“Noi in Italia, anche un po’ per effetto dell’Europa, abbiamo sempre adottato questa logica di concorrenza costitutiva e non funzionale. Il grosso fraintendimento che abbiamo troppo spesso avuto in Italia è che la concorrenza di per sé fosse l’obiettivo e non lo strumento. E questo ci ha fatto arrivare ad un avanzamento del settore delle Tlc meno brillante di come poteva accadere”. La pensa così Davide Quaglione, Professore ordinario, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara; GRIF “Fabio Gobbo”, Luiss Guido Carli, che di questo ha parlato recentemente nel corso del convegno “L’impatto della legislazione sulle prospettive delle Telco” organizzato da WindTre e Luiss Business School.
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Key4biz. Professore, l’Italia soffre di un eccesso di concorrenza nel settore delle Tlc?
Davide Quaglione. Il settore delle Tlc e in particolare quello della banda larga soffre dell’assenza di un’alternativa. Ma ciò detto, quando le politiche sono basate su decisioni prese su base ideologica e quando c’è un sistema della pubblica amministrazione che è così farraginoso, la combinazione è fatale. Il vero salto di qualità di un paese avviene quando questo è in grado di assecondare il cambiamento sia sotto il profilo regolatorio sia sotto quello più strettamente normativo. Quindi, qui abbiamo tutta una serie di fraintendimenti di base che se non sciolgono creeranno dei problemi.
Key4biz. Quali problemi per le telco?
Davide Quaglione. Le telco sono state molto preoccupate fino ad ora della incapacità di generare risorse per gli investimenti, e il fatto della redditività così in calo è di per sé oggettivamente preoccupante. Però non è soltanto quello il problema perché ora con il PNRR risorse ce ne saranno.
Key4biz. Ci saranno le risorse, ma bisogna vedere se riusciremo a sfruttarle.
Davide Quaglione. Secondo me qui c’è un cortocircuito di fondo dal quale dobbiamo uscire una volta per tutte, che è il seguente: noi dobbiamo capire se le telecomunicazioni sono una infrastruttura strategica per la crescita e lo sviluppo del Paese oppure se è un sistema che produce una commodity. C’è una differenza enorme fra le due visioni perché le comunicazioni a banda larga sono una commodity a quel punto ha senso generare il massimo livello di concorrenza statica e quindi ha senso iniettare concorrenza anche a livelli molto elevati, la cosiddetta iper competizione. E se questo è il caso, probabilmente allora il regolatore ha fatto bene finora e si può andare avanti così.
Key4biz. Ma secondo lei è il caso?
Davide Quaglione. Secondo me non si può andare avanti così. Qui abbiamo bisogno di rilevanti investimenti nelle Tlc e soprattutto della prospettiva di avere incentivi nazionali che assicurino gli investimenti da parte degli operatori. E se questo è il caso, dobbiamo abbandonare la logica della commodity ed entrare in una logica invece in cui le infrastrutture devono crescere e assecondare le esigenze del mercato.
Key4biz. Bisogna abbandonare il dogma del quarto operatore? Paradossalmente, le voci di un accordo di network sharing fra Iliad e Wind-Tre si fanno sempre più insistenti.
Davide Quaglione. Assolutamente sì. Intanto, bisognerebbe capire qual è il contributo aggiuntivo in termini di benessere complessivo apportato dal quarto operatore rispetto ai problemi dinamici che questo quarto operatore, che questa iper competizione, genera. Dal lato del network sharing, esiste ormai dappertutto, soprattutto per il 5G. E’ accertata la necessità di procedere alla condivisione delle parti passive dell’infrastruttura, perché creare più siti di antenna rappresenta per la collettività un costo secco di duplicazione che non ha alcun senso. Negli Usa, che sono i paladini della concorrenza, già nel 2018 si immaginava che la parte passiva delle infrastrutture mobili fosse addirittura in capo ad un soggetto pubblico. Non ha senso promuovere una concorrenza sui siti, intanto perché non è vero che un sito vale l’altro.
Key4biz. Un operatore wholesale only anche per il mobile sarebbe l’ideale, quindi.
Davide Quaglione. Assolutamente sì. Quanto meno per la parte passiva della rete, per le towers. Ed è per questo che si parla di tower sharing come strumento di riduzione dei costi perché evita la duplicazione dell’infrastruttura e riduce i costi anche quelli energetici e di raffreddamento, nel caso. Anche perché in molte città è difficile identificare i siti aggiuntivi per la collocazione delle antenne. I benefici in questo senso sono stati evidenziati già nel 2018 dalla GSMA. L’accesso all’antenna conferita per la condivisione al soggetto pubblico verrebbe poi retribuito con un affitto agli operatori detentori delle antenne. Si risparmierebbe in termini di investimento, soprattutto nelle aree rurali. Ecco perché immagino che Iliad e WindTre siano partiti da lì, perché le aree rurali sono quelle dove il rischio d’investimento è più significativo.
Key4biz. Per quanto riguarda le gare del PNRR, cosa ne pensa? Gli investimenti previsti per le nuove reti sono ingenti.
Davide Quaglione. Ciascun operatore avrà fatto i suoi ragionamenti su come sviluppare la propria rete 5G e con quali passaggi. E’ chiaro che mi aspetto che in maniera crescente ci sia la generazione di consorzi da parte di operatori, che partecipano alle gare in quanto consorziati. Il network sharing è ritenuto uno strumento per l’abbattimento dei costi. Il 5G lavorando a frequenze più elevate, ha bisogno per la copertura dello stesso territorio di un numero molto maggiore di antenne. E quindi il problema dell’infrastrutturazione è molto più significativo. E’ vero che le small antenna avranno un ruolo molto più pervasivo, quindi le antenne indoor saranno molto più frequenti. Però il problema rimane e nel 5G la spesa per l’investimento è tutta lì. Tra l’altro, attraverso la virtualizzazione, il 5G consente di condividere le antenne e di condividere lo spettro. Quindi ci potrebbero essere processi di convergenza completamente diversi da quelli che ci sono stati finora.
Key4biz. In tutto questo c’è anche lo spegnimento del 3G e in prospettiva del 4G.
Davide Quaglione. C’è da gestire il decommissioning delle reti legacy, del 3G dove esiste e del 4G in prospettiva. E anche lì, perché non immaginare una rete unica che offra il servizio 4G quando sarà diventato ancillare rispetto al 5G? Avere la prospettiva di muoversi in un contesto in cui l’Antitrust, l’Agcom e il Governo non sono ostili rispetto alla prospettiva di lavorare tutti insieme per abbattere certi tipi di barriere è il segnale che gli operatori in questo momento vorrebbero. Continuare ad avere un approccio molto invasivo nel settore non è più il caso. In moltissimi altri paesi, compresi gli Usa, la deregulation è stata ampiamente utilizzata, anche in Germania. Se bisogna favorire la crescita infrastrutturale, bisogna smetterla di pensare che bisogne risparmiare 50 centesimi a individuo. Non è quella la logica che ci porta lontano.