Italia
L’Italia non si è ancora dotata di un piano strategico per lo sviluppo della banda larga e non può attendere oltre. È urgente, dunque, fissare “…una roadmap” che permetta al Paese di passare dalla carta ai contenuti digitali così come si sta passando dalla Tv analogica a quella digitale. E’ questa la richiesta avanzata stamani dal presidente della commissione Trasporti, Poste e TLC della Camera dei deputati, Mario Valducci, nell’incontro in cui sono stati resi noti i risultati dell’Osservatorio “Il futuro della rete”.
Nel nostro Paese, l’adeguamento delle infrastrutture per la banda larga e per le reti di nuova generazione (NGN) si è avviato in ritardo rispetto ai principali Paesi europei e stiamo ora scontando questo ritardo in termini di competitività e di competenze: secondo il documento presentato da Valducci, solo il 53% delle famiglie italiane dispone di un collegamento a internet, contro una media Ue a 27 del 65%, mentre i collegamenti a banda larga si fermano al 39% delle famiglie, contro il 56% della media Ue.
Gli italiani del tutto privi di copertura internet o con problemi di accesso alla rete sono 2,3 milioni e 23 milioni (il 38% della popolazione) quelli esclusi dalla banda ultralarga, che porta la velocità fino a 100 Megabit al secondo.
Il rapporto, ha sottolineato Valducci, conferma che non sono bastati gli interventi pubblici effettuati finora per la banda larga “1,3 miliardi di euro tra il 2004 e il 2009”, né i diversi piani regionali e territoriali anti-digital divide.
Secondo il presidente della Commissione Trasporti, servono dunque nuove azioni da intraprendere al più presto: innanzitutto bisogna mettere a sistema tutte le infrastrutture necessarie per la competitività del sistema Paese e realizzare il catasto delle infrastrutture di rete come strumento di governance.
Essenziale, quindi, l’attivazione di una cabina di regia Stato-Regioni per coordinare gli interventi futuri e individuare regole di sviluppo certe a tutela della concorrenza e degli utenti.
Allo stesso tempo, è necessario intervenire per aumentare il livello di alfabetizzazione informatica dei cittadini: se non c’è domanda di servizi a banda larga non ci può essere condizione per gli investimenti, ed è questa la scusa maggiormente utilizzata dagli operatori per giustificare l’arretratezza delle infrastrutture.
Occorre, dunque, secondo Valducci, “…mettere in campo iniziative innovative di incremento della domanda attraverso progetti di alfabetizzazione informatica e di sensibilizzazione di cittadini e Pmi all’uso dei servizi on-line, anche attraverso l’uso di mediatori telematici”.
Determinante, per passare finalmente dalle parole ai fatti, l’esempio della pubblica amministrazione, ma è anche necessaria una maggiore concertazione tra istituzioni, operatori e società civile per “…discutere e condividere la tempistica dello switch-off dalla carta ai contenuti digitali”.
L’idea della roadmap per il passaggio dalla carta al digitale, analogamente a quanto realizzato con lo switch-off della Tv, è stata apprezzata dal presidente Agcom Corrado Calabrò, secondo cui, però, bisogna aspettare (ancora!) “i prossimi mesi”, perché “…serve un quadro d’insieme, una iniziativa coordinata”.
Anche Franco Bassanini, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, ha ribadito l’interesse della CdP nello sviluppo della banda larga, ma solo in presenza di un piano finanziario che dia certezze sulla redditività a medio o a lungo termine: “…la Cdp può investire su un progetto per il paese, ma non può invece dare una sorta di sostegno finanziario ad un solo operatore, quindi deve trattarsi di un progetto comune”. Gli investimenti, insomma, la Cassa li farà solo se potranno portare vantaggi a tutti e non a un singolo operatore.
Bassanini chiede dunque un’intesa tra gli operatori prima di tutti perché con un’infrastruttura comune è più “facile concepire piani finanziari sostenibili”. In presenza di più reti NGN in concorrenza fra loro, invece, la redditività non sarebbe “certa né adeguata”.