Presidenziali

Democrazia Futura. L’incognita delle legislative sul nuovo quinquennio di Macron all’Eliseo

di Bruno Somalvico, direttore editoriale di Democrazia futura |

Nessuna sorpresa al secondo turno delle elezioni presidenziali in Francia. Rimane invece quella che nel titolo è definita da Bruno Somalvico "L’incognita delle legislative sul nuovo quinquennio di Macron all’Eliseo".

Bruno Somalvico

Democrazia futura propone una lettura del voto di domenica in Francia che ha confermato Emmanuel Macron alla guida dell’Esagono, al secondo turno delle elezioni presidenziali. “Nessuna sorpresa al secondo turno delle elezioni presidenziali in Francia” recita l’occhiello. Rimane invece quella che nel titolo è definita “L’incognita delle legislative sul nuovo quinquennio di Macron all’Eliseo”.

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Nonostante i dubbi della vigilia (“nessuno ha la vittoria in tasca”  aveva ribadito lo staff del presidente che pure aveva un discreto margine rispetto alla sua sfidante dopo il primo turno, ovvero 4,7 punti percentuali), la Francia conferma al ballottaggio Emmanuel Macron che raddoppia quasi i voti da 9,783 milioni a 18,779 milioni (quasi 9 milioni di suffragi in più rispetto al primo turno, con un incremento del 30,7 per cento) e distanzia di oltre 17 punti percentuali la sfidante Marine Le Pen, che passa da 8,133 milioni a 13,297 milioni, conquistando a sua volta un incremento del 18,3 percento. Un risultato inatteso fra i migliori nella storia delle elezioni presidenziali della Quinta Repubblica. Crescono anche gli astenuti di oltre 832 mila unità passando dal 26,31 per cento al primo turno al 28,01 per cento al ballottaggio. Calano a loro volta i voti validi espressi scesi di oltre 3 milioni di unità con un incremento sia delle schede bianche passate da 543 mila (ovvero l’1,51 per cento) a 2,228 milioni (un significativo 6,35 per cento) e le schede nulle da 247 mila (lo 0,67 per cento) a quasi 791 mila (ovvero il 2,25 per cento).

Mai, dopo il lontano 1969, vi è stata una così bassa affluenza al ballottaggio di una presidenziale. Quell’anno una larga parte della sinistra decise di non votare né per Georges Pompidou né per Alain Poher. Per la sinistra erano la stessa cosa “bonnet blanc, blanc bonnet”. Cinquantatre anni dopo, l’ennesimo voto per impedire l’accesso all’Eliseo di un candidato proveniente dall’estrema destra ha invece favorito una significativa mobilitazione a favore di Macron che ha più che raddoppiato la propria percentuale di consensi rispetto al primo turno pur avendo perso elettori parigini e dei centri urbani medio-alti nel frattempo andati in vacanza (molti di essi hanno beneficiato dello strumento della procura). Si conferma dunque l’analisi che avevamo fatto dopo il primo turno.

Una Francia tripolare suddivisa fra estrema destra da un lato, centro macroniano (28 per cento) dall’altro, e infine le sinistre.

Con un’estrema destra che fa meno paura e come tale tenta di contendersi quel che rimane delle forze moderate della destra repubblicana (7-8 per cento) e le sinistre che sembrano aver dato un contributo decisivo alla vittoria del presidente uscente nonostante la crescita degli astenuti e soprattutto quella delle schede bianche e di quelle nulle ascrivibile soprattutto agli elettori della sinistra radicale ed estrema. Il 43 per centro degli elettori di Mélenchon, pari a 3,23 milio ni di voti avrebbe votato per il presidente uscente al secondo turno, mentre il 24 per cento pari a 1,85 milioni si sarebbe astenuto e un altro 17 per cento, pari a 1,31 milioni avrebbe votato scheda bianca.

