Italia
Aumento del canone di abbonamento Rai di 1,50 euro, tenendo conto dell’inflazione programmata. Lo ha comunicato il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, che ha firmato il decreto in cui viene determinato l’importo per il 2010.
Per il prossimo anno il canone è stato quindi determinato in 109 euro (rispetto ai 107,50 euro previsti per il 2009), con un incasso in più previsto di 24 milioni di euro.
Soddisfazione per il provvedimento da parte di Enzo Carra, parlamentare del Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai, che ha però sottolineato la necessità di “accompagnare la misura a un serio disboscamento dell’evasione fiscale. Per il momento parliamo di 1 euro e mezzo d’onore“.
In disaccordo il Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), organismo dell’Agcom, che ha invece affermato: “Assolutamente da evitare l’aumento del canone. Soprattutto a fine 2009, anno che ha visto il passaggio al digitale in diverse aree, tra cui Roma, con notevoli difficoltà per i cittadini”.
“Abbiamo più volte espresso la nostra contrarietà all’aumento del canone – continua nella nota il Cnu – Sarebbe, infatti, utile che i cittadini conoscessero con esattezza quali attività il canone va a finanziare e quali invece sono realizzate con
Posizione forte anche quella dell’Aiart, associazione dei telespettatori cattolici, che ha denunciato: “Il canone viene adeguato ma la qualità dei programmi Rai si abbassa”.
“Tanta solerzia nell’adeguare il canone, ma poca attenzione alle richieste degli utenti che chiedono maggiore qualità”, ha detto Luca Borgomeo, presidente dell’associazione, aggiungendo “E’ chiaro che l’aumento del canone quantitativamente è minino, ma è il segnale che conta. Si ritocca verso l’alto quella che tanti italiani considerano un’odiosa tassa, ma la qualità cala. La Rai infatti continua a puntare su intrattenimento, reality, giochi a premi”.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc, parlando del recupero dell’evasione, ha commentato che è come “il finanziamento pubblico ai partiti: nessuno tra i politici lo combatte perché tutti ci inzuppano (…) I nostri rappresentanti istituzionali si spartiscono lo spartibile e chetano subito dopo tutte le contestazioni politiche o fiscali che siano, così come fanno quei giornali che lanciano campagne contro il canone e poi lasciano tutto lì”.
Un terreno spinoso, ha spiegato Donvito, che, a parte i giudizi sull’obiettività e utilità dei servizi, ha quattro grandi macchie gestionali:
– l’abuso di posizione dominante della Rai rispetto ai propri concorrenti e, come di fatto avviene, la gestione in duopolio normativo e tecnico con Mediaset, dell’intera informazione via etere;
– il perpetrarsi di violazioni di legge nel non ottemperare a un obbligo di legge sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione, pubblicando sul proprio sito web i nomi e relativi importi percepiti dai consulenti e professionisti esterni;
– la consapevole violazione di legge nel favorire l’evasione del canone/imposta da parte delle aziende pubbliche e private (ai cittadini, ma non alle aziende, si chiede il canone anche per il pc). Una violazione che comporta alla Rai medesima un danno di circa un miliardo di euro;
– la violenza verso i cittadini, introducendosi nelle loro case fraudolentemente e adendo contenziosi fiscali anche se il contribuente non e’ in possesso di un televisore.
“Quattro macchie gestionali che non sono state scalfite – ha concluso Donvito – nonostante le numerose interrogazioni parlamentari in materia in cui o non si risponde, o si risponde facendo orecchie da mercante; vari esposti-denuncia alla Corte dei Conti; gli interpelli all’Agenzia delle Entrate; la petizione nostra per l’abolizione del canone.