La Grecia va a rinnovabili (ma non decarbonizza abbastanza)
Per più di 5 ore lo scorso 7 ottobre la Grecia ha visto soddisfatta l’intera domanda nazionale di energia elettrica grazie alle sole fonti energetiche rinnovabili. Un risultato storico che la proietta nell’Olimpo dei Paesi più green da un punto di vista energetico.
Già nel 2021 la Grecia si era classificata al settimo posto al mondo per la quota di energia elettrica generata da impianti ad energia solare ed eolica.
On October 7, renewables covered for the 1st time Greece's entire electricity demand for 5 hours. A significant milestone as Greece rapidly emerges as a leader in renewables – ranked 7th globally in 2021 in solar and wind as a share of total electricity generation. pic.twitter.com/A9a4SpvPF7
— Prime Minister GR (@PrimeministerGR) October 11, 2022
Il dato attuale sulle rinnovabili è stato confermato ufficialmente dall’operatore Ipto e in generale, secondo quanto postato in un tweet dal Primo ministro ellenico, Kyriakos Mītsotakīs, circa il 50% della domanda giornaliera di energia elettrica nazionale è ormai stabilmente soddisfatta con il sole e il vento.
Una buona notizia per tutti i partiti, le associazioni e i movimenti che specialmente in Europa si stanno battendo per un’energia più pulita e l’abbandono delle fonti fossili. Ma la situazione greca rimane critica sotto il punto di vista della decarbonizzazione.
A parte il dato molto positivo del 7 ottobre, Atene ha risposto alla crisi energetica e al bisogno di tagliare le forniture russe di gas con un massiccio ricorso al carbone e al gas liquefatto, grazie al rigassificatore di Revithoussa.
In Europa c’è chi dice no
Un percorso ambiguo quello greco, che ricalca però l’attuale schizofrenia energetica di tutta l’Unione europea. Da una parte c’è chi chiede obiettivi di decarbonizzazione più ambiziosi, dall’altra chi cerca di boicottare con ogni mezzo la transizione ecologica.
Secondo quanto riportato da Euractive, infatti, i Paesi dell’Unione starebbero presentando diversi emendamenti alla proposta del “REPowerEU” presentata dalla Commissione europea lo scorso maggio.
La Commissione vuole raggiungere il 45% di fonti rinnovabili nel mix energetico europeo entro il 2030, mentre diversi Stati dell’Unione non vorrebbero andare oltre il 40%, possibilmente meno.
Non è solo una questione “ambientale” (che comunque dovrebbe di per sé essere riconosciuta come questione chiave per il nostro futuro), il REPowerEU stabilisce un principio importante: le rinnovabili non sono un’opzione, ma una questione di interesse pubblico prevalente.
E forse è questo che da fastidio a certi ambienti politici e industriali. Per le organizzazioni ambientaliste si tratta di una posizione non sostenibile quella che va contro il REPowerEU: “Portare la quota di energia rinnovabile al 45% entro il 2030 è la nostra occasione per affrontare una triplice crisi in una volta: il collasso climatico, l’accesso all’energia sicura e la riduzione dei prezzi dell’energia per i consumatori a medio termine”, ha spiegato il responsabile delle politiche per il clima e l’energia del WWF Europa, Romain Laugier.
Il timore diffuso è che il boicottaggio delle rinnovabili possa avere effetti negativi a cascata in un momento critico per la sicurezza energetica europea.