Provaci ancora rete unica. A quasi due anni dal primo Memorandum of Understanding (MoU) sulla rete unica dell’agosto 2022 fra Tim e Cdp, è giunta ieri la firma di un nuovo MoU, questa vota con tre sottoscrittori (Tim, Open Fiber e Cdp) per la costituzione di una rete unica in Italia sotto il controllo di Cdp e partecipata dai fondi KKr e Macquarie. Questa volta, rispetto al MoU di due anni fa, il risultato finale dell’operazione vedrebbe l’uscita di scena di Tim, che al contrario nel primo memorandum ormai superato dai fatti (firmato dall’ex ad Luigi Gubitosi il 31 agosto 2020 e promosso dall’allora ministro dell’Economia Roberto Gualtieri per la costituzione di AccessCo, nome orami uscito dai radar e sostituito da NetCo) prevedeva come precondizione ineludibile la maggioranza in capo a Tim.
Sindacati contrari
C’è da dire che i sindacati sono assolutamente contrari allo spezzatino di Tim e anche a questo secondo memorandum. Domani tra l’altro sarà l’occasione di ascoltare il piano industriale di Tim da parte dell’ad Pietro Labriola, in audizione alla Commissione IX Trasporti e telecomunicazioni della Camera.
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Nuovo memorandum non vincolante
Un memorandum, va detto, non vincolante quello siglato ieri sera, che fissa però le tappe per arrivare all’impegno per l’unione delle due infrastrutture di Tim e Open Fiber entro il prossimi 31 ottobre. Il memorandum di ieri sera coinvolge anche i fondi KKR e Macquarie, rispettivamente azionisti il primo di FiberCop, società della rete secondaria di Tim (37,5%) e il secondo di Open Fiber (40%). Il via libera al progetto, che essendo un progetto strategico per il Paese è stato sottoposto al Golden power. L’idea comunque piace al mercato, con il titolo di Tim che oggi in apertura è salito del 4,6% per ritracciare a +2,10% a 0,29 euro alle 13,00.
Nota congiunta
Ieri sera, i Cda di Tim, Open Fiber e Cdp hanno emesso una nota congiunta “Facendo seguito a quanto comunicato lo scorso 2 aprile 2022, si rende noto che in data odierna CDP Equity (CDPE), società interamente partecipata da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), Teemco Bidco S.à.r.l., società lussemburghese controllata da uno o più fondi gestiti da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (KKR), Macquarie Asset Management (Macquarie), Open Fiber e TIM (di seguito, le “Parti”), hanno sottoscritto un protocollo di intesa non vincolante (Memorandum of Understanding, MoU) relativo al progetto di integrazione tra le reti di TIM e Open Fiber (di seguito, “l’Operazione”)”.
Coinvolti direttamente anche i fondi
Rispetto al primo memorandum di quasi due anni fa, quindi, sono coinvolti anche i fondi ed è coinvolta direttamente anche Open Fiber. Un passo in avanti non indifferente, visto che questa volta sono stati chiamati a prendere posizione tutti gli staekoholder finanziari coinvolti nell’operazione.
Si legge ancora nella nota che “L’obiettivo del MoU è avviare un processo volto alla creazione di un solo operatore delle reti di telecomunicazioni, non verticalmente integrato, controllato da CDPE e partecipato da Macquarie e KKR, che consenta di accelerare la diffusione della fibra ottica e delle infrastrutture VHCN (Very High Capacity Networks) sull’intero territorio nazionale, permettendo così l’accesso ai servizi più innovativi ed efficienti offerti dal mercato alla generalità della popolazione, agli enti pubblici e alle imprese, contribuendo in tal modo ad uno sviluppo più celere, duraturo e sostenibile del Paese”.
Separazione della rete Tim
“Le Parti hanno condiviso che l’Operazione possa articolarsi mediante la separazione delle attività infrastrutturali di rete fissa da quelle commerciali di TIM – mediante un’operazione societaria o combinazione di operazioni societarie da definirsi – e l’integrazione delle prime con la rete controllata da Open Fiber con modalità da definirsi. Ad esito di tale Operazione TIM, sul mercato italiano, potrà focalizzare in via prioritaria le proprie attività nei servizi di telecomunicazione e trasmissione di dati”, prosegue la nota.
Accordi vincolanti fissati il 31 ottobre
Prevista, quindi, la scissione di Tim in una società della rete Tim (con la costituzione di una NetCo) separata dai servizi (con la costituzione di una ServCo). L’obiettivo è la fusione della società della rete con quella controllata da Open Fiber. Ma per ora non è ancora stato deciso come procedure, sarà proprio questo il tema sul tavolo nei prossimi mesi, per raggiungere quindi un disegno vincolante operative entro il 31 ottobre. Cinque mesi, quindi, per arrivare ad un Progetto vincolante di rete unica.
I numeri di Open Fiber
Dal canto suo, Open Fiber ha un piano industrial che prevede 24 milioni di unità immobiliari in FTTH, di cui oltre 14 milioni già coperte. Può contare su un project financing con primari istituti di credito italiani e internazionali da 7,2 miliardi di euro, estendibile per ulteriori 2.8 miliardi. Conta su 220 città grandi e medie cablate, a fronte di 3750 comuni delle aree bianche con commercializzazione dei servizi aperta.