Marine cresce, non sfonda. Ma sdoganatasi dell’iconografia paterna, sembra competitiva a contendersi l’elettorato moderato, anche quello popolare delle sinistre alle elezioni politiche

Marine Le Pen partiva da una base di poco più del 32 per cento dei voti sommando quelli da lei conquistati al primo turno con i 7 punti raccolti alla sua destra da Eric Zemmour e i 2 punti di Nicolas Dupont Aignan. Partendo da questo piccolo terzo dei voti espressi al primo turno Marine Le Pen non è riuscita a conquistare quei 18-20 punti percentuali che sarebbero stati necessari per vincere. Un’impresa impossibile a meno di sfondare fra le sinistre anti establishment e soprattutto conquistare nuovi voti fra gli astenuti.

È riuscita a conquistarne però quasi la metà, ovvero quasi 10 punti percentuali in più, probabilmente fra gli elettori del candidato rurale Lassalle e raccogliendo anche parte dei suffragi rimasti a quel che rimane dei Républicains e una piccola ma non per questo non meno significativa parte – quella più propriamente anti-europea e populista – presente fra gli elettori de La France Insoumise stimata in 1,31 milioni di voti pari al 17 per cento dei voti andati al primo turno a Mélenchon (la stessa percentuale di coloro che avrebbero votato scheda bianca).

Emmanuel si conferma presidente vincendo con una campagna elettorale ridotta al minimo grazie al soccorso rosso delle sinistre

Emmanuel Macron partiva da una base del 28 per cento formata dalla sua formazione politica La République en Marche e dai centristi di Francois Bayrou. Pur perdendo qualche elettore parigino astenutosi perché in vacanza, ha quasi raddoppiato i voti e conquistato oltre 30 punti percentuali conquistando i voti moderati di centro destra che non era riuscita a raccogliere sin dal primo turno, ma soprattutto una larga parte della costellazione delle sinistre e in particolare di socialisti e verdi (peraltro solo 6 punti percentuali) e una cospicua quota anche di elettori della sinistra radicale, di quella comunista e dei trotzkisti per impedire la vittoria dell’estrema destra. Senza i 3,23 milioni di voti ricevuti dai sostenitori al primo turno di Mélenchon l’ampia vittoria ottenuta da Macron sarebbe stata messa seriamente in discussione,  potendo contare il presidente uscente come voti sicuri alla vigilia solo su un terzo abbondante dei suffragi (34 per cento) ovvero un vantaggio lievissimo rispetto alla candidata del Rassemblement National. In ogni caso se non vi fosse stata una forte mobilitazione a suo favore dell’elettorato delle sinistre lo scarto si sarebbe molto ridotto. 

Una scelta per l’Europa che fa crescere il gap fra centri urbani, banlieues e zone rurali. Le politiche come occasioni di rivincita per i notabili dei partiti politici tradizionali

Con questo risultato chiaro, la Francia si è pronunciata ancora una volta come dopo le presidenze di Mitterrand, Chirac e tutto sommato anche quelle di Sarkozy e di Hollande a favore dell’Europa. Ma questa volta in maniera più convinta nonostante l’affermazione di Marine Le Pen nei confronti della quale hanno pesato le liaisons dangereuses con Vladimir Putin e gli oligarchi del Cremlino. Certo Marine La Le Pen cresce conquistando al secondo turno altri 2,7 milioni di elettori e quasi 7,5 punti percentuali ma molto meno di quanto previsto ancora all’indomani del primo turno quando alcuni istituti demoscopici la davano sconfitta ma con un ben più confortevole 45 per cento.

Detto questo grazie anche ai toni moderati di questa signora cinquantatreenne che ha fatto di tutto per apparire diversa dall’immagine paterna in questo nuovo quadro tripolare la sua formazione politica potrebbe lanciare ulteriori ami verso il tradizionale establishment dei notabili del centrodestra e definitamente essere sdoganata dai loro elettori diventando molto competitiva alle legislative dove anche Mélenchon vorrebbe organizzare coalizioni fra la sua France Insoumise e le altre formazioni ecologiste, socialiste e verdi, per sottrarne i voti a Macron e costituire un terzo polo altrettanto competitivo alle prossime elezioni legislative che ha dichiarato di voler vincere candidandosi lui stesso per fare il primo ministro di Macron.

