Web e libertà di espressione: levata di scudi dell’industria hi-tech contro la nuova escalation di censura in Cina

di Alessandra Talarico |

Cina


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La decisione del governo cinese di imporre ai produttori l’installazione di un software di controllo nei Pc ha scatenato, come era prevedibile, un’ondata di proteste in tutta l’industria hi-tech mondiale, che considera questa decisione quanto meno ‘infelice’.

Ed Black, presidente dell’organizzazione americana Computer and Communications Industry Association (CCIA) ha affermato che l’iniziativa del governo di Pechino “rappresenta chiaramente un’escalation nel tentativo di limitare l’accesso a internet e la libertà di espressione e avrà serie ripercussioni non solo economiche e commerciali, ma anche culturali e sociali”.

 

Alle dichiarazioni di Black, che sostiene anche che una simile imposizione “renderebbe tutti complici della censura”, fanno eco anche quelle rilasciate da Microsoft, secondo cui le nuove regole che Pechino vorrebbe imporre dal prossimo 1° luglio, riguardano questioni quali la libertà di espressione, la privacy e la sicurezza e devono essere, pertanto, “trattate in maniera adeguata”.

 

Bryan Zhang, il responsabile della società Jinhui Computer System Engineering, che si è occupata dello sviluppo del software di filtraggio che la Cina vorrebbe imporre ai produttori, ha spiegato che l’intento del governo è quello di proteggere gli utenti dalla pornografia, soprattutto con l’avvicinarsi delle vacanze estive, durante le quali i ragazzi passano più ore a navigare sul web.

“Anche se lo si volesse usare con intenti politici, non si potrebbe fare – ha aggiunto Zhang – dal momento che il sistema si basa su un software di riconoscimento delle immagini che identifica soltanto quelle pornografiche”.

 

L’uso del software, ha detto ancora Zhang, “non è obbligatorio, si può disinserire o eliminare dal Pc in qualsiasi momento l’utente voglia, proprio come i sistemi parental control usati nel resto del mondo”.

 

A questo proposito, il portavoce di Microsoft ha riferito che la società sostiene “l’uso di adeguati strumenti di parental control è una questione sociale importante per l’industria e i governi ma allo stesso tempo Microsoft è impegnata a promuovere, in tema di governance di internet, il libero flusso di informazioni e la trasparenza”.

Per questo, ha spiegato ancora il gruppo di Redmond, “siamo d’accordo con chi sostiene che questioni quali la libertà di espressione, la privacy e la sicurezza dei sistemi informatici debbano essere adeguatamente tutelate”.

 

HP e Dell, due dei più importanti produttori mondiali di personal computer hanno riferito di voler approfondire la questione per poterne comprendere le conseguenze, mentre Ed Black ha auspicato l’intervento del governo americano per convincere Pechino a fare un passo indietro.

 

Il portavoce dell’ambasciatore americano a Pechino, da canto suo, in una nota ha fatto sapere che “ogni tentativo di limitare il libero flusso di informazioni viene guardato con profonda preoccupazione, essendo incompatibile con le aspirazioni della Cina di costruire una società e un’economia moderne e basate sull’informazione”.

  

La Cina è uno dei mercati a più forte crescita per quanto riguarda internet e quindi la vendita dei computer: secondo Gartner quest’anno ne verranno venduti oltre 42 milioni, per una crescita del 3% rispetto allo scorso anno. il mercato è dominato da due produttori locali – Lenovo e Founder -ma anche brand internazionali come HP, Dell e Acer hanno conquistato significative quote di mercato.

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