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Le case discografiche, grandi e piccole, investono complessivamente circa 5 miliardi di dollari l’anno in talenti musicali, promuovono un enorme catalogo di migliaia di artisti e in genere spendono in media un milione di dollari per lanciare nuovi artisti di successo nei principali mercati mondiali.
Sono i numeri pubblicati nel nuovo Tapporto annunciato da IFPI, la federazione che rappresenta l’industria discografica a livello mondiale. Il documento fornisce nuovi dati e delinea le strategie, le competenze e i servizi messi in atto dalle aziende, major ed indie, per lo sviluppo e la promozione di nuovi artisti. In particolare si evidenzia come le case discografiche siano i principali investitori nelle carriere degli artisti. Anticipi, costi di registrazione, costi di marketing e di promozione, sono le voci di spesa più importanti che un’azienda musicale sostiene e spesso si parla di importi a sei cifre.
Sono più di quattro mila gli artisti con contratti a livello di major e molte altre migliaia collaborano con le etichette indipendenti. Le aziende reinvestono costantemente i propri ricavi in nuovi talenti Si calcola che un artista su quattro appartenente ad una casa discografica abbia firmato il proprio contratto negli ultimi 12 mesi.
Le case discografiche sono oggi i maggiori investitori nel talento musicale: il 30% dei loro fatturati – circa 5 miliardi di dollari in tutto il mondo – viene impiegato in ricerca, sviluppo e promozione di nuovi talenti. Il 16% del fatturato viene investito in un artista e per la ricerca e lo sviluppo artistico (A&R), una percentuale che supera in maniera significativa la ricerca e sviluppo (R & S) messa in atto da aziende appartenenti ad altri settori. Inoltre, le etichette pagano ingenti somme a titolo di royalties agli artisti più noti.
La musica registrata ha un “effetto a catena” in termini economici visto che permette di generare profitto anche attraverso la musica dal vivo, la radio, l’editoria, e l’hardware utilizzato per ascoltare musica ovunque, il tutto per un valore stimato di 160 miliardi di dollari all’anno. Secondo IFPI, sono più di due milioni le persone impiegate a livello mondiale nel vasto universo che costituisce l’economia della musica.
Alison Wenham, presidente di AIM/WIN, l’associazione dei produttori indipendenti internazionali ha commentato: “La via di Internet non è aperta a tutti, non sempre è facile riuscire a far si che la creatività e i giovani talenti si affermino attraverso modelli di business diversi, anche perché richiedono competenze e formazione completamente differenti rispetto alla promozione vecchio stile. Gli artisti in genere preferiscono lasciare la gestione complessa del business a 360°, del quale fanno parte anche i diritti, alle case discografiche.”
Il rapporto raccoglie le informazioni e i dati forniti dalle case discografiche associate ad IFPI e in particolare diverse case history provenienti da tutto il mondo.
Nel rapporto si parla del lavoro svolto sugli artisti e sul loro repertorio attraverso il giusto mix tra la tecnologia di Internet e la tradizionale abilità di sviluppo. Le etichette aiutano i loro artisti a ritagliarsi un proprio spazio anche attraverso i canali digitali. Sono infatti oltre 2,5 milioni i contatti e 1,8 milioni le relazioni registrate solo su MySpace.
Le etichette discografiche puntano sempre più l’attenzione sui ricavi derivanti dai diritti che hanno origine dalle diverse attività professionali dell’artista, quindi concerti, merchandising e branding.
John Kennedy, Presidente e Amministratore delegato di IFPI, ha commentato: “Investire in musica è la missione principale delle case discografiche. Uno dei temi attuali è che nell’era digitale gli artisti non abbiano più bisogno delle etichette discografiche. E’ sbagliato!”.
Kennedy ha quindi spiegato che “…l’investimento, la collaborazione e il sostegno delle nostre aziende nella realizzazione della carriera di un’artista, non è mai stato più importante di quanto lo sia oggi“. (r.n.)