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Campagna elettorale via web fra bot, hacker russi e profilazione politica. Agcom aprirà gli occhi?

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A campagna elettorale aperta, bisogna aprire anche gli occhi e garantire una trasparenza piena in quell’area fondamentale della comunicazione politica che sarà il web.

Il presidente del Copasir, il comitato parlamentare di vigilanza sui servizi segreti, Adolfo Urso, parlamentare di Fratelli d’Italia, riconosce che proprio in queste settimane si è riacceso il rischio di scorrerie e interferenze nel dibattito politico e giornalistico da parte di hacker provenienti da paesi esteri, in particolare dalla Russia. L’On Urso, proprio per la sua collocazione nel partito di Giorgia Meloni, non può essere certo considerato sospetto su questo argomento visto che la destra politica italiana, nel suo complesso, sembra raccogliere in questa fase anche i favori di queste forze.

Lavorìo digitale incessante

I dati sembrano mostrare incontrovertibilmente un lavorìo digitale che non si è mai fermato. Pierguido Iezzi, ex ufficiale dell’esercito e manager digitale di lungo corso, attualmente amministratore delegato di Swascan, società di consulenza ed analisi di Cyber security che ha già lavorato per le istituzioni nazionali, proprio sull’ultimo numero di Domino, mensile di geopolitica, diretto da Diego Fabbri, spiega come gli incursori del gruppo russo Conti abbiano compiuto interferenze per attacchi informatici in almeno 50 paesi occidentali, fra cui, con una certa frequenza l’Italia.

Ora a campagna elettorale aperta bisogna aprire anche gli occhi e garantire una trasparenza piena in quell’area fondamentale della comunicazione politica che sarà il web.

Par condicio televisiva…

Insieme alla proclamazione delle elezioni è scattata anche la par condicio televisiva, che, da quanto si sta vedendo, ancora non sembra frenare le pulsioni dei responsabili di reti e testate: la triade berlusconiana si è già disposta sul terreno, con Rete 4 punta di lancia del marketing più estremo, verso populisti e no vax; Canale 5 presidia il perimetro del partito del proprietario; e Italia 1 rafforza la messaggistica verso il target più giovane.

Mentre in Rai si torna alla vecchia rassicurante tripartizione: ognuno padrone a casa sua. la rete ammiraglia con il TG1 assicura il segmento governista in quella strettoia che ancora collega l’ala draghiana del PD con i segmenti più tecnocratici di Fratelli d’Italia. Mentre TG2 e Tg3 a briglia sciolta si bilanciano sulle ali.

…La rete nervo scoperto

Rimane, invece, ancora una volta del tutto scoperto il fronte più caldo e affollato, appunto la rete. L’Agcom nei labirintici regolamenti che continua a sfornare non riesce, o non vuole trovare la chiave per rendere realmente meno opaca quella dimensione. Innanzitutto, lo ha ricordato recentemente il professor Marco Mayer della Luiss (https://www.startmag.it/innovazione/perche-google-meta-e-twitter-non-divulgano-gli-investimenti-dei-partiti-sui-social/), rimane ancora avvolto nelle nebbie il capitolo dei budget di spesa digitale.

Quanto investono i singoli partiti nella rete?

E per quali servizi?

Questa è un’informazione essenziale per dare alla competizione elettorale il carattere di equo confronto. Più che la quantità della spesa conta la qualità. Dobbiamo sapere ad esempio se i partiti si avvalgono dei servizi di società che intermediano l’organizzazione delle batterie di bot automatici utilizzati proprio dai gruppi di hacker di San Pietroburgo nel corso della precedente campagna elettorale, quella del 2018, che vide trionfare i due partiti più vicini a Mosca, come i 5S e la Lega.

Cambridge Analytica all’italiana?

Così come è indispensabile sapere se qualche formazione politica acquista dati o finanzia società che lavorano con il brokeraggio di dati di profilazione: chi sta riproducendo in Italia Cambridge Analytica?

E’ una domanda a cui, dopo 6 anni di quella esperienza, non possiamo non avere una risposta. Ancora di più: chi sta facendo data mining nei nuovi collegi elettorali per individuare aree di elettori, o addirittura singoli utenti, a cui destinare flussi ininterrotti di comunicazione altamente personalizzata?  

Questa attività in molti paesi, come ad esempio la stessa Inghilterra che pure ha sperimentato nel corso della campagna della Brexit quali effetti può avere, è ritenuta illegale perché contraddice la base dei processi di formazione di un’opinione pubblica libera e trasparente che non può non basarsi sul fatto che tutti conoscano quale informazione viene diffusa, per poterla contestare e correggere in modo che ognuno possa poi consapevolmente formarsi una propria idea.

Authority silenti su web e campagna elettorale

Su tutta questa materia c’è il silenzio più assoluto, innanzitutto delle authority che dovrebbero vegliare sulla correttezza del traffico digitale ma anche degli stessi partiti che continuano ad accanirsi sul titolo di questo o quel tg, ignorando invece del tutto la massa della comunicazione digitale che arriva a 38 milioni di elettori.

Bot questi sconosciuti?

Infine l’annosa questione dei bot. E’ incredibile ma da almeno due legislature l’Agcom, rinnovata più volte, continua a ignorare questo aspetto: come identificare l’attività dei sistemi intelligenti artificiali. Io devo sapere se sto parlando con un essere umano o un bot, perché nel secondo caso mi chiederei immediatamente chi ha speso soldi per attivare quel meccanismo e con quale fine. Tanto più in campagna elettorale.

Ricapitolando: possiamo attenderci nei prossimi giorni un intervento che metta in sicurezza la campagna elettorale e spinga l’Agcom, nei limiti dei suoi poteri non ridottissimi, a bonificare uno spazio dove sono già stati consumati orrori nei confronti della democrazia italiana?

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