La possibile sterzata a sinistra per riequilibrare il campo largo macroniano

Memore della sconfitta di Giscard d’Estaing nel 1981, l’inquilino appena riconfermato all’Eliseo, per evitare questa nuova versione vincente dell’unione delle sinistre potrebbe tentare la carta di scegliere come premier un esponente proveniente della sinistra socialista moderata. Potrebbe essere la ministra del lavoro Elisabeth Borne. L’ex primo ministro di Hollande Manuel Valls è fra i possibili leader della nuova formazione politica che potrebbe essere costituita al posto de La Republique en Marche. Segolene Royal sembra invece orientata ad un accordo con Mélenchon.

Ma le legislative potrebbero ridare fiato alle formazioni politiche tradizionali ben radicate sul territorio e ridotti a cespugli al primo turno. Che potrebbero prendersi la loro rivincita dopo la débacle del primo turno.

Ripeto quanto avevo scritto commentando il voto di due settimane fa. Il regime francese  è diverso da quello italiano come pure il sistema elettorale. Sinora la Quinta Repubblica aveva sempre amplificato sull’onda delle presidenziali la maggioranza del presidente eletto o come ieri rieletto per un secondo mandato. Ma in questo caso i macroniani per confermare a giugno la maggioranza uscita il 24 aprile alle presidenziali dovrebbero vincere i ballottaggi in più della metà del 577 collegi, fatto per nulla scontato. Tutto dipenderà da due fattori: da un lato il tasso di partecipazione al primo turno previsto il 12 giugno, dall’altro la capacità di coalizzarsi o meno da parte delle destre da un lato e delle sinistre dall’altro e di portare al secondo turno entrambe un proprio candidato, ovvero di conquistare almeno al primo turno il 12,5 per cento degli iscritti, e quindi una percentuale di votanti che alza l’asticella al 20 se non al 25 per cento in caso di crescita degli astensionisti.   

Macron rischia infatti di perdere molti ballottaggi triangolari mentre molto probabilmente potrebbe raccogliere non solo le desistenze di molti elettori di sinistra in caso di duelli contro un candidato d’estrema destra, ma anche il supporto di elettori delle destre al primo turno in caso di sfide al ballottaggio contro un candidato delle sinistre.

Verso una ricomposizione del quadro politico. Le incertezze che pesano con la minaccia di “triangolari” al secondo turno delle elezioni politiche

Sono dunque iniziate le grandi manovre di ricomposizione delle alleanze e di selezione delle candidature per le legislative. Con l’occhio rivolto agli astenuti che sono molto più di un quarto del totale degli elettori. Il primo partito in un testa a testa con quello macroniano. Con interessanti battaglie al primo turno che si annunciano come autentiche primarie fra candidati di centrodestra sostenuti da Le Pen e altri candidati moderati sostenuti da Macron nei collegi tradizionalmente dominati dalle destre e candidati di sinistra e verdi sostenuti rispettivamente da Macron e Mélenchon in quelli tradizionalmente di sinistra. Con la differenza rispetto al passato che entrambi potrebbero in questo caso non praticare, come nei tradizionali duelli del passato fra destra e sinistra, la desistenza. Ma ritrovarsi in qualche modo entrambi al secondo turno in una triangolare insieme al candidato delle sinistre o delle destre radicali. Soprattutto in caso di forte partecipazione al primo turno che consentirebbe ai candidati che raccolgono forse anche meno del 20 per cento dei voti di qualificarsi per il ballottaggio. Una situazione inedita quanto incerta per il futuro della Quinta Repubblica e per il successo del secondo quinquennio di Emmanuel Macron che non è da escludere.

