Italia
“Online ci saranno tre fonti di guadagno: la pubblicità, i contenuti ad hoc e le applicazioni per usufruire dei contenuti su qualsiasi piattaforma. Si pagherà per essere ubiqui: fare tutto da qualsiasi luogo. Fra tre anni circa saremo autosufficienti. I giornali resteranno in edicola, magari con edizioni ridotte e locali“. E’ il futuro del giornalismo visto da Jean-Marie Colombani, leggenda nel giornalismo transalpino, direttore di Le Monde dal 1994 al 2007, ora direttore del quotidiano gratuito online Slate.fr, il quale commenta le sue scelte su Sette, il magazine del Corriere della Sera, in edicola da domani.
Forse sì, il futuro del giornalismo si giocherà tutto sul web, in ogni caso restano in Italia le grosse difficoltà dell’editoria.
I finanziamenti e le sovvenzioni per l’editoria verranno confermate per tutto il 2010. Lo ha assicurato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti al presidente della Camera Gianfranco Fini che a sua volta lo ha annunciato in occasione della cerimonia nella quale ha ricevuto il premio di politico dell’anno da parte del quotidiano ‘Il Riformista’.
Conferma dei finanziamenti ma anche promessa di una selezione per escludere testate che non si capisce a quale titolo debbano ricevere sovvenzioni.
Fini ha altresì reso noto di avere chiesto che la discussione della scelta delle testate sia fatta in Parlamento “perché non può certo avvenire nelle segrete stanze”.
“Il ministro Tremonti – ha detto Fini – mi ha assicurato qualche giorno fa che per il 2010 si troverà una soluzione tampone e che non cambierà il finanziamento per l’editoria che tante testate stanno attendendo”.
Aggiungendo che Tremonti “si è rammaricato di non aver potuto inserire l’emendamento bipartisan al decreto ‘milleproroghe'”.
In un’intervista rilasciata proprio a ‘Il Riformista’, il presidente della Camera, ha sottolineato: “Non capisco perché la Presidenza del Consiglio sia in ritardo con il lavoro di disboscamento” del settore dell’editoria. “In alcune occasioni si dice giustamente a Tremonti ‘se ci sei batti un colpo’. Stavolta se lo si dice anche a Bonaiuti forse si bussa alla porta giusta”.
“Sono convinto – ha detto Fini – dell’importanza di alcune testate non per quanto vendono ma in ragione di ciò che rappresentano, per il sale che mettono nella minestra del dibattito nazionale. E’ notorio – ha continuato – che sulla questione chiesi rassicurazioni al ministro Tremonti con una telefonata. Poi ho visto, e me ne rammarico – ha detto ancora il presidente della Camera – che l’emendamento sui contributi all’editoria che era stato messo al Senato è stato cancellato. Ho chiesto di nuovo spiegazioni a Tremonti che mi ha detto quanto segue: ‘Per il 2010, anche se non ripristiniamo il diritto soggettivo, garantiremo quanto i giornali hanno avuto in passato, euro più euro meno”‘. Fini è del parere che “potranno esserci dei tagli, perché la politica del rigore non può valere solo in alcuni settori. Poi Tremonti ha aggiunto, e condivido, che è essenziale fare chiarezza su chi ha diritto a ricevere il finanziamento, perché alcune testate non hanno nulla a che vedere con le ragioni con cui lo Stato finanzia l’editoria”.
Intanto
La cancellazione dei diritti soggettivi al contributo decisa in finanziaria, nonostante gli impegni di legge che ne assicuravano la prosecuzione per due anni (in attesa del passaggio ad un nuovo regime), può essere un colpo mortale per quasi 100 testate, circa 4 mila lavoratori e per il pluralismo. Il rigetto in Senato dell’emendamento al ‘milleproroghe’ che – prosegue la nota – con proposta bipartisan doveva ripristinare i fondi, necessita di un ripensamento immediato alla Camera.
La Fnsi, i Comitati di Redazione delle testate di partito, cooperative, delle minoranze linguistiche, no profit e di idee, si sono ritrovati nella sede della Fnsi insieme ad esponenti di Mediacoop, della Slc-Cgil, del Sinagi e di Articolo 21 e hanno deciso di aprire una grande vertenza nazionale. Tutti gli intervenuti, si legge ancora nella nota della Fnsi, hanno sottolineato che nella vertenza per impedire lo spegnimento di queste voci si gioca una partita decisiva per il pluralismo dell’informazione italiana. Una battaglia di libertà che è insieme richiesta di una radicale riforma dei criteri di erogazione delle risorse pubbliche, di cui fin qui hanno beneficiato anche troppe esperienze editoriali fittizie. Una battaglia che – hanno sostenuto numerosi CdR – deve crescere fino a coinvolgere anche le rappresentanze sindacali delle più diffuse testate nazionali.