Non vorrei citare nemmeno uno dei film che ho visto con Monica, tra grandi o piccoli regista e attori. Non vorrei appartenere allo spietato mondo del cinema di ieri e… domani, e alle sue celebrazioni da cimitero degli assi, donne e uomini.
Lascio al passato la favola del cinema che spera di non di morire mai, e non è vero: il cinema ha riempito un mondo felice, se sta andando perché gioca male o poco con i produttori e con il resto della settima arte…
Troppe mani e teste sbagliate stanno distruggendo un gran cimitero di felicità durato un lungo secolo e oltre di ciak e schermi.
Monica è lì, ha dato filo da torcere agli spaventi, all’arrivo di un lungo abbandono, di un popolo senza identità a cui ha consegnato felicità, ironia, disperazione e…ceffoni da parte di un cornuto Alberto Sordi in un film che non voglio nemmeno citare.
Monica è degna, è salva quando lo schermo è pieno di lei e dei suoi amori multipli.
Monica ha vinto perché ha messo in riga i plotoni di mani tese per toccarla, possederla, portarsela a casa, nei sogni e nelle tappe di felicità dell’uomo e della donna.
Monica è stata una delle poche donne attrici che ha amato donne e rivali-maschi mettendo a suo agio il popolo suo garante e rimanere integra, solenne, con il rigore di una vera artista che non competeva nella carriera perché incarnava il distacco a cui arrivava con un colpo d’ala creando scintille, benessere per tutti.
A questo punto bisogna entrare nel segreto di Monica, diva e donna che non si dimentica, le televisioni la infilano in una sorta di appello che non si dimentica e torna spesso, una sorta di appuntamento per i “centenari” militanti dei grandi: Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, sempre Alberto Sordi, Gigi Proietti, Ennio Morricone… come è accaduto durante una lunga attesa di qualcuno (un angelo o una gran quantità di angeli).
Ebbene sì, Monica ci ha lasciato un lungo silenzio e poi ha deciso, andandosene…in anticipo, in silenzio, forse persino fuggita, forse infastidita dalla solita anima nera del cinema erede e dalle storie pronte, capaci di fare celebrazioni, trionfalismo, carta bollata.
Mentre il gran timbro è di gloria per Monica che illumina tutta la scena: da Michelangelo Antonioni, compagno e gran regista, a Ettore Scola, Mario Monicelli, Dino Risi; dal cinema al teatro, ai testi dei classici come Nicolò Machiavelli, Georges Victor Marcel Moineau noto con il suo pseudonimo Courteline, John Osborne, Arthur Miller… Monica, ovvero Maria Luisa Ceciarelli, diplomata all’Accademia d’arte drammatica romana.
Poi, all’improvviso, e a lungo nel tempo, un amore, un giovane regista, una presenza impalpabile, una storia silenziosa.
L’ultimo atto esteso nel tempo, un rapporto cominciato bene, cresciuto, intenso, commuovente… Il giovane regista non sventolava i nomi della sua compagna – Maria Luisa, Vitti o Ceciarelli – passavano nelle biografie e soprattutto nei giornali o in televisione.
Una grande storia, grande coraggio e soprattutto, grande modestia di “due ragazzi”, ragazzi nella luce della finzione scenica e nella realtà, passione, colma di silenzi e devozione.
Un miracolo nella Roma del cinema e nella vita.
Lo scherzo macabro de Le Monde
E dire che in un giorno qualunque comparve su un giornale di Parigi la notizia della morte di Monica Vitti…Mai avvenuta e molto lontana…
Un fatto che mi sembrò, nella falsità, qualcosa fra immaginazione e ironia storica, una gaffe.
Lo usai. Lo riportai inserendolo nel film che per la Rai Tv raccontavo, con la stessa Monica, quando commentammo la qualcosa lo “scherzo” macabro, come un augurio.
E sono passati tanti anni, e la vita suggerì’ che si apriva una importanza Importante: battere la giornalistica finta morte col sorriso. Rubammo tempo al tempo…