In Italia, gli accessi FTTH a fine dicembre 2021 superavano i 2,4 milioni (Osservatorio AGCOM 1/2022) dei quali circa il 70% viaggia su rete Open Fiber.
Tutti i via libera da ottenere
“Il Progetto sarà perseguito dalle Parti nel rispetto dei vincoli regolatori inerenti le attività infrastrutturali, dei processi autorizzativi interni e degli interessi dei rispettivi azionisti, investitori e stakeholder, nonché in piena, trasparente e preventiva consultazione con tutte le competenti autorità nazionali ed europee”, prosegue la nota.
“Con la sottoscrizione del MoU non vincolante, le Parti si sono impegnate a negoziare in via esclusiva e in buona fede i termini e condizioni dell’Operazione con l’obiettivo di addivenire alla firma di eventuali accordi vincolanti entro il 31 ottobre 2022. Pertanto, la sottoscrizione di tali accordi sarà portata all’approvazione dei rispettivi organi deliberanti e soggetta all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni (incluse quelle in materia di antitrust) da parte delle Autorità nazionali ed europee competenti. Inoltre, a prescindere dalla struttura che potrà essere da ultimo individuata e condivisa, l’Operazione sarà sottoposta all’approvazione dell’Assemblea degli Azionisti di TIM”, si legge ancora.
Passaggi intermedi complessi
I passaggi intermedi sono quindi numerosi e complessi. D’altra parte, l’operazione rappresenta un merger strategico fondamentale anche per il future digitale del paese e per il PNRR.
“Per TIM, l’eventuale realizzazione dell’Operazione sarà inoltre soggetta alla disciplina di cui al Regolamento CONSOB n. 17221/2010 in materia di operazioni con parti correlate, posto che TIM ha identificato un rapporto di correlazione con CDP (che è azionista di TIM) e le società dalla stessa controllate. Sulla base degli elementi disponibili, si stima che l’Operazione possa qualificarsi come “operazione di maggiore rilevanza” per le finalità di cui all’art. 8 del suddetto Regolamento. Il Comitato parti correlate di TIM è stato tempestivamente coinvolto nella fase delle trattative e ha esaminato il MoU nel corso di una pluralità di riunioni.
TIM continuerà ad assicurare la piena osservanza della disciplina applicabile in termini di processi approvativi interni e informativa al pubblico”, chiude la nota.
Prevista la vendita definitiva della rete Tim
Sotto pressione da anni nel suo mercato interno, Tim, carica di debiti, prevede di staccare la sua rete fissa, un asset per il quale gli analisti hanno stimato valutazioni comprese tra 15 e 20 miliardi di euro (16 miliardi di dollari – 21,45 miliardi di dollari). Lo scrive la Reuters, ricordando che sebbene non sia stata decisa la struttura finale dell’accordo con Open Fiber, le opzioni in discussione includono la vendita a titolo definitivo della rete fissa di TIM, hanno affermato due fonti separate. L’accordo quadro ha il sostegno dei fondi infrastrutturali Macquarie e KKR, che detengono partecipazioni di minoranza rispettivamente in Open Fiber e nella rete TIM, affermano le fonti. KKR, che ha speso 1,8 miliardi di euro per acquistare una partecipazione del 37,5% nell’unità di rete dell’ultimo miglio di TIM FiberCop e ha tentato un’offerta pubblica di acquisto da 10,8 miliardi di euro per TIM, ha precedentemente espresso preoccupazione per questioni normative e di valutazione relative al piano di rete unico.
Quanto vale la rete Tim?
Sotto pressione da anni nel suo mercato interno, Tim, su cui pesa una grande mole di debiti, prevede di staccare la sua rete fissa, un asset per il quale gli analisti hanno stimato valutazioni comprese tra 15 e 20 miliardi di euro (16 miliardi di dollari – 21,45 miliardi di dollari). Lo scrive la Reuters, ricordando che sebbene non sia stata decisa la struttura finale dell’accordo con Open Fiber, le opzioni in discussione includono la vendita a titolo definitivo della rete fissa di Tim a Open Fiber (tramite Cdp?). Come detto, l’accordo quadro ha il sostegno dei fondi infrastrutturali Macquarie e KKR, che detengono partecipazioni di minoranza rispettivamente in Open Fiber e nella rete TIM, affermano le fonti. KKR, che ha speso 1,8 miliardi di euro per acquistare una partecipazione del 37,5% nell’unità di rete dell’ultimo miglio di TIM FiberCop e ha tentato un’offerta pubblica di acquisto da 10,8 miliardi di euro per Tim – rispedita al mittente – ha precedentemente espresso preoccupazione per questioni normative e di valutazione relative al piano di rete unico.
Gli analisti di Intermonte assegnano all’infrastruttura un enterprise value (capitalizzazione più debito) di 25 miliardi di euro, di cui 16,7 riferibili ad asset di Tim e 8,6 a Open Fiber, con possibili sinergie – secondo indiscrezioni – di 4-5 miliardi.