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IBM ed Economist Intelligence Unit hanno presentato l’edizione 2009 della ricerca “e-readiness Rankings”, un’overview a livello mondiale sulla ricettività dei mercati nei confronti delle opportunità legate a internet e alle tecnologie digitali di comunicazione.
L’Italia, rispetto allo scorso anno, ha perso una posizione e si colloca al 26esimo posto, con un punteggio di 7.09, in una classifica guidata dai paesi del nord Europa: Danimarca, Svezia, Olanda e Norvegia.
Gli Usa sono passati dal 1° posto della scorsa edizione al 5°.
La ricerca – costruita sulla base di quasi 100 criteri quantitativi e qualitativi organizzati intorno a 6 categorie – evidenzia i fattori che guidano oppure ostacolano i paesi nell’adottare i modelli e le opportunità legate a internet e alle tecnologie digitali e nel favorire lo sviluppo economico e sociale di un paese.
“Lo scorso anno – si legge nel rapporto – ha portato un serio shock alle strutture economiche e macroeconomiche in tutto il mondo. La fiducia globale sull’ICT e sulle virtù dello sviluppo digitale, a differenza di quanto successo 10 anni fa con la bolla delle dot.com, è però rimasta intatta”.
Lo sviluppo dell’economia digitale è andato avanti e milioni di persone in tutto il mondo continuano a usare la banda larga e altre tecnologie avanzate di comunicazione.
L’uso elevato delle tecnologie da parte delle persone, però, non implica necessariamente l’avanzamento digitale di un Paese, che è dato da altri fattori interconnessi, quali il contesto di business, i fattori socio-culturali, il quadro legale di riferimento, le policy e le vision del governo, i modelli di consumo e del business.
Lo studio di IBM ed EIU valuta tutti questi fattori e si propone come utile strumento per consentire ai governi di valutare e confrontare le proprie iniziative ed investimenti in ambito tecnologico con quelle di altri paesi, oltre a suggerire le aree e i paese nei quali effettuare investimenti tecnologici ritagliandoli su misura; in sostanza si traduce in un concreto strumento di business.
L’Italia non è il solo paese ad aver perso posizioni rispetto allo scorso anno: è successo anche a Stati Uniti, Singapore, Hong Kong e Germania tra gli altri.
Questo perché, sottolinea il rapporto, la disponibilità delle tecnologie non è sufficiente ad innescare appieno i benefici socioeconomici che l’ICT può offrire.
Dallo studio emerge quindi che i mercati emergenti continuano a segnare i maggiori progressi nella categoria ‘connettività’ – segno che sempre più persone utilizzano le reti di comunicazione – anche se resta forte il gap con i mercati maturi, anche quelli che hanno perso molte posizioni.
Nei mercati emergenti, continua il rapporto, cominciano a dare frutti le nuove strategie pubbliche sull’ICT: molti di questi paesi stanno registrando notevoli progressi nell’implementazione di programmi di eGovernment. I governi di Messico (40° posto), Giordania (50°) e Vietnam (64°) hanno fatto sostanziali progressi nell’offerta ai cittadini di canali digitali di informazione e consultazione (“e-participation”).
Lo sviluppo dell’ICT, nota ancora lo studio, può essere avvantaggiato dall’attuale crisi economica: molti ‘pacchetti di stimolo’ elaborati per sostenere la ripresa poggiano sulla realizzazione di nuove infrastrutture ICT o comunque su progetti legati a doppio filo con le nuove tecnologie.
La classifica di quest’anno, hanno spiegato i curatori del rapporto – “racconta una storia che è coerente con la traiettoria dell’economia globale: la grave crisi finanziaria e la conseguente recessione hanno colpito duro in molti paesi, con un considerevole impatto negativo sui punteggi relativi al contesto di business”. Questo ha causato la perdita di posizioni di Paesi come gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita.
IBM ed EIU mettono quindi in guardia contro le nuove spinte protezioniste di alcuni paesi – in Cina (56° posto nell’index), per esempio, il governo sta studiando nuove misure per tutelare l’industria ICT locale – e sottolineano la necessità di prestare maggiore attenzione alle questioni legate alla privacy e alla sicurezza dei dati oltre che all’impatto ambientale dei dispositivi e delle reti.
Per quanto riguarda l’Italia, restano quindi validi i suggerimenti già forniti lo scorso anno, ossia “una politica di investimenti strategici in infrastrutture, attuata in stretta collaborazione dal governo centrale e da quelli locali e una stretta partnership tra pubblico e privato per assicurare un sicuro progresso in tutte le aree interessate dalla ricerca e il sostegno a progetti d’eccellenza”.