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“Un filtro generalizzato su internet da una parte è restrittivo, come nessun paese occidentale ha mai accettato di fare, dall’altra è inefficace perché è un filtro burocratico a priori”. Questo il parere del presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò, che alle agenzie ha ribadito le forti perplessità sulla regolamentazione prevista dal Decreto Romani in materia di web.
A suo giudizio, la soluzione indicata dallo schema di decreto che recepisce la nuova direttiva europea sull’audiovisivo, che giovedì avrà il parere delle commissioni parlamentari competenti, “è tanto pesante quanto inefficace“. Senza contare che “è fuori dal quadro della direttiva e questo – ha spiegato Calabrò – la rende in contrasto con la normativa europea: come tale può far sorgere questioni con la Commissione europea che indubbiamente farebbe dei rilievi su questo” terreno.
“Il problema di internet esiste – ha ammesso – non è un problema che si è inventato Romani, però non è un caso che nessun paese occidentale abbia adottato
Secondo il presidente dell’Agcom “un intervento ex post nel caso un sito delinqua è necessario e dovuto, ma un filtro ex ante è non solo una cosa puramente burocratica, poiché non sappiamo se il sito delinquerà o no, ma non tiene neanche conto del fatto che i siti internet sono come la testa dell’Idra, ne chiude uno e se ne apre un altro…”.
Il problema è di natura globale e infatti “sono in corso colloqui tra Stati Uniti, Giappone e Unione europea per cercare di trovare delle linee di azione concordate”, conclude il presidente dell’Autorità.
L’opposizione sta portando avanti una contestazione che investe quattro punti del decreto Romani:
1. Produzione di cinema e fiction indipendente: vengono abolite le quote di trasmissione per le tv e quelle di investimento sono basate non più sul fatturato, ma sugli investimenti per
2. Affollamenti pubblicitari: vengono limitati quelli per il satellite e ampliati quelli per Mediaset, con il tetto per gli spot sulle pay tv che passa dal 18 al 12% in tre anni.
3. Il decreto stabilisce che i programmi a pagamento e quelli ripetuti, ovvero i canali +1 o +24, non costituiscono palinsesti e quindi non vanno conteggiati. Si entra così a piedi uniti su un’indagine dell’Agcom sul possibile sforamento da parte di Mediaset del tetto del 20% dei programmi
4. Giro di vite sul web: le trasmissioni che vanno su Internet vengono assimilate alla tv e devono soggiacere agli stessi obblighi. Devono quindi chiedere le autorizzazioni al ministero e seguire gli obblighi di contraddittorio e rettifica.
Per il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Roberto Natale, “Assai pesante, il fardello che viene imposto all’informazione via internet: non è accettabile che i blog vengano assoggettati alle stesse regole alle quali deve giustamente sottostare il giornalismo professionale, né che si debba ricorrere all’autorizzazione ministeriale per ogni tipo di trasmissione di immagini televisive continuate”.