Carlo Rognoni nell’articolo “Le due guerre in Ucraina fra bombe e cyber-attacchi silenziosi della Rete” scritto per Democrazia futura, prendendo spunto dall’inchiesta voluminosa scritta dalla giornalista del New York Times Nicole Perlroth su La corsa agli armamenti cibernetici e il futuro dell’umanità, si sofferma come recita l’occhiello su “La guerriglia degli hacker, la guerra ibrida russa attraverso le fake news via Internet e l’ottima risposta comunicativa di Zelenskyj alla parata sulla piazza Rossa, passeggiando solo per le strade vuote di Kiev.
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In Ucraina di guerre ce ne sono due. Quella che vediamo tutti i giorni in televisione, palazzi sventrati, morti per strada, cumuli di macerie, fosse profonde causate da bombe, donne e bambini che scappano, in treno, in auto, a piedi, carri armati dappertutto, soldati russi che là dove si ritirano saccheggiano e rubano a man bassa. E poi c’è l’altra guerra quella silenziosa, figlia della rivoluzione digitale, diversamente drammatica.
L’esempio più clamoroso risale al 27 giugno 2017, quando l’invasione ordinata da Vladimir Putin era di là da venire. Ebbene quel giorno di giugno la Russia ha dispiegato in Ucraina le armi digitali dell’americana Ntoiona Secufity Agency (NSA) – rubate dai servizi segreti russi – nel corso di quello che si è poi rivelato l’attacco informatico più devastante e dannoso della storia internazionale.
Ce l’ha raccontato Nicole Perlroth, giornalista del New York Times e autrice del libro Così mi hanno detto che finirà il mondo. La corsa agli armamenti cibernetici e il futuro dell’umanità[1]:
“Quel pomeriggio gli ucraini si sono trovati di fronte a schermi neri ovunque. Non potevano prelevare dai bancomat, pagare la benzina ai distributori, inviare o ricevere posta, pagare i biglietti del treno, fare spesa, ricevere pagamenti o – fatto forse più terribile – monitorare i livelli delle radiazioni a Chernobyl. Il tutto solo in Ucraina”.
In questi giorni la guerriglia informatica ha finito per colpire anche noi europei. Non solo l’Italia con un attacco hacker al sito del Senato e a quello del ministero della Difesa. La cronaca ci racconta che sono stati presi di mira anche siti istituzionali della Polonia e della Germania.
Dalla Bielorussia a San Pietroburgo: chi sono gli hacker dei cyber-attacchi di questi giorni
“Potrebbe essere l’inizio della vostra fine”: questo il messaggio ricattatorio diffuso dalla cyber gang russa Killnet, una delle tante bande informatiche russe, come il gruppo Free Civilian, Coming Project, Sandwarm, Ghostwriter (riconducibile alla Bielorussia). Un gruppo di ricerca sulla sicurezza informatica che si chiama CyberKnow tiene traccia di tutti questi delinquenti informatici. E ha creato un elenco evidenziandone oltre cinquanta.
Al primo piano di una palazzina di via Savushkin 55, a San Pietroburgo, un primo manipolo di hacker, di lavoratori della “fabbrica dei troll” (oggi i dipendenti sono ottocento) attraverso internet fa esperimenti – perfino scherzi – di tutti i tipi. E’ riuscito, per esempio, a mobilitare in un giorno di primavera del 2015 cittadini americani. In una strada di New York un gruppo di persone, telefoni in mano, hanno controllato gli schermi, si sono scambiati poche parole e poi se ne sono andati. Un annuncio su Facebook prometteva panini hot dog gratis. Ce l’ha raccontato la testata RBK che in una dettagliatissima inchiesta ha svelato i segreti di una delle più misteriose operazioni di destabilizzazione messe in campo dalla Russia per fiaccare il fronte occidentale, Stati Uniti in testa. Nel 2016 venivano gestiti circa centoventi fra pagine e gruppi, “la metà su Facebook e un terzo su Instagram”, capaci di raggiungere 6 milioni di followers e generare fino a 70 milioni di impressions a settimana. La Rete è poi stata smantellata in seguito solo grazie alle indicazioni dell’intelligence americana.
Una guerra ibrida sempre più micidiale. Putin e il progetto di alleanza tecnologica con la Cina
La storia di quest’ultimo caso è sicuramente curiosa e coinvolgente ma sia chiaro che non è bastata a fermare quella che si chiama “guerra ibrida”. Si dice che il capo di Stato Maggiore generale Valerij Vasilievic Gerasimov sia stato insieme al ministro della Difesa Sergej Sojgu il promotore dell’innovazione più radicale delle forze armate russe fin dal 2012, puntando anche proprio sulla guerra informatica.
Sia Estonia sia Georgia sono esempi di pochi anni fa in cui la cyber war ha mostrato i muscoli. Prima dell’Ucraina.
“L’interconnessione e l’interdipendenza economica e produttiva, fanno si che gli Stati oggigiorno non siano più definiti solo dai loro confini, e dai flussi di persone e legami finanziari, commerciali ed energetici che quotidianamente li attraversano”.
“In caso di conflitti armati convenzionali – di cosiddette guerre guerreggiate – il cyberspazio in realtà si limita al supporto tattico per le operazioni militari sul campo di battaglia. Differente e ben maggiore è la sua utilità sul piano strategico nelle fasi preliminari della guerra, soprattutto se declinate nell’ottica dello spionaggio, della propaganda e della disinformazione”.
Un’alleanza tecnologica con la Cina è un’altra parte del piano che Vladimir Putin ha in testa. Un piano che l’Occidente non può permettersi di ignorare.
