“Imaginarea” è la finestra quotidiana di Inarea, la società di design, leader nel campo del branding, che ci accompagnerà quotidianamente con immagini e storie, scandendo ricorrenze, curiosità ed eventi legati a quella particolare data..
La prima idea della “Sagrada Familia” si perde un po’ lontano: era il 1882 e, a disegnarla, era stato chiamato un architetto che aveva presentato un progetto in perfetto stile neogotico. Non basterà e, neanche un anno dopo, il testimone passerà ad Antoni Gaudí.
Eminenti voci della storia dell’arte, ci dicono che l’architettura gotica sia una sorta di similitudine del discorso logico: tutte le parti devono tendere alla chiarezza finale, ma allo stesso tempo devono essere riconoscibili. Questo è il motivo per cui, in una cattedrale, noteremo sempre le nervature sui pilastri. In Gaudì questo aspetto non è così scontato: da qualunque punto la si osservi, la “Sagrada Familia” ci appare sempre un po’ spumosa; persino le sue torri sembrano risucchiate dal fondo. Eppure, qualcosa di quella corrispondenza biunivoca la ritroviamo anche in questo puzzle catalano. Chiunque sia entrato al suo interno, ha due compagni di viaggio, che sono le luci e i colori. E questo non è nient’altro che l’effetto del modo in cui i volumi si appoggiano l’uno sull’altro, mantenendo così la coerenza logica del gotico.
Abbiamo provato a ricostruire l’idea di una struttura che si tramuta in colore, attraverso la relazione tra la mina e la sua matita. Ma è solo un prototipo: per vedere l’effetto finale, dovremmo attendere l’inaugurazione della chiesa nel 2026 (dopo appunto la consacrazione del 2010). E, quando andrete a Barcellona, ricordate che il pagamento del biglietto d’ingresso serve ancora a finanziare questa sospirata inaugurazione.