Anche se è probabile un effetto Macron di trascinamento del voto presidenziale ai candidati macroniani al primo turno delle legislative e un’ulteriore crescita degli astensionisti che renderebbe molto difficile la qualificazione per il ballottaggio di tre candidati.

In caso di duelli i macroniani qualificati beneficerebbero come detto delle desistenze mentre quelli esclusi potrebbero comunque essere arbitri decisivi del voto. In presenza di triangolari non disporrebbero invece di margini di crescita se non puntando sugli astenuti ovvero su un mercato elettorale tradizionalmente lontano dall’elettorato d’opinione e dai ceti sociali che hanno sin qui sostenuto il presidente riconfermato.

Il possibile allargamento a sinistra della maggioranza macroniana che vincerebbe facilmente le legislative secondo i primi sondaggi di queste ultime ore

Non è detto però che Macron saprà mobilitare anche questa volta la base elettorale di cui ha beneficiato al primo turno delle presidenziali. Tutto dipenderà dalla nuova coalizione che riuscirà a costruire in queste settimane per lanciare i propri candidati alle legislative. Macron beneficia sinora del sostegno oltre che de La République en marche, dei centristi del MoDem di Francois Bayrou e alla sua destra di Horizons la formazione politica di centro destra creata nel 2022 dal suo ex primo ministro Edouard Philippe. A queste tre formazioni si potrebbe aggiungere a sinistra Refondation républicaine in fase di costituzione da parte dell’ex socialista sovranista Jean Pierre Chévènement che ha fatto parte della squadra che ha sostenuto la campagna di Macron in queste settimane.

Vedremo come andranno a finire le trattative e se verranno confermate le previsioni dei sondaggi che anche in questa tornata continuano a prevedere un ampio successo alle legislative della maggioranza presidenziale.

“Ora Macron cerca di fare l’en plein: maggioranza anche alle legislative” titola il Corriere della Sera del 26 aprile in una corrispondenza da Parigi di Stefano Montefiori che osserva:

“Le legislative di giugno potrebbero confermarlo. Secondo la prima ricerca dell’istituto Harris Interactive, il partito di Macron, La République En Marche, assieme agli alleati del Modem e del movimento Horizons di Edouard Philippe, potrebbe conquistare di nuovo la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, tra i 328 e i 368 seggi. La vera novità delle prossime legislative sarebbe una straordinaria ascesa del Rassemblement national di Marine Le Pen, che passerebbe dagli otto miseri deputati di oggi a un centinaio di seggi, una rappresentanza finalmente in linea con il peso reale nella società francese. A sinistra, il sogno di Jean-Luc Mélenchon di conquistare la poltrona di primo ministro sembra complicarsi: il sondaggio lo dà in grande crescita fino a 45 seggi (oggi ne ha 17), che potrebbero salire a una novantina se la sua Union Populaire stringesse un’alleanza con socialisti ed ecologisti. In ogni caso, la sinistra sembra destinata a rappresentare, anche in Parlamento, il terzo blocco politico, dietro a quello centrista di Macron e a quello di estrema destra”[1].

Un risultato possibile ma non scontato anche a causa della possibile diserzione dalle urne il 12 e 19 giugno da parte di un elettorato come quello del premier che potrebbe risultare appagato dalla vittoria nella corsa all’Eliseo e poco motivato a mobilitarsi di nuovo. Per farlo avrà bisogno di motivazioni supplementari. E non di un semplice cambio di nome del partito macroniano. 

L’ipotesi di un futuro di Macron alla guida di un’Europa più forte

Fra cinque anni, alla fine del suo secondo mandato, Macron avrà 50 anni. Ovvero un lungo futuro politico ancora davanti a sé. A questo punto il suo destino politico potrebbe essere in Europa, candidandosi alla guida dell’Unione europea come presidente dopo aver favorito la formazione di partiti politici europei con un parlamento in grado di legiferare e conferire la fiducia ad un vero esecutivo europeo. Affiancato ma non dipendente, bensì del tutto autonomo dal Consiglio rappresentativo dei governi dei Paesi membri.