Putin – si dice – è ossessionato dai servizi internet occidentali. Al punto che pensa a un accordo con la Cina anche perché con l’aiuto di Pechino potrebbe lavorare alla sostituzione del modello Tcp/Ip, protocollo sul quale la Rete globale si regge da oltre cinquant’anni.
La Cina ha ancora molta strada da fare. E’ in ritardo rispetto agli Stati Uniti nei sistemi operativi. Ma qui anche grazie al talento ingegneristico russo (gli ingegneri russi sono molto ricercati in Occidente per la loro ingegnosità) è probabile che fra non molto le due nazioni potrebbero mettere in campo un protocollo alternativo.
Due anni fa l’ONU si è opposta alla proposta di una nuova architettura di Rete avanzata dalla Cina. Ma Pechino sta andando dritta per la sua strada. E il piano ha già il sostegno dell’Arabia Saudita e di altri Paesi che intendo sorvegliare internet.
La richiesta agli hacker di collaborare al fianco dell’Ucraina per fgar fronte ai cyberattacchi nemici
Una volta che il conflitto armato contro l’Ucraina andrà verso una risoluzione, c’è chi sostiene che a quel punto la Russia potrebbe decidere di avvalersi con maggiore incisività del cyberspazio.
Un fronte che sta rafforzandosi è quello della cyber-forza interna dell’Ucraina. Il governo ha lanciato un appello all’inizio dell’attacco russo per chiedere collaborazione agli hacker sul proprio territorio e la risposta sembra sia stata notevole. Il famosissimo miliardario americano Elan Musk ha messo a disposizione degli ucraini il suo sistema satellitare di comunicazione.
Sul fronte russo c’è da ricordare come il Check Point Software abbia rilevato un aumento degli attacchi hacker contro l’Ucraina pari al 196 percento nei primi tre giorni di conflitto, anche se le entità coinvolte siano molto poche.
C’è poi il gruppo Conti molto noto nel settore della cybersecurity perché particolarmente attivo negli attacchi ransomware, azioni che rubano e criptano tutti i file di un’azienda e permettono ai criminali di richiedere un riscatto per sbloccare l’operatività.
Soprannominato “lo chef di Putin” Yevgeny Prigozhin, originario di San Pietroburgo, come tanti degli “amici di Putin”, è centrale nella storia della fabbrica dei troll. Non solo. Pure la Wagner, la compagnia d’armi privata attiva in Siria, Libia e alcuni Paesi africani, è riconducibile proprio a lui, oramai entrato nel circolo degli oligarchi che contano. Per uno partito dai panini con i quali aveva conquistato la gola dello zar del Cremlino, Prighozhin è diventato “l’oligarca oscuro, l’uomo dei misteri con accesso privilegiato a Putin, una specie di cardinale Richelieu della destabilizzazione che Putin in persona ha paragonato al finanziere americano George Soros.
Le fake news come arma politica. Il caso della giornalista finlandese Jssika Aro
Le fake news sono anche un’arma politica. Se n’è accorta la giornalista finlandese Jessikka Aro, che dopo aver indagato e scritto sui troll filorussi è finita vittima delle loro bufale online. La Aro lavora da anni per la televisione pubblica finlandese. Dopo aver studiato a lungo il fenomeno dei troll russi collegati al Cremlino, va a San Pietroburgo dove intervista alcuni componenti di quella nuova fiorente industria. Quello che scopre è una fitta rete di account di Facebook, Vkontakte e Twitter, realizzata attraverso account robotizzati che hanno l’obiettivo di diffondere notizie false e diffamatorie. La giornalista viene travolta dalla vendetta: uno tsunami di fake news che la descrivono come drogata, criminale, perfino disabile. I siti web di mezzo mondo si ispirano a quel tipo di fake news descrivendola come una spiona al soldo dei servizi segreti occidentali. Bisognerà aspettare il gennaio del 2020 per vedere Jessikka Aro recuperare serenità. Le viene assegnato il premio giornalistico “International Women of Courage Award”.
La risposta alla massiccia guerra ibrida russa da parte di Zelenskyj: la passeggata in solitudine per le strade vuote di Kiev e il ruolo centrale dei media anche per l’Ucraina
Questa guerra ibrida che vede la Russia contro l’Ucraina e il resto del mondo occidentale è stata chiamata anche “la guerra di internet”. Il coinvolgimento dei social, nel bene e nel male, è totale. Su Facebook, Twitter, Instagram, Tik Tok sono state calcolate dall’inizio del conflitto oltre 20 milioni di interazioni e post riguardanti la crisi, nonché sono stati caricati video e foto dell’invasione. La Russia attraverso i suoi media più importanti porta avanti una propaganda anti-Ucraina senza precedenti.
E tuttavia è giusto concludere questa nota sulla guerra ibrida raccontando come i media abbiano un ruolo centrale anche per il presidente Zelensky. E’ riuscito a dimostrare il 9 maggio che la parata militare russa a Mosca era in fondo meno efficace e meno comunicativa della sua passeggiata in solitudine per le strade vuote di Kiev.
Delle due guerre di cui è tragicamente testimone l’Ucraina almeno una, quella della comunicazione sembra la stia vincendo il presidente Zelensky.
Caro Putin, la guerra si può perdere anche con la cattiva comunicazione.
[1] Nicole Perlroth, This Is How They Tell Me the World Ends. The Cyberweapons Arms Race, New York, Bloomsbury Publishing, 2021, 528 p. Tr. Ita. di Valentina Muccichini: La corsa agli armamenti cibernetici e il futuro dell’umanità, Milano, Il Saggiatore, 2022, 640 p.