e rame potrebbe essere attuata con “un ingente investimento pubblico e la creazione di un’azienda nazionale per la rete costruita intorno alla struttura di Telecom Italia, per valorizzare l’investimento pubblico ed evitare aiuti di Stato”.

 

Secondo Calabrò, si potrebbe pensare anche in Italia, ovviamente con il consenso Telecom Italia, alla creazione di una “società veicolo, sul modello di quella olandese, che veda la partecipazione di altri operatori”.

 

Riguardo un eventuale intervento dello Stato, si potrebbero trovare diverse strade “per convogliare un’iniziativa del pubblico” tenendo anche conto dell’eventuale interesse di investitori pubblici locali e privati.

Gli operatori alternativi incontreranno Calabrò per discutere del futuro delle reti italiane il prossimo 27 maggio, mentre Francesco Caio riferirà in Parlamento l’8 giugno.

 

L’amministratore delegato di Wind, Luigi Gubitosi, sempre dal convegno ‘L’Italia in rete’, ha ribadito che il tema della banda larga riguarda la politica economica e va affrontato in maniera bipartisan.
Gubitosi è comunque d’accordo con Bernabè sul fatto che serva in Italia uno sforzo maggiore per alfabetizzare la popolazione, ancora refrattaria ad usare internet, anche se, secondo Francesco Caio, 20 milioni di utenti rappresentano già ‘una signora domanda’ e il Paese dovrebbe quindi, fin da ora, far leva sulle sue molte competenze e fare sistema per non continuare a restare sprofondato nelle parti più basse delle classifiche sulla competitività e la diffusione delle nuove tecnologie.
L’importante, anche per Gubitosi, è che dalle parole si passi ai fatti: “sono due anni che mi capita di intrattenere il pubblico sui temi della banda larga, però alla fine siamo sempre allo stesso punto, si è fatto poco o niente”.

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