Questo secondo quinquennio alla Presidenza della repubblica francese dal 2022 al 2027 potrebbe consentirgli di prefigurare la maggioranza politica pro-europea intorno alla quale costruire e ricomporre il nuovo quadro politico venutosi a delineare nel quinquennio alle sue spalle.

Due potrebbero essere i modelli ai quali potrebbe ispirarsi per ricomporre il quadro politico interno e prefigurare una nuova maggioranza per questo secondo quinquennio

  1. Il modello Ursula – intorno alla quale si creò la candidatura dalla guida dell’Unione dell’ex ministra democristiana nel governo di Angela Merkel Ursula von der Leyen con il sostegno dei tre principali gruppi parlamentari europei: popolari, socialisti e liberaldemocratici – potrebbe prefigurare un allargamento della maggioranza di governo sia verso destra verso quel che rimane delle componenti moderate vicine ai popolari sia a sinistra di quelle riformiste, radicali e socialiste;
  2. Il secondo modello o se preferite una variante o sotto variante del primo potrebbe essere quello di trasformare la République en Marche in una sorta di partito coalizione semaforo. Già alleato in Francia con i Centristi eredi dei democristiani francesi della quarta repubblica, il nuovo partito macroniano aggregherebbe insieme la sua grande area liberale e moderata di centro presente a Strasburgo nel gruppo liberal democratico e quella popolare dei suoi alleati centristi con l’area rossa tradizionalmente presidiata dalle forze che si richiamano al socialismo democratico europeo e l’area verde delle forze ambientaliste.

In entrambi i casi avremmo a che fare con un disegno di ricomposizione del quadro politico che potrebbe iniziare sin dalle elezioni politiche generali. Costituendo una sorta di prova generale per una lista europea che a sua volta dovrà ricomporre le future elezioni del Parlamento Europeo trasformato in assemblea costituente della nuova Europa.

Evitare la palude denunciata da Duverger e l’estremismo di un centro tecnocratico

Quest’ipotesi è ben lontana da quell’estremismo di centro che laddove vincente trasformava la formazione che ne beneficiava in una palude ovvero in una formazione e politica poco chiara sospettata di ricorrere a tatticismi e trasformismo pur di non rendere contendibile il centro destinato a governare senza alternanza.

La palude è stata denunciata da Maurice Duverger in una stagione molto lontana da quella che viviamo oggi, eppure sembra così vicina a quel partito di deputati ratificatori delle scelte del loro leader che è stato sin qui La République en Marche. 

Uno scenario come questo sgombrerebbe altresì il campo dall’idea che Macron voglia ricostruire un’aggregazione neo liberale centrista come fu L’UDF di Giscard d’Estaing a fianco dei neogollisti di Chirac negli anni Settanta e iniziò anni Ottanta.

Con Macron la Francia vedrebbe realizzato un secondo grande capolavoro politico dopo quello che riuscì a Mitterrand sconfiggendo nel 1981 Giscard d’Estaing al culmine dello scontro fra comunisti e socialisti francesi ponendo fine all’Unione della  sinistra o comunque modificando in profondità i rapporti di forza. In questo caso Macron potrebbe contrastare sia le alleanze fra forze estreme lepeniste e melenchoniste con quel che rimane della destra moderata e della sinistra riformista, impedendo al contempo una rinascita di queste ultime  oggi ridotte a cespugli impedendo loro di presentarsi in maniera nettamente distinta dalle estreme ma anche distinta dal centro e, quindi, di ritrovare la credibilità e la fiducia perduta fra gli elettori.

Nel frattempo vedremo in queste settimane come si organizzeranno le liste e le candidature. Mentre Macron sarà impegnato a proseguire la ricerca di un accordo di pace e perlomeno di una tregua nel conflitto in Ucraina e concludere, portando risultati concreti, il semestre di Presidenza francese dell’Unione europea.


[1]Il Corriere della sera, 26 aprile 2022

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