Tlc: operatori britannici sul piede di guerra. Emendamento a sorpresa del ‘Digital Economy Bill’ li trasforma in censori di contenuti

di Alessandra Talarico |

Gran Bretagna


Downloading illegale

I provider internet britannici sono sul piede di guerra a causa di alcuni cambiamenti apportati all’ultimo minuto alla legge contro la pirateria su internet: misure considerate “pericolose e irrealizzabili”.

L’emendamento ‘a sorpresa’, incluso nel disegno di legge sull’economia digitale approvato dalla Camera dei Lord la scorsa settimana, darebbe alle emittenti televisive e alle case discografiche il diritto di chiedere ai service provider di bloccare l’accesso ai siti che ospitano contenuti piratati.

 

Gli ISP stanno cercando di mobilitare l’intero settore affinché venga stralciato l’emendamento contestato, in base al quale le società che offrono servizi internet potranno rifiutarsi di soddisfare le richieste di oscuramento solo facendo valere il loro rifiuto in tribunale, a un costo, quindi, molto elevato.

 

Secondo BT, gli operatori non potranno far altro che acconsentire alle richieste di blocco, inaugurando un’era di censura senza le appropriate tutele.

“Gli ISP – ha spiegato Simon Milner di BT – sarebbero obbligati a bloccare un sito soltanto perché il titolare dei diritti di un determinato contenuto sostiene che su quel sito sia ospitato materiale in violazione del diritto d’autore, piuttosto che dietro ordine di un giudice”.

 

“Temiamo – ha aggiunto – che questa decisione possa permettere l’ingresso della censura dalla porta di servizio”, ha aggiunto Andrew Heaney di TalkTalk, secondo maggiore fornitore britannico di servizi internet, mentre per Virgin Media, “…così come sono state concepite, le proposte del governo finiranno solo per aumentare i costi e penalizzare gli Isp”.

 

Oltre a inserire nuovi oneri per gli Isp, l’emendamento pone incertezza su tutti i siti, anche sui popolari Facebook e YouTube.

 

“Questo emendamento – ha affermato Lilian Edwards, docente di diritto internet alla Sheffield University – non darà altra scelta ai fornitori di servizi, i quali accetteranno di bloccare i siti piuttosto che affrontare ingenti spese legali per impedirlo. La decisione sarebbe presa a porte chiuse, semplicemente facendo pressione sull’Isp”.

 

La legge insomma, potrebbe dar luogo ad abusi, con i competitor che comincerebbero a farsi la guerra l’un l’altro a colpi di richieste di oscuramento, e gli Isp tra l’incudine e il martello.

 

Si riaccende, dunque, nel Paese il dibattito sulla controversa legge sulla digital economy, dopo le polemiche scatenate dalla cosiddetta regola dei ‘tre strikes‘, copiata dalla Francia, in base alla quale la linea internet degli utenti che scaricano illegalmente contenuti protetti dalla rete può essere staccata dopo tre avvisi.

 

Per evitare abusi, la Commissione europea ha introdotto nel pacchetto telecom varato lo scorso anno, una misura volta a tutelare gli utenti (e che ha rischiato di far saltare l’approvazione dell’intera riforma, in base alla quale le restrizioni all’accesso internet potranno essere imposte solo se “adeguate, proporzionate e necessarie in una società democratica”: tali misure potranno essere prese solo, insomma, nel “rispetto del principio della presunzione di innocenza e del diritto alla privacy”, e come risultato di una procedura preliminare, “equa ed imparziale” che garantisca “…il diritto ad essere ascoltato e (…) il diritto ad un efficace e tempestivo controllo giurisdizionale”.

 

“Nei casi di urgenza debitamente comprovata”, (ad esempio, per combattere la pornografia infantile o altre attività illecite), recita ancora il testo, “la disconnessione della linea potrà avvenire, ma solo a condizione che le procedure siano in linea con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

 

In futuro, gli utenti internet potranno riferirsi a tali disposizioni nei procedimenti giudiziari relativi alla eventuale decisione di uno Stato membro favorevole al taglio della linea internet.

 

In Gran Bretagna sarebbero circa 7 milioni gli utenti che scaricano file illegalmente dalla rete: secondo i dati diffusi dalla British Phonographic Industry (BPI), la violazione sistematica dei diritti d’autore su internet è costata lo scorso anno all’industria oltre 200 milioni di sterline.

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